Il Nicaragua si prepara alle elezioni del 7 novembre con l’opposizione a Daniel Ortega completamente annientata e priva di candidature. L’attuale presidente, leader del Frente Sandinista de Liberación Nacional che destituì il dittatore Anastasio Somoza nel 1980, sarà molto probabilmente riconfermato assieme alla sua storica compagna, la vicepresidente Rosario Murillo, per il quarto mandato consecutivo, il quinto in totale.
Saranno 4,3 i milioni di nicaraguensi che si recheranno alle urne per scegliere il presidente, il vicepresidente, i 90 deputati della Asamblea Nacional e i 20 del Parlamento centramericano. I risultati provvisori arriveranno solo il 15 novembre, mentre l’insediamento è previsto il 10 gennaio del prossimo anno.
Un candidato senza oppositori
La Polizia nazionale del Nicaraguaha arrestato finora 37 oppositori tra politici, attivisti e imprenditori, tra cui sette pre candidati alla presidenza. La maggior parte è stata accusata di cospirazione, riciclaggio o tradimento grazie alla controversa legge 1055 per “la difesa dei diritti del popolo all’indipendenza, la sovranità e l’autodeterminazione per la pace”.
La prima a subire la condanna è stata Cristiana Chamorro, figlia dell’ex presidente Violeta Barrios de Chamorro e di Pedro Joaquín Chamorro, eroe nazionale assassinato dalla dittatura di Somoza. Poco dopo l’annuncio della sua candidatura, è scoppiato il caso per il presunto delitto di riciclaggio che coinvolgerebbe la fondazione che porta il nome della madre, da tempo finanziatrice del giornalismo indipendente.
Da quel momento, la destituzione degli altri aspiranti alla presidenza non si è mai fermata: dopo un viaggio negli Stati Uniti è stato detenuto l’ex ambasciatore Arturo Cruz, poi Félix Maradiaga, Miguel Mora, il leader campesino Medardo Mairena, Noel Vidaurre e uno dei favoriti nei sondaggi, Juan Sebastián Chamorro. María Asunción Moreno e l’ex comandante dei contras, i controrivoluzionari sostenuti dalla Cia durante la guerra civile, Luis Fley, hanno abbandonato il Paese.
Il colpo di grazia è arrivato il 6 agosto, con l’inabilitazione del partito Alianza Ciudadanos por la Libertad (ACxL). Il regime ha sfruttato una denuncia presentata dal Partito Liberal Constitucionalista (PLC), uno dei cosiddetti “collaborazionisti” di Ortega. L’argomento principale che ha portato all’accusa di “violazione della legge elettorale” riguarda la doppia nazionalità nicaraguense e statunitense della presidente di ACxL, Kitty Monterrey. Il Poder Electoral ha quindi deciso di annullare il passaporto nicaraguense e di cancellare il suo documento di identità e il certificato di nascita, portando all’esclusione del partito dalle elezioni.
La rottura con gli imprenditori e il fronte “collaborazionista”
Anche la lista degli imprenditori è molto lunga, ma è importante citare la destituzione di Michael Healy come dirigente del Consejo Superior de la Empresa Privada (Cosep), che è avvenuta poco dopo quella del suo predecessore José Adan Aguerri. Quest’ultimo ha inaugurato la rottura tra Ortega e la classe imprenditrice, che da tempo seguiva un modello definito “dialogo e consenso” per assecondare reciproci interessi.
La connivenza tra il potere politico ed economico è finita quando Aguerri ha condannato la riforma delle pensioni del 2018, che avrebbe portato a un aumento dei costi per gli imprenditori. Proprio da quella iniziativa scaturì la più importante protesta contro il regime, con una repressione che causò oltre 300 morti. Il Cosep ha cominciato quindi a sviluppare una posizione molto dura contro Ortega, appoggiando le mobilitazioni della società civile.
Per quanto le elezioni sembrino a senso unico, la Alianza Unida Nicaragua Triunfa, capitanata dal Frente Sandinista de Liberación Nacional di Murillo e Ortega non è l’unica lista che gli elettori potranno scegliere il 7 novembre. Le altre formazioni sono però tutte accusate di essere “collaborazioniste” e condividono una storia di compromessi e vicinanza al governo sandinista.
Tra questi, il Plc, responsabile della denuncia contro ACxL, pur essendo il partito più noto tra quelli rimasti in lizza, sarà rappresentato da Walter Espinoza, un deputato quasi sconosciuto. Lo stesso vale per Alfredo Montiel, dell’Alianza Liberal Nicaraguense, che non ha mai parlato con la stampa. C’è anche chi nega di assecondare il regime, come il pastore evangelico Guillermo Osorno, candidato di Camino Cristiano e alleato di Ortega nelle elezioni del 2011 e 2016. Carlos Canales, aspirante alla presidenza di Alianza por la República, ha persino minacciato di denunciare i giornalisti per diffamazione.
Le previsioni
I sondaggi pre-elettorali nicaraguensi sono storicamente poco affidabili, come dimostra il caso delle elezioni del 1990. Il Frente Sandinista era dato a oltre 16 punti di vantaggio sulla Unión Nacional Opositora, che poi vinse con il 54% delle preferenze. Quelli di adesso invece hanno posizioni diverse.
Il Cid Gallup segnala che Ortega otterrebbe solo il 19% di fronte al 65% di un qualsiasi candidato “oppositore”, se ce ne fossero. Nello stesso sondaggio, il 77% ha dichiarato di non simpatizzare per nessuno dei candidati, considerati “comparse”, e il 56% non ha alcuna fiducia nel Consiglio Supremo Elettorale.
Per M&R Consultores, invece, Ortega e Murillo godrebbero del 60% delle preferenze, mentre il 67,8% degli intervistati sosterrebbe l’operato del regime a pieni voti. Alla coppia presidenziale basta molto meno per essere riconfermati e questa volta le condizioni in cui le elezioni si producono lasciano poco spazio a qualsiasi margine d’errore. Il risultato è già scritto.
Foto di copertina EPA/Jorge Torres
A cura di Alessandro Leone, autore Centro e Sud America de Lo Spiegone