22 Dicembre 2024

Il Parlamento europeo e l’imperativo della trasparenza

Lo scandalo del Qatargate è una delle ultime brutte notizie di un già terribile 2022. Il Parlamento europeo, in genere fustigatore di nequizie e misfatti altrui, ora è sotto i riflettori per una vicenda che forse passerà alla storia come una delle peggiori in cui sono incorse le istituzioni europee.

L’inchiesta e gli arresti 

Come noto, il 9 dicembre scorso, in seguito alle indagini dirette dal giudice istruttore belga, Michael Claise, il Parlamento europeo è stato destinatario di alcuni mandati di arresto per associazione a delinquere, corruzione e riciclaggio di denaro. L’intento criminoso che si sarebbe delineato è quello di ottenere favori e forti somme in denaro in cambio di una campagna, da realizzarsi soprattutto nell’ambito del Parlamento europeo, a favore del Qatar; Paese che a detta di numerosi osservatori, istituzionali e non, si sarebbe macchiato di gravi violazioni dei diritti umani, perpetrate soprattutto durante i preparativi dei mondiali di calcio.

I provvedimenti restrittivi hanno riguardato in una prima fase cinque persone, ossia: l’europarlamentare dei Socialisti e Democratici, nonché vice-presidente del Parlamento europeo, Eva Kailli; l’ex-parlamentare europeo e attuale presidente della ong Fight Impunity, Pier Antonio Panzeri; l’assistente parlamentare, nonché compagno di Eva Kaili, Francesco Giorgi; Niccolò Figà Talamanca, direttore generale della ong No Peace Without Justice”; e Luca Visentini, segretario generale della Confederazione Internazionale dei Sindacati (scarcerato dopo due giorni).

Durante lo sviluppo dell’istruttoria, sono emerse ulteriori responsabilità. A partire dai mandati di arresto spiccati nei confronti di Maria Dolores Colleoni e di Silvia Panzeri, rispettivamente moglie e figlia di Pier Antonio Panzeri, che viene descritto come il grande manovratore del Qatargate.

Inoltre, nell’affaire sono emersi i nomi di diversi europarlamentari o ex-parlamentari (per lo più del gruppo dei Socialisti e Democratici), rispetto ai quali però non sono ancora state sollevate specifiche contestazioni, ma che, direttamente o indirettamente, risulterebbero lambiti dalla vicenda. Le indagini sono ancora in corso ed ulteriori colpi di scena probabilmente non sono da escludere, ma il Qatargate, già consente di avanzare alcune considerazioni generali. Almeno tre.

Bruxelles e gli strumenti anti-corruzione

La prima, riguarda la presenza di strumenti che avrebbero potuto evitare il verificarsi di quanto accaduto. L’Eurocamera dispone dal 2012 di un Codice di condotta per i membri del Parlamento europeo. Il Codice prevede, tra l’altro, che i deputati non possono accordarsi con persone fisiche o giuridiche per determinare le loro azioni o il loro voto (art. 2, (a)); non sollecitano, accettano o ricevono alcun beneficio diretto o indiretto in cambio di prestazioni concordate (art. 2, (b)). Inoltre, sono tenuti a presentare e a mantenere aggiornata, una Dichiarazione sugli interessi finanziari (art. 4), ed una Dichiarazione di conformità al Codice di condotta appropriata (previsto nell’allegato II del Regolamento del Parlamento europeo).

La conformità ai codici da parte dei parlamentari è sottoposta al controllo del Comitato consultivo sulla condotta dei deputati, che è formato da 5 europarlamentari, che dispongono di specifiche competenze giuridiche (attualmente ne fa parte anche l’italiano Giuliano Pisapia). Il Comitato pubblica un rapporto annuale nel quale dà conto delle sue attività. Così, nell’ultimo rapporto del 2021, è riportato un provvedimento disciplinare preso nei confronti di un parlamentare che aveva ottenuto un sostegno non dichiarato da parte di un soggetto esterno al Parlamento europeo.

Guardando poi a meccanismi che non riguardano il solo europarlamento, dal 2021 è operativo il Registro per la trasparenza obbligatorio sottoscritto dalla Commissione europea, dal Parlamento e dal Consiglio. Il Registro impone agli enti che vogliono avere relazioni con le istituzioni europee, ad iscriversi fornendo informazioni rilevanti e sottoponendosi a forme di controllo esercitate dal Segretariato del Registro, che vigila, anche su segnalazioni di comuni cittadini, sulla veridicità di quanto dichiarato dagli enti iscritti.

