Forse ce n’è una, forse ce ne sono tante, di Madeleine Albright, fra le donne che fuggono dall’Ucraina in questi giorni. La prima donna segretario di Stato degli Stati Uniti, morta giovedì a 84 anni, era un’esule dalla Cecoslovacchia: la sua famiglia, di origini ebree, s’installò a Londra quando il Paese fu annesso al Terzo Reich; tornati in patria alla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Albright si trasferirono negli Usa nel 1948, dopo l’avvento del regime comunista. Proprio perché nata fuori e dall’unione da genitori non americani, la Albright non poté mai essere in corsa per la Casa Bianca.
Libertà, democrazia, Balcani
Durante la presidenza Clinton, specie nel secondo mandato, Madeleine Albright contribuì a forgiare la politica americana dopo la Guerra Fredda, sostenendo l’allargamento della Nato a Paesi dell’ex Patto di Varsavia e l’intervento armato in Kosovo nella primavera 1999 per “ragioni umanitarie”. Nel 2000, si recò in Corea del Nord ed ebbe uno storico incontro con l’allora leader nordcoreano Kim Jong-il, il padre dell’attuale, Kim Jong-un.
Commentando la sua scomparsa, il presidente Usa Joe Biden ha detto che “è stata sempre una forza per la libertà”, che ha abbattuto barriere e ha sostenuto la democrazia e i diritti umani. Bill Clinton, che la volle segretario di Stato, ne ricorda “la voce appassionata per la libertà e la democrazia”. Barack Obama, che nel 2021 la insignì della Medaglia della Libertà, la più alta onorificenza civile statunitense, dice: “È per persone come Madeleine che la storia dell’America è storia di speranza”; e poi ne abbellisce un po’ il percorso quando sostiene che la Albright “contribuì a portare la pace nei Balcani e a spianare la strada a progressi negli angoli più instabili del mondo”.
La rappresentante degli Usa all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, che occupa un posto che fu suo nel primo mandato Clinton, le ha reso omaggio intervenendo all’Assemblea generale: “La sua storia – di fuggire dalla Cecoslovacchia come rifugiata in giovane età e salire ai livelli più alti del governo degli Stati Uniti – mi risuona nella mente nel mezzo della crisi in Ucraina”.
Gli echi della morte della Albright a Pristina e a Mosca
Gli echi venuti da Mosca e da Pristina, nell’anniversario dei bombardamenti della Nato su Belgrado del 24 marzo 1999, mettono in evidenza aspetti controversi dell’eredità di Madeleine Albright, che è deceduta per un tumore. Il Kosovo le rende omaggio per l’appoggio ai bombardamenti della Nato della primavera 1999 contro la Serbia di Slobodan Milosevic. “L’intervento della Nato per fermare il genocidio in Kosovo […] porta senza dubbio il marchio della signora Albright, e gliene saremo sempre grati”, ha detto il premier Albin Kurti. “Il Kosovo ha perso un amico prezioso. Siamo molto rattristati”, ha scritto su Twitter la presidente Vjosa Osmani.
Con l’ex presidente Clinton e l’ex comandante in capo delle forze Nato, generale Wesley Clark, Albright partecipò a Pristina nel giugno 2019 alle celebrazioni per il 20° anniversario della fine della guerra e dell’ingresso nel Paese dei militari della Kfor, una forza Nato. Una strada di Pristina porta il suo nome e alcuni genitori kosovari ancora chiamano Madeleine le proprie figlie.
Di segno diverso il ricordo russo della ex segretario di Stato. La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova l’ha definita “l’ideologa dei bombardamenti su Belgrado”, mentre la coincidenza fra l’anniversario dell’inizio della guerra del 1999 e il Vertice della Nato sul conflitto in Ucraina pare “cinica” a molti esponenti russi. Di Biden, che da senatore appoggiò i bombardamenti, si scrive a Mosca che “l’assassino torna sul luogo del delitto”.
Il percorso politico e diplomatico
La notizia del decesso di Madeleine Albright è stata data, con un tweet dalla famiglia, che, insieme agli amici, le è stata accanto fino all’ultimo. Fino all’elezione a vicepresidente di Kamala Harris, nel novembre 2020, Albright era stata la donna di rango più elevato nell’Amministrazione Usa, seguita, nel ruolo di segretario di Stato, da Condoleezza Rice e da Hillary Clinton.
Nata Marie Jana Korbeloba a Praga nel 1937, Madelaine Albright giunse negli Usa da rifugiata politica all’età di 11 anni: fece il liceo in Svizzera, si laureò in scienze politiche al Wellesley College e conseguì un dottorato in diritto pubblico presso la Columbia University di New York. I genitori erano ebrei, ma si convertirono al cattolicesimo nel 1941 e non le svelarono mai le loro origini, nonostante numerosi parenti, fra cui tre nonni, fossero fra le vittime dell’Olocausto.
Durante il dottorato, sposò il giornalista Joseph Medill Patterson Albright, da cui divorziò nel 1982. Secondo il Washington Post, quando le sue figlie gemelle nacquero premature e dovettero essere poste in incubatrici, lei usò il tempo passato in ospedale accanto alle neonate per imparare il russo. Poliglotta, oltre al ceco, al russo e all’inglese, parlava francese, tedesco, polacco e serbo-croato.
La sua carriera accademica cominciò alla Georgetown University di Washington, dove insegnò Affari internazionali. Si fece notare come brillante analista e Bill Clinton, eletto presidente, la nominò nel 1993 rappresentante permanente degli Usa all’Onu, promuovendola poi nel 1997 segretario di Stato, al posto dell’incolore Christopher Warren.
Primo alto responsabile Usa ad incontrare Vladimir Putin come presidente facente funzioni a inizio 2000, la Albright lo ricordava come una persona “piccola e pallida”, con “la freddezza d’un rettile”, “imbarazzata dal crollo dell’Urss e decisa a restaurare la grandezza” del suo Paese.
Fino all’ultimo, l’ex segretaria di Stato è rimasta immersa nell’impegno civile e politico, prendendo posizione contro Donald Trump e la sua “strana ammirazione per i dittatori come Putin”. Un mese fa aveva firmato sul New York Times un editoriale quasi profetico: “Invece di spianare la strada alla grande Russia, l’invasione dell’Ucraina segnerà l’infamia di Putin, lasciando il suo Paese diplomaticamente isolato, economicamente in difficoltà e strategicamente vulnerabile di fronte ad una alleanza occidentale più forte e unita”.
Le sanzioni occidentali – notava – “devasteranno l’economia russa e anche lo stretto circolo d’amiconi corrotti, che a loro volta potrebbero sfidare la sua leadership. Quello che sarà una guerra cruenta e catastrofica drenerà le risorse russe e costerà vite russe creando un incentivo urgente all’Europa per tagliare la sua pericolosa dipendenza dall’energia russa“. Tra le altre conseguenze dell’aggressione russa, Albright prevedeva il rafforzamento del fianco Est della Nato e una “fiera resistenza armata ucraina con il forte sostegno dell’Occidente“.
Foto di copertina EPA/ANDREW GOMBERT