Nonostante non sia tradizionalmente una delle aree di interesse primario della politica estera italiana, la macroregione dell’ “Indo-Pacifico” sta assumendo una priorità crescente per i policy-maker del nostro paese. I recenti incontri ai massimi livelli – specie quelli tra la Presidente del consiglio Giorgia Meloni e il Primo ministro dell’India Narendra Modi – segnalano una nuova consapevolezza dell’importanza di quella che è una delle regioni più dinamiche a livello globale da numerosi punti di vista.
Una nuova centralità per l’Indo-Pacifico
Dalla genesi del termine, fino alla formulazione delle diverse strategie nazionali, il concetto di Indo-Pacifico assume una connotazione non solo geografica, ma anche politica. Se la regione comprende certamente l’Asia meridionale e l’Oceania, nelle varie strategie nazionali il suo perimetro viene di volta in volta articolato fino ad abbracciare anche l’Asia orientale, gli Stati Uniti o persino parti dell’Africa. Ma l’Indo-Pacifico è soprattutto un costrutto politico, legato agli obiettivi dei singoli stati, e definibile attraverso la loro visione della regione. A una concezione incentrata sulla crescente competizione sino-americana se ne possono affiancare altre più focalizzate sul ruolo di attori regionali terzi, come l’India, portatori di una visione regionale autonoma. L’Unione europea ha a sua volta promosso un proprio specifico approccio, attraverso l’annuncio di una Strategia europea dedicata nel 2021.
Nell’Indo-Pacifico sono inoltre operative numerose organizzazioni multilaterali, di tipo economico e politico: non solo organizzazioni strutturate (prima fra tutte, l’ASEAN), ma anche formati più̀ flessibili, come nel caso delle forme di cooperazione “minilaterali” promosse dagli Stati Uniti. L’accresciuta importanza politica della regione è strettamente connessa con quella economica. L’Indo-Pacifico ospita infatti alcune delle economie che hanno contribuito maggiormente alla crescita globale negli ultimi decenni (non solo Cina e India, ma anche l’Indonesia), ed è cruciale per i traffici marittimi globali: lo stretto di Malacca è oggi uno degli stretti più trafficati al mondo.
In questo quadro, si inserisce una serie di rivalità e conflitti più o meno latenti che rendono l’Indo-Pacifico un teatro cruciale da un punto di vista strategico. Se è vero che le organizzazioni internazionali – non solo la già citata ASEAN, ma anche la SAARC o i numerosi fora costituiti da stati rivieraschi e insulari – già da molti anni offrono una cornice cooperativa strutturata, le rivalità tra attori interni alla regione – o esterni, come nel caso degli Stati Uniti e della loro “coesistenza competitiva” con la Cina – rendono il terreno più accidentato per iniziative diplomatiche di ogni sorta, dalla diplomazia più tradizionale a forme di collaborazione economica o soft power. È in questo contesto complesso e segnato da spinte ambivalenti che si inserisce l’azione della diplomazia italiana verso la regione.
Quale posto per la diplomazia italiana
Nel secondo dopoguerra, la posizione diplomatica italiana è stata espressione di una democrazia liberale, di un paese dalla forte tradizione euro-atlantica, ma anche di uno Stato con risorse limitate. A causa di questi vincoli, l’Indo-Pacifico non ha avuto storicamente un ruolo paragonabile a quello dei pilastri fondamentali della politica estera dell’Italia: l’integrazione europea, l’alleanza con gli Stati Uniti e lo sguardo verso il Mediterraneo, a cui si è associato il ruolo che l’Italia ha svolto a livello multilaterale, cercando di agire da “ponte” tra culture e stati diversi.
Nell’Indo-Pacifico, la diplomazia italiana è oggi senz’altro ben radicata: sono attive ben 15 Ambasciate, 11 Consolati e 14 Uffici commerciali. A dispetto di questa presenza significativa, e nonostante alcune importanti iniziative negli ultimi mesi, non è tuttavia ancora stata formulata una strategia nazionale per l’Indo-Pacifico, ma solo un documento programmatico che si propone come contributo italiano alla Strategia europea per la regione.
Nei confronti dell’Indo-Pacifico, la diplomazia italiana ha quindi portato avanti finora un’agenda incentrata sulla dimensione europea, in cui l’enfasi è stata posta soprattutto grandi temi, con un approccio inclusivo: concertazione multilaterale, tutela ambientale e prevenzione dei disastri naturali, rispetto del diritto internazionale. In parallelo, l’azione italiana si è orientata in maniera pragmatica a supportare la presenza delle aziende del nostro paese nei promettenti mercati della regione: non solo a livello di esportazioni ma anche di partecipazione ai grandi programmi industriali e di investimenti pubblici promossi dai governi regionali in settori come la difesa, l’energia e le infrastrutture. Emblematica a questo riguardo è la pubblicazione di report dedicati da parte delle ambasciate italiane in loco.
Ciò̀ implica, come corollario, un interesse italiano alla stabilità e alla sicurezza delle principali linee marittime nell’Indo-Pacifico, essenziali per il commercio. Anche qui l’approccio italiano si è inserito nella più ampia cornice europea: va segnalata, in particolare, l’operazione Atalanta, che vede le marine militari europee impegnate a pattugliare un’area compresa tra Mar Rosso, Golfo di Aden e Oceano Indiano. Dalla sicurezza di quest’area, direttamente contigua al bacino mediterraneo, passa la possibilità di un forte sviluppo diplomatico e di cooperazione da parte italiana verso la regione nei prossimi anni. Tale sforzo, probabilmente, sarà tanto più efficace quanto la tensione nella regione resterà moderata. Un approccio basato sulla diplomazia economica e multilaterale, infatti, risentirebbe pesantemente dell’acutizzarsi delle tensioni politiche nella regione.
foto di copertinaEPA/M.A.PUSHPA KUMARA