Si sta cogliendo il pericolo delle derive ideologiche e pseudo-religiose che sottendono alla guerra in Ucraina. In questa prospettiva va colta l’adozione delle sanzioni che hanno colpito il “chierichetto di Putin”, il patriarca Kirill che ha rinnegato la ricerca della pace e l’ecumenismo delle chiese cristiano-ortodosse.
Ma occorre domandarsi ancora come mai Lavrov, il capo della diplomazia russa, sia arrivato alle aberranti dichiarazioni antisemite. È bene dunque guardare con attenzione al processo che ha visto l’affermazione di ideologie pericolose, di impronta geopolitica, che in Russia si sono diffuse più di quanto sia ragionevole ipotizzare: l’eurasismo e la “nuova cronologia”. Per contrastarle, le democrazie non hanno che da contrapporvi l’unica ideologia universale, quella dei diritti umani.
Gli interrogativi sulle dichiarazioni di Lavrov
La notizia delle “scuse” che sarebbero state rese direttamente da Putin al premier israeliano Bennet è di per sé indicativa dell’enormità delle aberranti dichiarazioni antisemite rese dal ministro degli Esteri Lavrov. All’osservazione dell’intervistatore su quale tipo di “nazificazione” possa parlarsi in Ucraina se il suo Presidente è ebreo, il capo della diplomazia russa aveva risposto: “Non significa assolutamente nulla. Potrei sbagliarmi, ma Hitler aveva anche sangue ebraico. Il saggio popolo ebraico dice che i più ardenti antisemiti sono di solito ebrei. ‘La famiglia non è priva di un maniaco’, come diciamo noi”.
Occorre tuttavia interrogarsi su come mai una figura istituzionale così elevata sia arrivata a questo. Lo scenario dell’analisi allora deve aprirsi anche ad una prospettiva più ampia della politica internazionale, e spostarsi sul fronte di un’altra chiave interpretativa, quello dell’elemento ideologico, oggetto di analisi anche della “psicologia sociale”, un tratto distintivo dei periodi in cui spesso sono prevalsi istinti distruttivi. Un esempio emblematico è proprio il nazismo, ma si può parlare di questo anche con riferimento alle varie forme di terrorismo.
Ci si interroga perciò sulle dinamiche che avrebbero portato almeno il 57% dei russi a sostenere apertamente tutte le varie tesi del “complotto contro la Russia” e delle “colpe dell’Occidente”, anche per le morti e le distruzioni in Ucraina. E in questa ottica si comincia a valutare con più compiutezza la gravità dell’incidenza delle ideologie che, in varie componenti, sono state diffuse tra la popolazione russa per ricercarne il consenso.
Il mito della Russkiy Mir e l’eurasismo
La valutazione da cui partire è che il “mito imperiale” e l’idea della “Grande Russia”, che Putin ha propagandato nella mistificazione della sua guerra, non si rinvengono nella elaborazione di un personalissimo pot-pourri storico-culturale. Si tratta piuttosto di una precisa ed articolata elaborazione ideologica, che si identifica essenzialmente in una “concezione geopolitica”, cui si è voluto dare il nome di “neo-eurasiatismo” o “neo-euroasismo”.
Per gli studiosi che hanno una impostazione rigorosa della “teoria delle relazioni internazionali”, la “geopolitica” è una materia delicata, perché condizionata da un certo determinismo storico-geografico che ha concepito teorie come quelle dello “spazio vitale” o delle “faglie di frizione”, finendo per giustificare guerre e mire egemoniche. E queste conseguenze si rinvengono proprio nell’eurasismo.
Le origini della teoria si riconducono al rivoluzionario Konstantin Leont’ev, che nell’opera Vizantism i slavjanstvo (1875) sostenne l’idea che la civiltà russa è modellata sulla cultura bizantina, dove prevalgono come elementi fondativi l’autocrazia e il cristianesimo ortodosso. Nella cultura russa per Leont’ev non c’è spazio per il razionalismo e il liberalismo occidentali, e pertanto per l’Europa, in particolare per la Russia, il futuro è unirsi ai popoli dell’Asia, il continente dei bisogni spirituali dell’uomo.
