Il 14 maggio, quasi 62 milioni di cittadini turchi eleggeranno 600 parlamentari, il presidente e potenzialmente anche diversi vicepresidenti. Tra i quattro candidati i due più importanti sono Recep Tayyip Erdoğan, che governa il paese da due decenni, e Kemal Kılıçdaroğlu, che è il candidato della principale alleanza di opposizione, la cosiddetta “Alleanza della Nazione”. Ma mentre la rielezione di Erdoğan potrebbe allontanare il paese dall’Ue, Kılıçdaroğlu potrebbe rimettere la Turchia sulla strada della democratizzazione.
Il vantaggio dell’opposizione – e i suoi limiti
Kılıçdaroğlu è il leader del più grande partito di opposizione, il Partito Popolare Repubblicano (Cumhuriyet Halk Partisi). Anche se il suo score elettorale contro Erdoğan non è positivo, questa volta l’esito potrebbe essere diverso a causa di diversi fattori.
Il primo fattore è la crisi economica. Il deprezzamento della lira turca e l’impennata dell’inflazione hanno causato un notevole malcontento. Negli ultimi 18 mesi l’inflazione è passata dal 20 per cento a oltre l’80 per cento, sebbene il tasso effettivo sia stimato a oltre il 100 per cento.
Un secondo aspetto riguarda le strategie di coalizione. Il blocco dell’opposizione comprende i partiti turchi, curdi, conservatori, laici, di sinistra e di destra, la più grande coalizione nella storia turca con orientamenti sociopolitici così diversi. La loro posizione unificata sfida il discorso di polarizzazione incentrato sull’identità di Erdoğan, proponendo un’opzione più inclusiva agli elettori.
Inoltre, anche la cattiva gestione della risposta del governo ai catastrofici terremoti nel sud-est della Turchia gioca contro il presidente in carica. La rabbia popolare è montata contro il governo per non aver fatto rispettare i regolamenti di costruzione correttamente e aver speso male le cosiddette “tasse di terremoto”. Soprattutto, la popolazione della regione è tradizionalmente conservatrice. La cattiva gestione della crisi può ora spostare la loro lealtà verso altri lidi.
Infine, anche il nuovo gruppo di elettori della generazione Z può modificare l’equilibrio a favore dell’opposizione. Il 14 maggio circa 6 milioni di giovani (il 7 per cento dell’elettorato) voteranno per la prima volta. La maggior parte di loro sono insoddisfatti delle loro vite e delle politiche restrittive di Erdogan.
In questo contesto, secondo gli ultimi sondaggi, Kılıçdaroğlu è in testa con circa il 42,6 per cento, mentre l’Alleanza Popolare di Erdoğan è al 41,1 per cento.
Tuttavia, sconfiggere Erdoğan non sarà un’impresa facile. Il presidente in carica e il suo partito di governo, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi – AKP), controllano le istituzioni politiche della Turchia, compresi i giudici e i media. Come accaduto nelle elezioni municipali del 2019 a Istanbul, il governo Erdoğan potrebbe strumentalizzare gli organi statali per chiedere un riconteggio e/o ripetere le elezioni. Anche se Erdoğan alla fine non ha avuto successo nel ribaltare le elezioni del 2019, una situazione simile potrebbe essere vissuta grazie a questa disparità di condizioni. Inoltre, una nuova “legge sulla disinformazione” introdotta nell’ottobre 2022 ha rafforzato il controllo sui social media e ha fornito un vantaggio sleale al governo in carica per quanto riguarda il controllo sulle informazioni.
Quattro possibili scenari – e le loro implicazioni per le relazioni Ue-Turchia
Il processo di adesione della Turchia all’Unione europea è attualmente in fase di stallo. Tuttavia, ciò potrebbe cambiare a seconda dei risultati elettorali.