Infine, l’azione del Parlamento europeo, al pari di quella di qualsiasi altra istituzione o organo della Ue, è sottoposta al potenziale vaglio del Mediatore europeo. Questi dispone di diversi strumenti ispettivi e di sollecitazione per intervenire nei casi che denotino una cattiva amministrazione all’interno della Ue. Quindi, gli strumenti per prevenire il verificarsi di vicende come quella del Qatargate esistono. Altra questione è chiedersi perché non siano stati applicati o non risultino efficaci.

Il peso politico dell’eurocamera

Un secondo insegnamento che è possibile trarre da quanto accaduto nelle avveniristiche architetture dei palazzi della Ue, riguarda il peso del Parlamento. In un articolo scritto più di dieci anni fa da Boris Johnson, l’ex uomo forte di Downing Street e paladino della Brexit, riferendo di una sua visita al Parlamento europeo non poté fare a meno di constatare che l’eurocamera da “suocera di tutti parlamenti”, si era trasformata nel giro di pochi anni nel principale centro del potere legislativo europeo.

Per questo, secondo Johnson, “non ha senso che i capitalisti che finanziano nuove iniziative o i gli hedge fund esercitino pressioni su un ministro britannico: in base ai nuovi poteri co-decisionali dell’Europarlamento, questi emendamenti di vitale importanza saranno decisi a Bruxelles, dagli europarlamentari”. Alla stessa conclusione sono arrivati da anni gli oltre 12 mila lobbysti iscritti al Registro per la trasparenza della UE; nonché i 164 paesi terzi, tra i quali il Qatar, che hanno una propria rappresentanza diplomatica accreditata presso l’Unione (i paesi non Ue con una rappresentanza diplomatica in Italia sono 114).

L’effetto mediatico dello scandalo

Infine l’ultima considerazione, allo stesso tempo la più importante e la più sconfortante. Nonostante i rilevanti poteri di cui dispone il Parlamento, malgrado la presenza di un agguerrito esercito di lobbysti, e a dispetto dell’esistenza di meccanismi di controllo, la conoscenza che i cittadini hanno del Parlamento europeo e della UE in generale, è molto bassa. Solo un cittadino su 10 ritiene di sapere come funzionino le istituzioni della Ue. Questo è un dato che non stupisce, visto che il sistema mediatico segue in maniera spasmodica tutto ciò che accade sul piano domestico, con speciale attenzione sui dettagli della politica interna. Mentre per le vicende europee, a meno che queste non abbiano delle evidenti e dirette ricadute sul piano nazionale, passano sotto silenzio.

Come sta avvenendo in questi giorni con il Qatargate. Lo scandalo “buca lo schermo” perché è una ghiotta occasione per criticare in patria la fazione politica alla quale sembra appartengano i responsabili di corruzione (si vedano le prime pagine delle ultime due settimane dei quotidiani italiani); oppure perché consente di controbattere ad accuse di corruzione avanzate dalla Ue. Si pensi alla richiesta di chiusura del Parlamento europeo avanzata da Victor Orban, Qatargate, Orban: “Abolire il Parlamento europeo“.

Diritti umani e informazione

È come se lo scandalo qatariota abbia squarciato il ‘velo di Maja’, che mantiene nell’oblio il Parlamento europeo e tutto ciò che lo riguarda.

Un velo che fino ad oggi ha impedito a noi cittadini di sapere di cosa si occupi l’eurocamera. Di capire, ad esempio, come in materia di diritti umani il Parlamento di Strasburgo sia considerato a livello mondiale un punto di riferimento particolarmente influente (non a caso nella precedente legislatura Pier Antonio Panzeri presiedeva la Sotto-commissione per i diritti umani), e che, come ricordava Boris Johnson, l’eurocamera sia il principale centro del potere legislativo europeo.

Per questo c’è da sperare che la triste vicenda del Qatargate riesca a squarciare definitivamente il velo di Maja, che rende invisibile agli occhi dei cittadini il Parlamento europeo; e che i media e la politica nazionali inizino ad occuparsi seriamente e costantemente di quanto avviene a Bruxelles e a Strasburgo. Solo grazie a un’informazione corretta e competente sui fatti e le dinamiche politiche della Ue, si potrà evitare il verificarsi di nuovi scandali e noi cittadini potremmo esercitare sulle istituzioni europee quel controllo sociale, che è un elemento indispensabile per alimentare una vera democrazia.

Foto di copertina EPA/JULIEN WARNAND

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