Più recentemente il filosofo Aleksandr Dugin ha riproposto un “neo-eurasiatismo”” nel 1991, al crollo dell’Unione Sovietica, elaborando una “quarta via politica”, che supera le grandi ideologie storiche: il liberalismo, il comunismo e il fascismo. La nuova elaborazione propugna l’idea di riportare la Russia alla re-integrazione politica dei paesi postsovietici, nel quadro di una unione ideale tra Europa e Asia in funzione anti-americana.
Il revisionismo della “Nuova Cronologia”
Nell’ambito della dottrina di Dugin si è poi sviluppato un altro filone ideologico, che ha elaborato più specificamente il mainstream del “complotto dell’Occidente” contro la Russia, in un vero e proprio processo di rivisitazione della Storia, cui vanno ricondotte le tesi antisemite non solo di Lavrov. Si tratta della “Nuova Cronologia”, di cui ha parlato Elena Kostioukovitch in un saggio diventato un best seller. Le tesi sono quelle definite “pseudostoriche” del rivoluzionario Nikolaj Aleksandrovič Morozov (1854 – 1946), poi riprese da Anatolij Timofeevič Fomenko, un matematico e fisico russo nato nel 1945.
Per costoro la storia dell’umanità – inclusa quella sulle origini di Cristo, le cui vicende sarebbero avvenute in Turchia! – in realtà, non sarebbe che una colossale falsificazione, concepita nel sedicesimo secolo dai cronisti europei, a cominciare da Giuseppe Giusto Scaligero. Secondo Fomenko, la storia conosciuta è il risultato artefatto da “libri falsi, prodotti da conoscitori della calligrafia antica, con l’utilizzo di pergamene invecchiate e di inchiostri diluiti per farli sembrare pallidi, con l’apposizione di sigilli contraffatti”. Il progetto sarebbe ordito quindi dall’Occidente e dai Romanov, la “dinastia di veri impostori e falsari di stirpe tedesca”, per cancellare “il glorioso passato” dei russi, per inculcare loro un complesso di inferiorità che li avrebbe segnati sino ad oggi.
Conclusioni: “il Piano” e la sfida delle democrazie
Ma c’è un corollario: per la rinascita della Russkiy Mir, che comprende Russia, Bielorussia Ucraina, c’è “il Piano”, che porrà fine all’umiliazione del “grande popolo russo”, che per la profezia di Filoteo (1533 circa) sarà compiuto da un “eletto”, un nuovo Messia, il “Raccoglitore di tutte le terre russe”. Il 15 febbraio scorso Putin ha pronunciato una frase nel corso di una conferenza stampa: “Tutto procederà secondo il Piano”. Alle domande dei giornalisti a cosa si riferisse, ribadì enigmaticamente: “Il Piano, noi sappiamo qual è”. Su queste teorie deliranti in altri tempi ci sarebbe da sorridere, ma, purtroppo, i fatti dell’Ucraina inducono ad altri mesti pensieri.
Certamente il pericolo delle derive ideologiche è stato colto, come lo dimostra l’adozione delle ultime sanzioni che hanno colpito in maniera mirata il “chierichetto di Putin”, il patriarca Kirill che – secondo molti osservatori, anche per vili interessi economici personali – ha rinnegato la ricerca della pace, sacrificando l’ecumenismo e l’unità delle chiese cristiano-ortodosse pur di legittimare la guerra all’Ucraina.
Come contrastare allora tale preoccupante deriva, di cui le vittime principali sono la popolazione ucraina e gli stessi cittadini russi? È la sfida che, anche se lentamente e con non poche difficoltà, le democrazie debbono sostenere con la forza delle loro ideologie. E certamente ancora oggi quella più forte è quella universale che si poggia sul valore dei diritti umani.
Foto di copertina EPA/MIKHAIL METZEL / KREMLIN POOL / SPUTNIK