La breve rivolta dei mercenari della Wagner capitanati da Evgenij Prigozhin, rientrata grazie alla mediazione del presidente bielorusso Lukashenko, è un pretesto utile per approfondire il tema dell’influenza della Russia nel continente africano, in particolare proprio attraverso l’esercito privato di Prigozhin che opera in diversi stati e contesti di crisi.
Un rapporto che mette l’Africa anche nella condizione di poter promuovere un proprio ruolo da mediatore nel conflitto nato dall’invasione russa dell’Ucraina. Questo è stato lo scopo della missione di una delegazione africana in Russia e in Ucraina, condotta qualche settimana fa e guidata dal presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. Ne scrive BBC Afrique: nessuno dei due interlocutori ha dato la propria disponibilità ad avviare dei colloqui di pace, ma il leader sudafricano parla comunque in tono positivo del viaggio, definendolo come “la prima volta che dei dirigenti africani si sono cimentati in una missione di pace all’estero”.
Il crollo degli aiuti all’Africa
Ma l’impatto del conflitto in Ucraina si misura anche attraverso la riduzione degli aiuti pubblici allo sviluppo destinati al continente africano, come scrive Laurence Caramel su Le Monde Afrique. I dati OCSE per il 2022 infatti segnalano come, nonostante un incremento del 13,6% dei sostegni a livello globale (fino a raggiungere i 204 miliardi di dollari), l’Africa subsahariana ha visto gli aiuti riservati ad essa diminuire del 7,8%, fino ad attestarsi a 29,7 miliardi di dollari.
Un disimpegno che era già stato denunciato dai paesi africani all’ultima riunione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, racconta La Libre Afrique. «Si vedono questi flussi immensi che si pensava impossibili da trovare, e che oggi vengono erogati», ha confidato all’AFP il ministro degli Esteri del Niger, Hassoumi Massoudou. La prova, secondo lui, che «esistono risorse e meccanismi» che potrebbero essere utilizzati anche per il continente africano.
Il ruolo della Russia nel continente
BBC Afrique dedica anche un’ampia riflessione al ruolo che la Russia è riuscita nel tempo a ritagliarsi in quelle che sono state le colonie della “Françafrique”. “La Russia arriva con un pacchetto tutto in uno: offre servizi di sicurezza, consulenza politica, campagne mediatiche e di disinformazione e vendita di armi”, spiega Paul Stronski, senior fellow al Carnegie Endowment for International Peace. Ma gli interessi della Russia non si limitano all’Africa francofona: la presenza della Wagner è certificata anche in Libia, e qualche tipo di attività del gruppo di Prigozhin è registrabile anche in Sudan, Eritrea e Zimbabwe. Sono almeno otto i paesi africani in cui è coinvolta la Wagner.
Su questo tema è disponibile, infine, anche un ottimo dossier del Centre d’Études Stratégiques de l’Afrique, che approfondisce ad esempio la diffusione della disinformazione negli ecosistemi dell’informazione in Africa, di cui hanno approfittato soprattutto Russia, Cina e gli stati del Golfo; e il ruolo delle milizie private russe come la Wagner nella destabilizzazione dei paesi in cui opera e nel rafforzamento dei relativi contesti autoritari e illiberali.
Foto di copertina EPA/YURI KOCHETKOV