Il 16 dicembre l’Italia ricorda lo storico ingresso nello spazio celebrando il 58° anniversario del lancio del satellite San Marco-1 nel 1964, a bordo di un razzo Scout dalla costa orientale degli Stati Uniti.
L’anniversario viene celebrato – dallo scorso anno – con la Giornata Nazionale dello Spazio, festeggiata dallo Iai venerdì 16 dicembre con il Politecnico di Torino nell’evento “Luna e Italia. Torino e il futuro dell’esplorazione spaziale“ in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana, il supporto di Thales Alenia Space e nell’ambito della partnership con Compagnia di San Paolo.
La base Broglio e la ricerca spaziale
L’anniversario ha particolare rilevanza poiché l’Italia fu il primo Stato a raggiungere l’orbita con un bene di produzione nazionale dopo l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Un risultato eccezionale per l’epoca, considerando ad esempio che nel 1962 Regno Unito e Canada procurano solamente il lancio di satelliti senza aver contribuito alla manifattura dell’assetto orbitale. Il San Marco 1 portava a bordo un carico utile scientifico per la misurazione dell’atmosfera ed è stato seguito da altri quattro satelliti lanciati dal 1967 al 1988, consolidando l’approccio italiano allo spazio.
Figura centrale di questa via italiana allo spazio fu Luigi Broglio, ufficiale dell’Aeronautica Militare e professore all’Università La Sapienza, a cui oggi è intitolato il centro spaziale di Malindi, in Kenya. Broglio riuscì a dare priorità allo spazio a livello politico e a incanalare gli sforzi della Scuola di Ingegneria Aerospaziale della Sapienza per la produzione di satelliti.
Il centro di Malindi è diventato la prima piattaforma marittima operativa per il lancio di satelliti nel mondo ed è stato affiancato da altre stazioni, due piattaforme petrolifere dismesse fornite da Eni riadattate per supportare lanci orbitali e funzioni di controllo e logistica. Il progetto creò le condizioni per mettere in comune gli sforzi nazionali, identificando un ecosistema embrionale composto da stakeholder militari e civili, enti di ricerca e attori industriali.
Artemis missione Luna
San Marco fu un progetto di successo anche grazie a un Memorandum firmato con gli Stati Uniti nel 1962, quando Roma e Washington strinsero una cooperazione nel campo spaziale che ancora oggi caratterizza la relazione transatlantica ora proiettata al ritorno sulla Luna. Con il lancio della missione Artemis 1 nel novembre scorso, l’idea di fare di nuovo tappa sul nostro satellite entro i prossimi cinque anni – dopo l’ultima missione umana del 1972 – è tesa a stabilire una presenza fissa nei mari lunari ed in orbita in vista di una più ampia esplorazione dello spazio e di Marte. A differenza del secolo scorso però, la corsa alla Luna è apertissima.
Sono molti gli Stati ad averla nel mirino di missioni più o meno strutturate, prettamente nazionali o basate su una cooperazione multilaterale. L’Italia vanta di essere stata a bordo di Artemis 1 e tra i primissimi firmatari degli Artemis Accords, proposti dalla Nasa per condividere l’esplorazione lunare sulla base di principi fondati sul Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967. Gli Accordi Artemis registrano ad oggi 23 firmatari, tra cui anche Rwanda e Nigeria, Arabia Saudita e Singapore, Brasile e Ucraina.
Cina e Russia alleati deboli nello spazio
A mancare all’appello sono Cina e Russia, impegnate in un progetto per una International Lunar Research Station. Nei fatti, il progetto non ha particolari ambizioni temporali come Artemis ed è poco internazionale, con Mosca ormai junior partner di Pechino, che a sua volta teme che la posizione della Russia sia da ostacolo dal punto di vista diplomatico e pratico ad allargare la cooperazione ad altri Stati.
Secondo alcuni analisti, la cooperazione spaziale dimostrerebbe quanto Cina e Russia non siano partner naturali e l’attuale coordinamento per una stazione di ricerca avrebbe ancora da faticare prima di trasformarsi in una vera cooperazione con un obiettivo comune. Gli obiettivi sono decisamente ambiziosi e il ruolo dell’industria spaziale russa è forse troppo ampio, con quattro missioni lunari e lo sviluppo di lanciatori pesanti, sforzi considerevoli per qualsiasi grande potenza che mal si sposano con gli effetti delle sanzioni sul budget spaziale russo e sull’approvvigionamento tecnologico. Vero traino della coppia è la componente cinese, che negli anni ha preparato la strada con le missioni lunari Chang’e, aperte alla cooperazione di altri partner anche europei, nell’ottica di proseguire verso l’esplorazione del Pianeta Rosso e del Sistema Solare.
Investimenti nel resto del mondo
Sono almeno altri sei gli attori che ambiscono ad uno storico allunaggio. L’India è alle prese con le ambizioni di grande potenza spaziale a tutto tondo e la preparazione della missione Chandrayaan-3 prevista per l’anno prossimo, secondo tentativo dopo il mancato allunaggio nel 2019. La Corea del Sud si è prefissata l’obiettivo entro il 2032, preparandosi con la missione Danuri lanciata quest’estate e che resterà per un anno a 100 kilometri dalla superficie lunare per mapparne le risorse.
Gli Emirati Arabi Uniti sono parte degli Artemis Accords, pronti ad assumere un ruolo più determinante nel progetto del Lunar Gateway, anche a sostituzione delle capacità russe. Intanto, gli Emirati lanciano il rover lunare Rashid a bordo di Hakuto-R, una missione completamente commerciale guidata da un’azienda privata di base in Giappone, in questi giorni in viaggio verso la Luna. Anche Israele ha una missione commerciale in programma per il 2024, Beresheet-2, nuova iniziativa dopo il primo tentativo del 2019 fallito a pochi metri da un allunaggio di successo. La Turchia ha fatto il suo ingresso nel campo spaziale con l’istituzione di una agenzia dedicata nel 2018 ed una serie di accordi e progetti per una missione lunare entro il 2030.
In questo contesto lunare, è evidente come non si è mai troppo piccoli per avere grandi ambizioni spaziali. Durante la recente riunione ministeriale dell’Agenzia Spaziale Europea, l’Italia ha sottoscritto la cifra record di tre miliardi di contributi, con un primato sugli investimenti per il ritorno sulla Luna, guardando a Marte e partendo da Torino. La seconda Giornata Nazionale dello Spazio deve dunque ricordare quanto sia cruciale fare dello spazio una priorità politica ed essenziale muoversi attraverso una diplomazia spaziale articolata in modo da farsi motore degli interessi nazionali e delle capacità del Sistema-Paese.
Foto di copertina EPA/DIMITRIS TOSIDIS