22 Dicembre 2024

L’Unione europea cerca la ‘via africana’ all’idrogeno verde

Con l’Hydrogen Strategy, nel 2020, l’Ue ha avviato numerosi progetti per la creazione di un’economia basata sull’idrogeno. Malgrado le premesse, è apparso subito evidente che l’Ue non potesse raggiungere l’autosufficienza nella produzione di idrogeno sostenibile.

Con REPowerEU si è quindi previsto l’importazione di 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile, ma il rischio di riprodurre le problematiche legate alle interdipendenze del settore oil&gas è dietro l’angolo.

Infatti, Grecia, Germania, Italia e Portogallo hanno firmato a vario titolo accordi con Arabia Saudita, Algeria e Marocco. Alcuni di questi paesi hanno (avuto) relazioni complicate con uno o più Stati membri e spesso hanno usato il loro potere di mercato per esercitare influenza sulle decisioni europee.

È importante che l’Ue prenda in considerazione questi potenziali rischi e diversifichi le forniture. Ciò permetterebbe di ridurre potenzialmente questi problemi.

Africa Meridionale e Orientale: promettente fonte di idrogeno verde

Secondo l’IEA, l’Africa dovrebbe raggiungere prezzi competitivi nella produzione di idrogeno verde entro il 2030, grazie alle sue abbondanti risorse idriche ed energetiche sostenibili. Con investimenti adeguati ed economie di scala nelle rinnovabili, l’Africa ha il potenziale per produrre l’equivalente della domanda prevista di idrogeno, a un costo inferiore a 2 dollari al chilogrammo.

L’Unione europea ha l’opportunità di sostenere queste economie di scala in Africa Orientale e Meridionale utilizzando i suoi piani di cooperazione allo sviluppo e promuovendo con il suo supporto un aumento degli investimenti diretti esteri. In cambio l’Ue avrebbe accesso all’idrogeno verde per la transizione e attenuerebbe il rischio di compromettere la propria sicurezza energetica a causa di interdipendenze problematiche.

Di fatto, i Paesi dell’Africa Meridionale e Orientale sono tra i paesi africani che più rispettano i valori democratici e sono in costante miglioramento. Inoltre non essere nel novero degli attuali fornitori di energia può ridurre il rischio di ricatto.

A riprova del potenziale, la Namibia ha annunciato la creazione di hub per elettrolizzatori, fondamentali per la produzione di idrogeno verde e ha lanciato l’African Green Hydrogen Alliance con Mauritania, Sudafrica, Egitto, Marocco e Kenya. Il Kenya ha anche avviato una cooperazione con la Banca Europea d’Investimento. In aggiunta, altri paesi come lo Zambia presentano il giusto mix di risorse per investire nell’economia dell’idrogeno.

Nonostante le ottime prospettive, i costi non possono essere sostenuti solo con risorse nazionali africane. Ad esempio, per il progetto Hyphen Hydrogen Energy si prevede una spesa di 9,4 miliardi di dollari, a fronte di un pil di circa 11 miliardi di dollari. L’Ue potrebbe quindi diventare un partner stabile assicurando i fondi e una domanda costante.

Strumenti per l’azione esterna europea

In linea di principio, tutti i programmi di aiuto europei possono essere usati per l’idrogeno. Attraverso Horizon 2020, la Commissione Europea ha cofinanziato il Partenariato Europa-Africa a Lungo Termine sulle Energie Rinnovabili (LEAP-RE), un’iniziativa che mira a creare capacità di ricerca e innovazione nel settore delle energie rinnovabili tra l’Ue e l’Africa, utilizzabile anche per l’idrogeno. Global Gateway può sostenere progetti di idrogeno rinnovabile nei Paesi partner, come il Fondo Europeo per lo Sviluppo Sostenibile può svolgere un ruolo significativo attraverso NDICI. Questo è uno strumento fondamentale per canalizzare i fondi BEI, la quale ha creato un Fondo per l’Idrogeno Verde nel 2022.

La Comunicazione della Commissione sulla Hydrogen Bank ha confermato l’interesse dell’Unione in Africa Meridionale e Orientale. Tuttavia, l’Ue dovrebbe potenziare i propri strumenti: ad esempio, lo strumento NDICI va modificato per permettere di pagare il green premium dellidrogeno africano. La Commissione dovrebbe inoltre promuovere più intensamente il Fondo Verde per l’Idrogeno della BEI e dovrebbe farsi promotrice di un dei protocolli d’intesa e accordi sull’idrogeno verde con il supporto del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale. LEAP-RE dovrebbe essere accoppiato agli IPCEI sull’idrogeno per testare le tecnologie in Africa, ottimizzando l’utilizzo dei fondi per la ricerca e potenzialmente prevedendo l’esportazione delle tecnologie europee nell’area. Infine, l’Unione dovrebbe prevedere misure aggiuntive per ridurre gli elevati costi associati ai rischi politici, economici e geopolitici.

Una collaborazione tra Unione Europea e Africa Orientale e Meridionale sull’idrogeno verde è quindi realizzabile con una modifica dei programmi di cooperazione allo sviluppo, anche se la strada si mostra tortuosa.

L’aumento di fondi per questo tipo di progetti (rispetto ad un investimento in Europa) rischia di essere fortemente avversato, anche da quei paesi che autonomamente stanno sviluppando partnership sull’idrogeno. Gli Stati membri sono infatti notoriamente gelosi della loro autonomia in politica estera.

Malgrado ciò, questa collaborazione permetterebbe di mantenere una leadership tecnologica europea in materia di elettrolizzatori, fondamentali per la produzione di idrogeno verde, e quindi rendere l’Europa indipendente e competitiva rispetto a potenze globali e regionali emergenti come Giappone, Australia, Cile o Arabia Saudita.

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