Papa Francesco e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si incontreranno il prossimo 29 ottobre e sarà la prima volta dall’elezione alla Casa Bianca dell’ex vice di Obama. Secondo la Catholic News Agency, che per prima ha riportato la notizia, Biden avrà un confronto anche con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, e con l’arcivescovo britannico Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati del Vaticano.
Da tempo si parla di un possibile incontro tra Francesco e Biden. Il primo contatto è avvenuto il 12 novembre 2020, quando il pontefice ha inviato il proprio saluto al president-elect nel bel mezzo del caos elettorale scatenato dalle rivendicazioni dello sconfitto Donald Trump. A giugno scorso, l’arrivo in Vaticano del segretario di Stato Antony Blinken sembrava essere preparatorio all’imminente vertice tra il papa e il presidente. Non fu così. Oggi, però, l’attesa sembra davvero essere terminata: il summit conclusivo del G20 del 30 e 31 ottobre a Roma, al quale parteciperà ovviamente anche Biden, permetterà al presidente statunitense di raggiungere la capitale italiana con un giorno d’anticipo per recarsi dal proprio capo spirituale.
La fede cattolica di Biden non è un mistero, anzi. Lo stesso presidente, durante la sua campagna elettorale – e, per la verità, in tutta la sua vita -, non ha mai nascosto la sua appartenenza religiosa. Spesso, in prossimità delle elezioni dello scorso anno, ha citato nei suoi comizi lo stesso papa Francesco – in particolare, l’enciclica “Fratelli Tutti” – ma anche papa Giovanni Paolo II. E non è un mistero neppure che gli Stati Uniti, ormai da tempo, siano l’epicentro della contestazione teologica e politica del messaggio di papa Francesco. Biden non appartiene a questa corrente e, anche per questo, le tensioni accumulate durante la presidenza Trump sono destinate ad allentarsi. Ma non basterà un cattolico alla Casa Bianca per risolvere tutte le divergenze tra Stati Uniti e Chiesa globalizzata di Bergoglio.
Il cattolicesimo di Biden
L’elezione di Joe Biden, che negli Stati Uniti ha richiesto tempo per essere confermata e certificata, non ha tardato a essere commentata e analizzata su “La Civiltà Cattolica”, rivista dei gesuiti italiani e diretta da padre Antonio Spadaro, tra i principali consiglieri di papa Francesco. Sempre attento a rimanere equidistante e distaccato dalle questioni politiche, soprattutto se interne agli Stati, Francesco avrà senz’altro accolto con entusiasmo il successo di Biden: lo strappo – anche diplomatico – con Donald Trump e l’ex segretario di Stato Mike Pompeo aveva fatto scivolare il rapporto tra Vaticano e Stati Uniti ai minimi storici. Biden, a differenza del suo predecessore, rappresenta invece un interlocutore più affine alle sensibilità del pontificato bergogliano.
Nato in Pennsylvania, proveniente da una famiglia cattolica e di origine mista francese, irlandese e inglese, Biden fa parte di quella corrente della tradizione del cattolicesimo sociale ispirata e modellata dal Concilio Vaticano II, che volge lo sguardo ai blue collar – la classe operaia – e all’apertura della Chiesa al mondo e alla contemporaneità. Una convinzione che trova sponda in papa Francesco, che in più di un’occasione ha ribadito la necessità di seguire e promuovere i principi del Concilio avviato da papa Giovanni XXIII e terminato da Paolo VI.
Negli Stati Uniti, però, a partire dagli anni Ottanta e Novanta, lo spirito del Concilio è stato delegittimato – se non addirittura rifiutato – dalla componente più conservatrice del cattolicesimo a stelle e strisce, animata dalle culture war e incarnata da buona parte dei vescovi statunitensi. Questi respingono le istanze più progressiste in ambito economico, diffidano della disattenzione del pontefice sulle questioni biopolitiche e morali e si disinteressano ai richiami bergogliani sulla cura verso il creato e l’ambiente. Come disse nel 2013 l’allora arcivescovo di Filadelfia Charles Chaput, dimissionario proprio durante il pontificato di Francesco, i conservatori cattolici negli Stati Uniti non sono “generalmente molto felici” del nuovo papa. E, nel corso degli anni, sono rimasti egualmente scettici. Tanto di Bergoglio, quanto di Biden.
Le divergenze tra Washington e Vaticano
Se l’interpretazione della fede di Bergoglio e Biden è simile, gli approcci al mondo del papa e del presidente, almeno su alcuni dossier, rimangono diversi. Non fosse altro che per la visione che hanno dello stesso. Biden è esponente dell’interventismo liberal che, seppur conciliandosi più efficacemente all’ottica vaticana rispetto all’America First trumpiano, non combacia esattamente con la geopolitica di Francesco.
Bergoglio è il primo pontefice con una logica post-Guerra fredda. Il papa non riforma, ma ribalta la prospettiva della Chiesa, che deve adottare lo “sguardo di Magellano”, che osserva il centro dalle periferie e che scolla il cattolicesimo dall’asse euro-atlantico. La globalizzazione, per Francesco, non è – e non dev’essere – irradiazione unidirezionale del modello occidentale, ma coesistenza pacifica e paritaria delle esperienze territoriali, sociali e religiose. Un approccio che, per quanto non certo radicalmente contrario a quello di Joe Biden e di Washington, ne mina alle basi il concetto cardine, ovvero quello della centralità degli Stati Uniti stessi e del primato dell’Occidente e delle liberaldemocrazie. Difficile, per un politico di lungo corso come Biden, discostarsi da una visione così profondamente radicata nel proprio Paese.
Aver fede è bene, non averne…
Il multilateralismo della nuova amministrazione è senz’altro un passo in avanti rispetto ai tempi di Trump, ma le questioni sulle quali Washington e Vaticano continueranno a non essere pienamente d’accordo sono molte. E, probabilmente, proprio su queste si concentrerà il colloquio di fine ottobre. Innanzitutto, sulla Cina: mentre la Santa Sede, dopo il rinnovo dell’Accordo provvisorio, proseguirà nel suo cammino di avvicinamento verso Pechino, gli Stati Uniti di Biden, vista anche la recente stipula dell’accordo trilaterale con Regno Unito e Australia in funzione anti-cinese, mantengono una posizione fortemente contrapposta. Lo stesso discorso valga per i rapporti con la Russia, verso la quale Francesco, soprattutto in funzione del percorso ecumenico avviato con la Chiesa ortodossa, ha assunto un atteggiamento più comprensivo rispetto a quello del presidente statunitense, ancora fortemente influenzato dalle strutture del Dipartimento di Stato. Sulla questione del Medio Oriente e dell’Afghanistan, infine, pesano ancora le rimostranze di Giovanni Paolo II sull’intervento americano.
L’incontro tra Biden e Francesco, allora, si concluderà sicuramente con volti ben più sorridenti di quelli immortalati dopo il vertice di Trump con il pontefice. Ma immaginare che la convergente sensibilità religiosa dei due possa di per sé conciliare codici geopolitici differenti, è ben più di uno slancio di fede.
Foto di copertina ANSA/ETTORE FERRARI