22 Dicembre 2024

Rassegna stampa africana: gli sviluppi politici in Kenya, in Burundi e nel Sahara Occidentale

Pubblichiamo dei passaggi della rassegna stampa settimanale sull’Africa, curata da Jean-Léonard Touadi per RadioRadicale. È possibile ascoltare il podcast dal sito dell’emittente. Clicca qui per ascoltare

Una comunità comboniana è stata attaccata in Mozambico, dove la minaccia jihadista grava nel paese. Segnaliamo poi alcuni aggiornamenti sugli sviluppi politici in Kenya e Burundi, concludendo con un’analisi delle relazioni tra Marocco, Tunisia ed Algeria a seguito della recente visita del leader del Fronte Polisario Brahim Ghali a Tunisi.

La minaccia jihadista in Mozambico

Con un articolo di Vatican News si riporta la notizia dell’attacco alla comunità comboniana avvenuto in Mozambico. “I ribelli hanno incendiato la missione di Chipene, al confine con la provincia di Cabo Delgado. Due sacerdoti e due sorelle sono riuscite a fuggire mentre per suor Maria De Coppi non c’è stata possibilità di salvarsi”, si legge nell’articolo a firma di Michele Raviart.

Sempre sulla vicenda, l’Avvenire scrive che “secondo la BBC, l’organizzazione jihadista ha pubblicato la rivendicazione su alcuni suoi account Telegram a nome della provincia dello Stato Islamico nell’Africa Centrale. Nel suo comunicato, precisa l’emittente britannica, l’Isis afferma di aver ucciso la suora perché si era ‘impegnata eccessivamente nella diffusione del cristianesimo’. L’organizzazione – continua l’Avvenire – ha anche reso noto che i suoi militanti hanno bruciato una chiesa, due veicoli e altre proprietà della missione nell’area.”

In un’analisi per la rivista Nigrizia, Luca Bussotti scrive che “quando, ad agosto del 2021, le truppe ruandesi iniziarono le loro azioni a Cabo Delgado – la provincia al centro degli attacchi terroristici nel nord del Mozambico – la situazione sembrava potersi risolvere in pochi mesi. Il contestuale appoggio offerto dalla Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (Sadc), mediante la missione militare Samim, aveva dato ulteriore fiducia al governo di Maputo. Passati i mesi, tuttavia, la guerriglia jihadista che quotidianamente viene combattuta fra imboscate, incendi di piccoli villaggi e attacchi in più parti della provincia di Cabo Delgado, non sembra desistere dai suoi intenti.”

William Ruto alla presidenza del Kenya

In un articolo di Nigrizia, intitolato “Kenya: inizia l’era di William Ruto”, Bruna Sironi riferisce che “la lunghissima e combattuta stagione elettorale kenyana si è conclusa il 5 settembre con la sentenza della Corte suprema riguardante le numerose petizioni sulla validità dei risultati, posti dalle due coalizioni a sostegno dei contendenti alla presidenza e da semplici cittadini.” La sentenza con cui la Corte ha confermato la sconfitta di Raila Odinga nella corsa alla presidenza è stata accolta con un certo stupore dal paese.

Si aggiunge, inoltre, che “nei giorni precedenti alla sentenza gli stessi media avevano diffuso informazioni dettagliate sulle irregolarità che emergevano dal lavoro di analisi delle petizioni e dalle verifiche dei giudici. Tanto che il Daily Nation, il maggior quotidiano del paese, aveva osservato che la Corte suprema avrebbe potuto trovarsi in un dilemma costituzionale, avanzando l’ipotesi di un eventuale scioglimento della Iebc dopo aver dichiarato nullo il risultato ufficializzato dal suo presidente, ma senza vie percorribili per ripetere le elezioni in tempi brevi.”

In Burundi nuovo primo ministro

In Burundi, invece, il presidente ha rimosso dalla sua funzione il primo ministro Alain Guillaume Bunyoni. La redazione di Nigrizia precisa che “il parlamento, dominato dal partito del presidente Évariste Ndayishimiye – il Consiglio nazionale per la difesa della democrazia – Forze per la difesa della democrazia (Cndd-Fdd) – ha ratificato la nomina di un nuovo primo ministro. Alain Guillaume Bunyoni è stato sostituito con Gervais Ndirakobuca, un alto grado della polizia considerato vicino al presidente” del paese.

Le cause di questo cambio in seno al governo del Burundi sarebbero state “le ripetute lamentele del presidente, che in più occasioni ha affermato di avere le mani legate e per questo di non essere in grado di introdurre le riforme di cui ha bisogno il paese dei Grandi Laghi.”

In una corrispondenza congiunta di Le Monde e AFP si fa presente che “dalla fine della guerra civile, nel 2005, il Burundi è stato tenuto in pugno dal regime, grazie alle Imbonerakure, la lega giovanile del partito al potere CNDD-FDD, e ai servizi d’intelligence nazionali. Sebbene la comunità internazionale abbia accolto con favore una certa apertura del Paese da quando Evariste Ndayishimiye è salito al potere, nel settembre 2021 una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha dichiarato che la situazione dei diritti umani in Burundi rimane disastrosa.”

Interrotta la neutralità tunisina sul Sahara occidentale 

Per quanto riguarda la parte settentrionale del continente africano, Africa Rivista descrive come “uno strappo difficile da ricucire” quello che si è creato nelle relazioni tra Marocco e Tunisia, dopo che quest’ultima è uscita pubblicamente dalla neutralità sul Sahara Occidentale, avvicinandosi alla posizione algerina,” a sfavore di Rabat.

“La neutralità della Tunisia era un principio fondamentale delle autorità tunisine, e sulla questione del Sahara Occidentale, Tunisi aveva sempre mantenuto le distanze da entrambi i Paesi. Il cambiamento, tuttavia, non è dell’ultimo minuto, ovvero dalla recente visita del leader del Fronte Polisario Brahim Ghali in Tunisia, ma si era già percepito ad ottobre scorso, quando la Tunisia si era astenuta dal voto sulla missione delle Nazioni Unite nel Sahara Occidentale (Minurso), dimostrando quindi un avvicinamento verso le posizioni dell’Algeria.”, continua l’articolo, riportando le parole di Emna Ben Arab – assistant professor all’Università di Sfax.

Su Le Monde, si riportano le parole di Riccardo Fabiani, specialista del Nord Africa presso l’International Crisis Group, secondo cui “la grave crisi tra Algeria e Marocco sul Sahara occidentale si è trasformata in una guerra diplomatica di logoramento che si è estesa oltre la regione e ha fatto temere un’esplosione senza fine, dicono gli analisti. Incoraggiato dal riconoscimento da parte dell’amministrazione di Donald Trump, alla fine del 2020, della sua sovranità su questo territorio conteso in cambio di un riavvicinamento a Israele, il Marocco ha da allora messo in campo una diplomazia sempre più offensiva per mobilitare altri Paesi sulle sue posizioni. Il re Mohammed VI ha avvertito in agosto che tale sostegno dovrebbe essere ‘inequivocabile’, affermando che la questione del Sahara è il prisma attraverso il quale il Marocco affronta il suo panorama internazionale.”

Algeri, invece, approfitta “del suo status di esportatore di gas, coccolata dall’Europa che cerca di compensare il gas russo, per segnare punti nel suo duello diplomatico a distanza con Rabat, con cui ha rotto le relazioni nell’agosto 2021.”

Rassegna stampa a cura di Jean-Léonard Touadi,  funzionario FAO, docente di “Geografia dello sviluppo in Africa” all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

Foto di copertina EPA/TUNISIA PRESIDENCY

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