Infatti, se l’opposizione dovesse vincere le elezioni parlamentari e presidenziali, il ripristino della democrazia e delle libertà fondamentali sarebbe la priorità. Questo scenario aprirebbe uno spazio di dialogo che è stato a lungo bloccato. Tuttavia, alcune questioni rimangono controverse: tra queste, l’accordo Ue-Turchia sull’immigrazione. A differenza di Erdoğan, il leader dell’opposizione non è soddisfatto del sostegno dell’UE basato solo sugli aiuti finanziari, ma chiede un’equa condivisione degli oneri. Così, se l’opposizione dovesse riuscire a vincere, una rinegoziazione dell’accordo sull’immigrazione potrebbe essere una delle opzioni sul tavolo.
Nello scenario opposto – cioè, se Erdoğan dovesse vincere sia le elezioni parlamentari che presidenziali – si consoliderebbe il suo stile autoritario di governo, frenando ulteriormente la libertà di stampa, i diritti umani, la separazione dei poteri – e lo stato della democrazia in Turchia in generale. Il disaccordo con l’Ue e la retorica antioccidentale dominerebbero ancora la politica estera della Turchia. In caso di rielezione, in sostanza, i rapporti continuerebbero ad essere turbolenti.
Un’altra possibilità è che l’opposizione vinca il parlamento, ma Erdoğan rimanga presidente. Gli scontri istituzionali tra la Presidenza e il Parlamento potrebbero sfociare in una paralisi politica e forse anche in disordini di piazza. Per quanto riguarda la politica estera, le percezioni esterne negative resterebbero probabilmente invariate. Ciononostante, l’Unione europea dovrebbe essere pronta ad accogliere con favore qualsiasi sforzo di democratizzazione nel paese, in quanto non farlo sarebbe percepito come una punizione ingiusta nei confronti dei cittadini che hanno votato per la democrazia.
Infine, nello scenario in cui Erdoğan perda la presidenza ma mantenga la maggioranza parlamentare, Kılıçdaroğlu potrebbe ancora essere in grado di introdurre riforme istituzionali ed economiche grazie all’enorme potere concesso al presidente. Anche in questo scenario potrebbe sorgere un conflitto costante tra il Parlamento e la Presidenza, che potrebbe rallentare il processo decisionale. Questo, a sua volta, indebolirebbe le relazioni con l’Ue.
In sostanza, in tutti gli scenari in cui l’opposizione è in grado di ottenere una qualche vittoria, sia in parlamento che alla Presidenza, l‘Ue dovrebbe adottare una posizione più costruttiva nei confronti della Turchia. Un cambiamento nel panorama politico può mettere l’Unione europea a dura prova, ad esempio, per quanto riguarda di liberalizzazione dei visti, che è sempre stata più una questione di identità che tecnica. Tuttavia, potrebbe essere difficile per Bruxelles mantenere le promesse e compiere passi costruttivi in questa direzione. Se però Kılıçdaroğlu dovesse vincere contro Erdoğan, il nuovo panorama politico potrebbe favorire un’atmosfera più positiva nel rapporto con la controparte.
La Turchia al bivio
L’Ue deve essere preparata alle sfide future. Finora, il timore del ricatto di Erdoğan legato al rilascio dei flussi migratori dei rifugiati siriani nell’Ue ha impedito a Bruxelles di esercitare pressioni su di lui. Tuttavia, chiudendo un occhio sulle sue pratiche autoritarie, l’Ue ha compromesso il futuro democratico del paese. Questo approccio miope, a sua volta, ha portato le relazioni esistenti a un punto più fragile di quanto non fossero già.
Per concludere, i settori su cui la Turchia e l’Ue dovranno lavorare insieme non dipenderanno dai risultati delle elezioni. Bruxelles dovrà prima o poi impegnarsi con Ankara per la sicurezza delle frontiere europee; tuttavia, l’Ue dovrebbe promuovere i valori democratici a prescindere, anche nei confronti diretti con un rieletto Erdoğan: dal momento che è già diventato evidente quanto la cooperazione basata esclusivamente su interessi transazionali possa trasformarsi rapidamente in uno scontro.
Questo articolo è un estratto dal commentary IAI “Turkey Goes to the Polls: What Lies Ahead for Its Relations with the EU?“
Foto di copertina EPA/SEDAT SUNA