Il programma del velivolo di sesta generazione Tempest, è stato lanciato dal Regno Unito nel luglio 2018. Un anno dopo vi aveva aderito la Svezia e, dopo un attento esame delle eventuali alternative, anche l’Italia. L’8 dicembre di quest’anno, dopo alcuni mesi di trattative, è salito a bordo anche il Giappone.
La nuova denominazione del programma, Global Combat Air Programme (GCAP) rende bene il cambio di passo. La stessa decisione italiana di comunicarlo da parte della presidenza del Consiglio dei ministri (per la prima volta nella storia della Repubblica) manifesta la consapevolezza che, proprio per la sua rilevanza, la scelta coinvolge l’intero governo e soprattutto il sistema paese.
Le novità del Tempest
Questa decisione è destinata ad avere importanti conseguenze sul programma, sul mercato, sulla competizione europea, sul rapporto Stati Uniti – Giappone, sul quadro indo – pacifico. Siamo, quindi, di fronte a un cambiamento radicale dello scenario di riferimento.
Il programma viene notevolmente rafforzato sul piano tecnologico e industriale, ma anche finanziario. Un salto generazionale come quello perseguito col Tempest è destinato ad assorbire ingenti risorse per molti anni. Il Giappone ne aumenta la sostenibilità economica e, di conseguenza, l’affidabilità. Il precedente salto con l’F35 era stato sostenuto e garantito dagli Stati Uniti (con un limitato contributo di altri Paesi, fra cui proprio Regno Unito, Italia e Giappone). Quello ancora prima, con l’Eurofighter, aveva richiesto l’impegno di Regno Unito, Germania, Italia e Spagna.
La dinamica dei salti generazionali nei grandi sistemi d’arma, che comportano innovazioni sempre più spinte, fa salire i costi a livelli mai conosciuti. Torna così di attualità la surreale premonizione di Norman Augustine, un dirigente industriale americano del settore aerospaziale, che, nel 1984, aveva ipotizzato che continuando sulla strada degli aumenti nel 2054 l’intero budget della difesa avrebbe consentito di acquistare un solo velivolo.
Questo velivolo avrebbe dovuto essere condiviso dall’Aeronautica e dalla Marina tre giorni e mezzo ciascuno alla settimana, ad eccezione dell’anno bisestile, quando sarebbe stato messo a disposizione dei Marines per il giorno in più. Ovviamente si trattava di un’iperbole, ma di sicuro il costo di ogni nuovo programma desta non poche preoccupazioni. Anche perché il possibile rientro attraverso le esportazioni sarà sempre più limitato dall’arrivo di nuovi produttori e dal fatto che solo prevedendo fin dall’inizio versioni ‘degradate’ sarà possibile coniugare la vendita sui mercati esteri col mantenimento della propria superiorità tecnologica.
Il potenziale mercato per i velivoli di sesta generazione sarà, quindi, necessariamente ridotto e non si vede, per ora, come potranno allargarlo i tre Paesi europei, Francia, Germania e Spagna, che si stanno impegnando nel programma concorrente FCAS. Per la prima volta sui principali mercati asiatici, medio-orientali e sud-americani, si presenterà un velivolo con una forte partecipazione giapponese che risulterà più ‘globale’ e meno ‘europeo’ di quelli precedenti. Difficile prevederne le conseguenze sulla sua appetibilità visto che è la prima volta (anche per il Giappone esportatore di sistemi d’arma), ma di sicuro niente sarà più come prima.
Il Giappone e gli equilibri nell’Indo-Pacifico
È anche la prima volta che il Giappone, dopo aver prodotto su licenza americana molti suoi equipaggiamenti, averne sviluppati altri col supporto americano e dopo aver partecipato, come Regno Unito ed Italia, allo sviluppo del velivolo F 35 americano, partecipa ad un programma di sviluppo militare senza gli Stati Uniti. Di fatto sta così dimostrando di volersi e potersi affrancare dall’esclusivo rapporto con il grande alleato. Anche in questo caso è difficile prevedere se questo resterà un caso isolato o se, come alcuni osservatori ritengono, aprirà un nuovo corso. Da questo dipenderanno per altro le implicazioni politiche e strategiche sul rapporto americano-giapponese.
In ogni caso, altre conseguenze riguarderanno la postura del paese asiatico nell’area indo-pacifica e, quindi, soprattutto rispetto alla Cina. La partecipazione ad un programma militare avanzatissimo e la futura entrata in servizio di un velivolo di sesta generazione, complicheranno sicuramente i rapporti con la Cina, introducendo una nuova e forse imprevista variabile nella sua strategia espansionistica. Il Giappone potrebbe, infatti, intervenire efficacemente e tempestivamente per frustrare eventuali azioni militari cinese verso Taiwan o altri Stati della regione, senza dover aspettare un’eventuale risposta americana.
Ma anche l’Europa, e in parte l’Unione Europea, verranno così coinvolte nel grande gioco globale che si svolgerà con crescente forza ed intensità in quell’area che oggi ci sembra lontana, ma che comincia ad essere, invece, vicina.