22 Dicembre 2024

Cosa prevede il piano per l’autonomia energetica europea

La pandemia e la conseguente contrazione della crescita economica, l’impennata dei prezzi dell’energia e la guerra in Ucraina hanno profondamente alterato le relazioni internazionali e rivoluzionato la geopolitica dell’energia.

Gli shock di una crisi multidimensionale

Muovendo un paragone ampio tra influenza spagnola e Covid-19, tra la crisi del 1929 e la contrazione della crescita del 2020, tra la Seconda Guerra Mondiale e il conflitto in Ucraina, vediamo che, in poco più di due anni, abbiamo vissuto crisi che nel secolo scorso si sono sviluppate nell’arco di  tre decenni.

Per 60 anni – con l’eccezione della crisi del gas del 2009 – malgrado la Guerra fredda, il crollo del muro di Berlino, il collasso dell’Unione Sovietica e gli allargamenti dell’Unione europea, il flusso delle forniture energetiche dalla Russia verso l’Europa è sempre stato garantito.

Tale garanzia non esiste più e, nelle ultime settimane, la Russia ha interrotto il flusso di gas verso Polonia, Bulgaria, Finlandia e recentemente ai Paesi Bassi, che non hanno pagato le forniture in rubli, come chiesto dal Cremlino. A questo proposito è da sottolineare che la valuta di pagamento delle forniture è stabilita nei contratti di acquisto e non può essere modificata unilateralmente.

L’Unione europea nel 2021 ha ricevuto il 27% del petrolio e il 45% dell’import di gas dalla Russia. Con l’invasione dell’Ucraina, l’Ue ha reagito su due fronti: da un lato, ha applicato una serie di sanzioni e dall’altro ha proposto il piano REPowerEU per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia.

Il regime delle sanzioni alla Russia

Un regime sanzionatorio era già stato introdotto nel 2014 dopo l’invasione della Crimea, ma da febbraio di quest’anno sono state imposte sanzioni aggiuntive e nel quinto pacchetto di aprile è stato vietato l’import, insieme ad altri beni, di carbone russo.

Un’estensione delle sanzioni al petrolio è stata decisa al Consiglio europeo del 30 maggio. Le sanzioni si applicano all’import via marittima e non includono il greggio trasportato dall’oleodotto Druzbha che rappresenta pero’ meno di un terzo dell’import russo. Su scala globale, il petrolio viene commercializzato in primis con petroliere e circa l’80% del greggio importato dall’Ue arriva tramite trasporto marittimo. Quindi interrompendo l’acquisto di petrolio russo per via marittima, potremmo garantire approvvigionamenti tramite petroliere provenienti da altri fornitori.

Una flessibilità questa che non può, però, esistere per gli Stati privi di un accesso al mare, Stati che dipendono, perciò, dal greggio russo trasportato tramite l’oleodotto Druzhba e che hanno quindi bloccato le sanzioni sul petrolio. Tali Paesi, capitanati dall’Ungheria, sono riusciti a ottenere come soluzione di compromesso che l’import di petrolio tramite l’oleodotto Druzhba venga escluso dalle sanzioni.  Le sanzioni colpirannno, quindi, le importazioni russe via mare che rappresentano circa i due terzi dell’export russo verso l’Unione europea.

È, però, da sottolineare che gli operatori commerciali stanno già “auto-sanzionando” gli acquisti di petrolio russo per evitare danni di reputazione, problemi logistici e rischi commerciali, non volendo dipendere da un fornitore inaffidabile. Uno “svezzamento” dal greggio russo sta già avvenendo, riducendo le entrate petrolifere che costituiscono la parte preponderante dei finanziamenti alla macchina da guerra del Cremlino.

In merito a eventuali sanzioni sul gas si deve comunque ricordare che il trasporto del gas è diverso da quello del greggio, dal momento che i tre quarti del gas importato nell’Unione europea arriva tramite gasdotti, mentre l’import via mare con gasiere copre solo un quarto delle nostre importazioni. Pensare di eliminare immediatamente i 155 miliardi di metri cubi di gas, importati nel 2021 dalla Russia tramite gasdotti, e rimpiazzarli con gas liquefatto importato con gasiere è al momento impossibile.

