Il 16 luglio, l’Unione europea ha siglato un memorandum d’intesa con la Tunisia, che, nelle intenzioni, dovrebbe migliorare la cooperazione fra le due parti su una vasta gamma di dossier, a partire da quello migratorio. L’accordo è stato firmato durante la visita congiunta a Tunisi del Primo ministro italiano, Giorgia Meloni, del premier olandese, Mark Rutte, e della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. La visita di domenica ha fatto seguito a quella svolta dalle stesse personalità europee l’11 giugno.
L’intensificazione dei rapporti con il governo del Presidente Saied sottolinea l’importanza riconosciuta dall’Ue, anche e soprattutto su spinta italiana, ai rapporti con Tunisi. Un focus che però si scontra con le gravi violazioni dei diritti umani subite dai migranti e richiedenti asilo di origine sub-sahariana e il generale deterioramento della situazione democratica nel paese.
La ragione principale di questa attenzione europea risiede certamente nell’aumento degli arrivi irregolari dalla Tunisia in Italia a partire dall’autunno scorso. Nel 2023, oltre il 50% delle partenze verso le coste italiane è infatti avvenuto dalla Tunisia, invertendo un trend che ha visto per anni la Libia come il principale punto di partenza nel Mediterraneo Centrale. Questo cambiamento è accompagnato anche da un aumento significativo del numero degli arrivi irregolari in Italia, che hanno quasi raggiunto le 80.000 unità nel 2023.
Partenariato multidimensionale
Il memorandum firmato a Tunisi si presenta come la base per un partenariato multidimensionale fra l’Ue e la Tunisia. L’accordo copre infatti molti dossier cruciali per i rapporti bilaterali, come il sostegno allo sviluppo economico e la stabilizzazione macro-economica del paese tunisino, così come le opportunità della transizione verde e digitale. Il testo affronta anche alcuni ambiti tematici più settoriali, ma promettenti per le future relazioni, come la cooperazione per un utilizzo sostenibile delle risorse idriche. Sebbene la proposta di una partnership comprensiva costituisca un passo nella giusta direzione, è evidente che il principale investimento politico contenuto nel memorandum riguarda l’approfondimento della cooperazione in materia migratoria.
L’obiettivo europeo rimane quello di ridurre il numero degli arrivi irregolari verso l’Italia. Nonostante l’accordo – e i recenti sviluppi in sede Ue – siano stati accolti in Italia come un cambiamento significativo nelle politiche europee, che finalmente starebbero puntando sulla dimensione esterna per ridurre il numero delle partenze, il paradigma non sembra cambiare molto rispetto agli ultimi anni. L’idea di fornire a un paese terzo come la Tunisia delle risorse finanziarie aggiuntive in cambio di un maggiore impegno nel controllo e nella gestione dei movimenti migratori verso l’Europa era già contenuta negli accordi con la Turchia del 2016 o in quelli dell’Italia con la Libia nel 2017. Ovviamente ognuno di questi paesi – e gli accordi siglati fra questi e gli attori europei – presentano le proprie peculiarità, ma le ragioni di base per un maggiore cooperazione rimangono le stesse.
Cosa prevede l’accordo sui fondi
Il memorandum è molto generico quando si parla del contributo finanziario concreto alla Tunisia. Fonti della Commissione hanno poi menzionato che 105 milioni di euro saranno stanziati dall’Ue appositamente per rafforzare le capacità in materia migratoria della Tunisia, mentre von der Leyen aveva già annunciato il mese scorso che 150 milioni dovrebbero essere messi a disposizione per stabilizzare le finanze in crisi dello stato tunisino. Il resto delle risorse andrebbe poi stanziato a seguito di un accordo separato fra il governo e il Fondo Monetario Internazionale. L’assunto è che un paese più stabile dal punto di vista economico costituirebbe un partner più affidabile in ambito migratorio. Sarà infatti rafforzato il coordinamento nelle operazioni di ricerca e salvataggio e nel contrasto alle reti criminali, che –secondo i contraenti – sono il principale fattore con cui spiegare la crescita dei movimenti irregolari.
La Tunisia ha comunque tenuto il punto nel corso dei negoziati, ribadendo – anche nel testo del memorandum – di non voler diventare un luogo di sosta in cui vengono trattenuti i migranti irregolari e di gestire autonomamente le proprie frontiere, e non per conto dell’Europa. L’Ue dal canto suo si impegna a sviluppare canali regolari di ingresso per i lavoratori tunisini (Talent Partnerships) e garantire un maggiore accesso ai programmi di ricerca e scambio come Horizon e Erasmus+. Il governo tunisino accetta invece di rilanciare la cooperazione sui rimpatri, ma solo per quanto riguarda i cittadini tunisini presenti irregolarmente in Europa, e non per i migranti provenienti da altri Stati, in particolare africani. Vengono quindi depotenziate in partenza le concessioni all’Italia dell’accordo europeo dell’8 giugno in materia di rimpatri, con cui il governo avrebbe voluto favorire il trasferimento anche di cittadini di Stati terzi verso paesi di transito come la Tunisia.
Le violazioni dei diritti umani dei migranti
In ogni caso, è allarmante notare come la firma dell’accordo sia avvenuta proprio nei giorni in cui vengono documentate crescenti violazioni dei diritti umani e il respingimento collettivo in Libia da parte delle autorità tunisine di oltre mille persone, abbandonate nel deserto oltre confine in condizioni degradanti. L’accordo cita il rispetto dei diritti umani, ma pare più che altro una concessione alla forma: è chiaro come la priorità europea al momento sia concentrata sul contenimento dei movimenti attraverso il Mediterraneo.
Se dal punto di vista politico i recenti sviluppi costituiscono dunque dei passi avanti, il contenuto del memorandum suscita invece più di un dubbio, a partire dalla mancanza di forme concrete di salvaguardia contro le violazioni dei diritti umani perpetrate dalle autorità tunisine contro i migranti. Anzi, la legittimazione politica che il Presidente Saied trae dalla firma di un accordo di questo genere potrebbe anche rassicurarlo sulla possibilità di proseguire con questa condotta.
Infine, appare paradossale che l’Ue una volta di più si affidi alla collaborazione di un paese terzo per gestire i flussi migratori nel Mediterraneo nel momento in cui sta cercando di dotarsi di una propria regolamentazione contro la strumentalizzazione delle migrazioni da parte degli attori esterni. Delegando ancora più responsabilità a un governo come quello tunisino, l’Ue in realtà lo dota proprio degli strumenti per esercitare ancora più pressione in futuro, indebolendo la propria posizione.
Foto di copertina EPA/TUNISIA PRESIDENCY