Israele si è sentito accerchiato all’inizio delle festività pasquali. I razzi da Gaza, dal sud del Libano e dalla Siria, senza poi contare gli scontri sulla Spianata delle Moschee/Monte del Tempio, hanno acuito le preoccupazioni sul fronte della sicurezza in una società, quella israeliana, già lacerata dalla rottura sulla contestata riforma della giustizia messa nel congelatore, per ora, da Netanyahu.
I razzi dal Libano nel giorno della Pasqua ebraica
Quello che ha preoccupato di più è stata l’apertura del fronte del Libano, perché riapre uno scenario sopito dal 2006. Almeno 34 razzi sono stati lanciati il 5 aprile (la sera di quel giorno è cominciata la Pasqua ebraica), dal sud del Libano verso il nord della Galilea. Di questi, 25 sono stati intercettati dal sistema anti razzo israeliano Iron Dome; 5 sono caduti in Israele facendo qualche danno e ferendo due persone. Secondo fonti israeliane, dietro i lanci non ci sarebbe Hezbollah, il movimento filo iraniano libanese, ma gruppi terroristici palestinesi di stanza nel paese dei cedri che, comunque, hanno avuto l’avallo del “partito di Dio” per portare avanti l’attacco.
Fonti dello stesso partito islamico hanno fatto sapere ad Al-Arabya di non essere i responsabili dei lanci, anche se ha affermato che sosterrà “tutte le misure” che i gruppi palestinesi potrebbero adottare contro Israele dopo gli scontri alla moschea di Al-Aqsa sul Monte del Tempio a Gerusalemme. La situazione al confine nord israeliano desta preoccupazione, tanto che il governo ha convocato subito il gabinetto di sicurezza. Le forze di mantenimento della pace delle Nazioni Unite in Libano (Unifil) hanno detto che i lanci di razzi sul nord di Israele di inizio aprile sono “estremamente gravi”. Con il passare dei giorni, lo scenario è risultato più chiaro agli analisti. Il Libano come paese, in tutta la questione, c’entra poco, anche se ancora formalmente in guerra con Israele, ospita uno dei maggiori nemici dello Stato ebraico, quel “partito di Dio” che vuole l’annientamento di Israele.
La mano di Teheran
L’aviazione di Gerusalemme ha fatto sentire la sua voce nel sud del Paese, tanto che Beirut si è lamentata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Soprattutto il sud del Paese accoglie molti gruppi palestinesi, pronti a dare la vita per annientare Israele. Secondo diversi analisti, c’è l’Iran dietro a quanto sta accadendo. Teheran condurrebbe il gioco e l’opera, contro Israele, dovunque: in Libano, in Iraq, a Gaza e in Cisgiordania.
Nell’ultimo anno si sono visti dei cambiamenti significativi nella situazione generale e sono cambiati gli attori. Gli Stati Uniti sono sempre di più concentrati nell’area del Pacifico e poi ovviamente anche sulla questione della guerra della Russia all’Ucraina. Invece, in Medio Oriente si sta facendo strada un blocco russo-iraniano spalleggiato dalla Cina con qualche aiuto dalla Corea del Nord e questo sta ulteriormente rafforzando l’Iran rendendolo sempre più aggressivo. Anche i russi ormai sono sempre più dipendenti dall’Iran e questo dà a Teheran molto margine di manovra. C’è anche un rafforzamento dell’amicizia sunnita con il regime di Assad. Per Israele questi cambiamenti sono brutte notizie anche perché Usa e Russia non costituiscono più fattori di stabilizzazione nell’area. Da sempre Israele è contrario a un accordo sul nucleare iraniano, che è ritornato in voga con l’amministrazione Biden. Anche se poi questa, di fatto, ha abbandonato il Medio Oriente per focalizzare l’attenzione altrove.
Anche dietro quello che succede in Cisgiordania o a Gerusalemme est, ci sarebbe l’Iran che investirebbe un sacco di soldi, dando ai palestinesi know-how e mezzi. Hamas è una creatura iraniana, riceve soldi da Teheran, è completamente dipendente da questi finanziamenti come pure la Jihad islamica e Hezbollah. Senza l’Iran, Hamas non avrebbe avuto la forza di fare nulla; non a caso ci sono molti incontri dei leader di Hamas con i vertici iraniani, con la Jihad islamica e Hezbollah, l’ultimo poche sere fa in Libano.
Dopotutto la presenza palestinese in Libano è storica e numerosa anche se la diaspora palestinese non ha alcun diritto nel Paese dei cedri. Secondo le stime sarebbero circa 200 mila i palestinesi, discendenti di coloro che fuggirono da Israele durante la guerra del 1948, che attualmente vivono in Libano e sono considerati rifugiati, numero ben al di sotto degli oltre 400 mila profughi registrati dall’Unrwa. Questo perché molti sono scappati all’estero, soprattutto dopo le stragi di Sabra e Shatila di quarantuno anni fa.
La diaspora palestinese in Libano
In Libano i palestinesi sono relegati nei campi profughi, diventati vere e proprie città ghetto. Non sono ben visti dalla popolazione anche per aver appoggiato, durante la guerra civile, la componente drusa e musulmana, per cui restano relegati nei 12 campi che non possono neanche allargarsi. Sopravvivono incassando piccole rendite e gli vengono offerti parte dei servizi basilari dall’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei profughi palestinesi in patria e fuori. Numerosi palestinesi residenti in Libano avrebbero anche accettato di andare a combattere a favore della Russia, nel conflitto in corso con l’Ucraina, in cambio di circa 350 dollari al mese. Si tratterebbe per lo più di persone nate dopo il 1969, poiché i nati dopo da questo momento in poi non hanno un’adeguata registrazione anagrafica presso le autorità libanesi, e quindi per loro è più facile viaggiare per andare a partecipare al conflitto come mercenari.
La maggior parte dei palestinesi schierati in prima linea in Ucraina proverrebbe da Ein Al-Khalwa, il più grande campo profughi palestinese in Libano, situato a sud della città di Sidone e sarebbero quasi tutti membri del movimento politico Fatah, guidato dal presidente della Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas. In misura minore, ci sono anche appartenenti ad altre organizzazioni come il Fronte popolare per la liberazione della Palestina. In cambio della partecipazione alla guerra, riceverebbero dalla Russia uno stipendio mensile e un ulteriore compenso per le loro famiglie. Il reclutamento verrebbe effettuato in coordinamento con l’organizzazione di Hezbollah con sede in Libano e sostenuta dall’Iran.
Secondo le informazioni provenienti dal Libano, Hezbollah starebbe poi anche arruolando attivamente giovani sostenitori, compresi quelli esperti nell’utilizzo di droni e individui con esperienza nella guerriglia nelle aree urbane, sempre per assistere i russi nella guerra in Ucraina. L’Autorità Nazionale Palestinese è uno dei pochi rappresentanti istituzionali a non aver criticato e anzi ad apertamente appoggiato, l’invasione russa in Ucraina. Mosca inoltre ha forti legami sia in Siria che in Iran.
Foto di copertina EPA/MOHAMMED SABER