L’Ue ha definito la regione del Sahel una priorità nella sua azione esterna e ha destinato ingenti risorse politiche, finanziarie e militari. Prima dell’invasione russa dell’Ucraina, la regione del Sahel era spesso considerata “la più importante per l’Europa“.
Nonostante gli sforzi internazionali, la situazione della sicurezza nel Sahel rimane estremamente critica e si accompagna a livelli molto bassi di sviluppo umano. Nell’ultimo decennio, i gruppi jihadisti hanno costantemente accresciuto il loro potere, approfittando delle debolezze delle istituzioni nazionali.
Gli sviluppi politici esogeni ed endogeni all’inizio del 2022 puntano al disimpegno di Bruxelles dal Sahel e dal Mali in particolare. In primo luogo, i colpi di stato in Mali, Ciad e Burkina Faso hanno generato notevoli dilemmi diplomatici l’Ue. Poi, le tensioni diplomatiche tra il Mali e alcuni stati europei influenzano inevitabilmente l’approccio politico-diplomatico dell’Ue. Inoltre, la guerra in Ucraina ha aggravato la situazione europea e accelerato il disimpegno, mentre Mosca sta stabilendo rapporti di cooperazione militare sempre più stretti con Bamako. Anche la diffusione della minaccia jihadista verso il Golfo di Guinea portano a ripensare una visione troppo rigida e perimetrata nei cinque principali stati del Sahel.
Ue verso il disimpegno
I segnali vanno quindi nella direzione di un passo indietro, o almeno di lato, di Bruxelles, per quanto le dichiarazioni ufficiali non siano esplicite su questo. Ad esempio, Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha dichiarato in un’intervista che “se i governi di questi paesi compiono un’altra decisione oggi […], agiremo rispettando la loro volontà, senza dubbio a proposito”.
Un primo passo verso il progressivo disimpegno in realtà c’è già stato. A metà aprile, l’Ue ha interrotto parte della missione EUTM di addestramento delle forze armate e della guardia nazionale maliane per il fatto che “non ci sono sufficienti garanzie di sicurezza da parte delle autorità maliane sulla non interferenza del noto Gruppo Wagner” già sanzionato dall’Ue e accusato di violazioni dei diritti umani, come affermato dallo stesso Borrell.
Il progressivo disimpegno dei paesi europei
I problemi nella regione, infatti, sono soprattutto con il Mali. I colpi di stato di agosto 2020 e maggio 2021 hanno infatti destato preoccupazione a Bruxelles e in altre capitali occidentali. Alcuni dei soldati dietro ai colpi di stato sono stati addestrati nei paesi europei, dall’esercito americano e dall’EUTM che ha addestrato gran parte dell’esercito maliano.
In questo quadro, l’Ue potrebbe essere fortemente condizionata anche dalle scelte strategiche degli stati europei. La Germania sta discutendo proprio in questi giorni al Bundestag il ritiro del suo sostegno dall’EUTM (e anche dalla MINUSMA, la missione delle Nazioni Unite in Mali) vista la scadenza di entrambi i mandati a fine mese. La Danimarca ha ufficialmente ritirato le sue truppe in seguito alla richiesta in questo senso del governo di transizione maliano nonostante l’ex presidente Ibrahim Boubacar Keïta, rovesciato dai militari nel 2020, avesse acconsentito al dispiegamento danese.
La frattura Mali-Francia
Ma naturalmente la frattura più profonda si è consumata con la Francia. Il governo ad interim del Mali ha adottato un discorso populista antifrancese per emancipare le sue azioni dall’ex potere coloniale e, presumibilmente, in cerca di sostegno popolare. Il 31 gennaio il governo è arrivato al punto di chiedere che l’ambasciatore francese in Mali lasciasse il Paese entro 72 ore. Il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian ha reagito definendo apertamente le autorità maliane come “illegittime”. In precedenza, secondo alcune fonti, Bamako aspettava da più di cinque mesi che il suo ambasciatore venisse accreditato a Parigi.
In questo quadro di sentimento antifrancese e antioccidentale, il 17 febbraio 2022 il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato la sua decisione di ritirare tutte le truppe francesi ed europee dal Mali. Le forze francesi rimarranno nella regione ma avrebbero sede nel vicino Niger, da dove potrebbero aiutare altri paesi colpiti dall’attività jihadista.
La settimana scorsa, Bamako ha deciso anche formalmente di rinunciare a tre accordi che forniscono la base legale per le attività militari francesi in Mali accusando la Francia di violare la propria sovranità.
Il crescente impegno russo
La questione ancora più spinosa, però, è il rapporto di Bamako con Mosca e il dispiegamento del gruppo Wagner e dei suoi mercenari in Mali. Da gennaio 2022, infatti, i mercenari Wagner sono schierati nel Mali centrale, dove conducono pattugliamenti congiunti con l’esercito maliano.
La posizione diplomatica di Bruxelles è cambiata radicalmente con il coinvolgimento del gruppo Wagner in Mali. Già dalla fine di gennaio 2022, Borrell aveva sottolineato la “profonda preoccupazione dell’Ue per il confermato dispiegamento di mercenari russi in Mali e il grande pericolo che ciò rappresenta per le popolazioni civili. I metodi di questo gruppo sono incompatibili con i nostri sforzi collettivi in materia di sicurezza e sviluppo”, aveva detto l’Alto rappresentante. Infatti, il gruppo di sicurezza russo avrebbe commesso gravi violazioni dei diritti umani.
Secondo l’ufficio per i diritti umani della MINUSMA, l’esercito maliano e i mercenari Wagner sono responsabili della fossa comune scoperta all’inizio di marzo 2022 nel Nono Cercle, una suddivisione amministrativa della regione di Ségou in Mali. Poche settimane dopo, il 1 aprile, una dichiarazione del ministero della Difesa maliano affermava che dal 23 al 31 marzo l’esercito aveva ucciso 203 “terroristi” e ne aveva arrestati altri 51 a Moura, nel Mali centrale.
Tuttavia, un’indagine sul campo condotta da Human Rights Watch ha riportato dozzine di esecuzioni e ha descritto l’intervento militare come “la peggiore singola atrocità segnalata nel conflitto armato decennale del Mali”. Nonostante l’esercito maliano abbia negato ogni responsabilità, è probabile che le violazioni dei diritti umani rappresentino una questione centrale nei prossimi mesi come lo è stato per il Gruppo Wagner nella Repubblica Centrafricana.
Nel complesso, i colpi di stato, il disimpegno di vari paesi europei e la presenza e i metodi del Gruppo Wagner portano Bruxelles in un labirinto dal quale sembra destinato a uscire solo attraverso un progressivo disimpegno dal Sahel.
Foto di copertina EPA/HADAMA DIAKITE