Da parte sua, la Commissione europea ha proposto il piano REPowerEU, adottato il 18 maggio 2022: un pacchetto di iniziative mirato a ridurre sostanzialmente l’import di gas russo per la fine dell’anno e ad azzerarlo prima del 2030. 

Le ambizioni di autonomia europea in REPowerEU

REPowerEU include iniziative per ridurre la dipendenza energetica dell’Unione europea dalla Russia, promuovendo al tempo stesso la transizione energetica e la decarbonizzazione delle economie europee.

Il piano si fonda su quattro pilastri: promozione delle fonti rinnovabili, risparmio energetico, sostituzione dell’import russo con altri fornitori e la mobilizzazione di 300 miliardi di euro in finanziamenti.

Per il contributo delle rinnovabili al mix energetico europeo, si vuole passare dal 40%, proposto nel pacchetto Fit for 55, al 45% entro il 2030. Le iniziative proposte includono una strategia per il solare, per l’installazione di pannelli su nuove costruzioni e per il raddoppio nell’installazione di pompe di calore negli edifici. Una specifica ‘raccomandazione’ suggerisce di identificare delle aree go-to senza vincoli, in cui procedure semplificate consentano di accorciare i tempi di realizzazione degli impianti rinnovabili. A questo proposito si può ricordare che Elettricità Futura ha indicato che nei prossimi tre anni si potrebbero installare in Italia 60 GW di rinnovabili che ci permetterebbero di ridurre di 18 miliardi di metri cubi l’import di gas, un ammontare corrispondente a due terzi dell’import dalla Russia.

REPowerEU ribadisce che l’efficienza energetica è il metodo più veloce e a più buon mercato per ridurre i consumi, le bollette per i consumatori e la dipendenza verso fornitori esterni. Viene quindi proposto di aumentare dal 9 al 13% l’obiettivo di risparmio energetico all’orizzonte 2030.

Al fine di diversificare le forniture energetiche riducendo la dipendenza dalla Russia il piano propone un massiccio aumento di forniture di gas naturale liquefatto e una massimizzazione delle importazioni via gasdotti da altri fornitori come Norvegia, Paesi del nord Africa e mar Caspio. Si suggerisce anche la creazione di un meccanismo di acquisti collettivi di gas a cui gli Stati membri possano aderire su base volontaria. Viene fissato un obiettivo di produzione annuale di 35 miliardi di metri cubi di biometano per il 2030, che corrisponderebbe a quasi un quarto dell’attuale import di gas russo.

I finanziamenti per REPowerEU proverranno in gran parte dal Recovery and Resilience Facility. La Commissione ha adottato delle linee guida per consentire agli Stati membri di riorientare 225 miliardi di euro dei piani di recupero e resilienza verso gli obiettivi di REPowerEU. Altri finanziamenti giungeranno dai fondi di coesione, dalla politica agricola comune e dalle reti energetiche transeuropee. Si tratta, però, di fondi già stanziati che vengono riorientati verso REPowerEU. Gli unici finanziamenti addizionali sono 20 miliardi di euro ottenuti dalla vendita di permessi di emissione di CO2 nel sistema europeo di Emission Trading System (ETS).

In conclusione, la guerra in Ucraina ha accelerato la trasformazione della geopolitica dell’energia e i Paesi dell’Ue ne sono stati profondamente influenzati. REPowerEU ribadisce che un’economia più efficiente e un utilizzo più esteso delle rinnovabili contribuiscono sia alla transizione energetica sia alla sicurezza degli approvvigionamenti. In altre parole, transizione energetica e sicurezza degli approvvigionamenti sono due facce della stessa medaglia che si rafforzano vicendevolmente.

Foto di copertina EPA/BO AMSTRUP DENMARK OUT

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