Le elezioni tedesche si preannunciavano come un potenziale fattore destabilizzante per l’intera Unione europea, sia a causa della certezza della fine dell’era Merkel, dopo 16 anni senza interruzioni alla guida del Paese, sia per l’incertezza sul risultato delle elezioni. Tuttavia, il sistema politico tedesco si è dimostrato resiliente. I negoziati in corso per la formazione del nuovo governo lasciano intuire che Berlino sarà ancora alla guida dell’integrazione europea.
È una buona notizia per l’Italia, a condizione che la Germania si impegni con altri Stati membri, oltre alla Francia, e alzi il livello della discussione sulle questioni di politica estera.
Per analizzare l’impatto del voto sul ruolo di Berlino nell’Unione europea, è necessario distinguere due aspetti: la fine del mandato di Angela Merkel e le prospettive del prossimo governo tedesco. Per quanto riguarda il primo, la cancelliera Merkel è stata in molti modi una forza unificatrice per l’Europa. Più volte ha aiutato a costruire il consenso nel Consiglio europeo tra i leader dei Paesi europei nordici e mediterranei, tra i membri fondatori e i Paesi che hanno raggiunto l’Unione nel 2004. L’esempio più recente è il negoziato per l’adozione del Next Generation EU. Merkel ha promosso anche l’accordo tra gli Stati membri dell’Ue su obiettivi comuni, come il lancio della Cooperazione strutturata permanente (Pesco) nel campo della difesa. Sembra improbabile che il nuovo cancelliere possa giocare lo stesso ruolo, con lo stesso livello di incisività, e alcuni stanno iniziando a guardare altrove – in particolare a Mario Draghi – per cercare un possibile erede.
Il primo ostacolo che deve essere superato è la formazione di una coalizione e l’accordo sul programma comune per i prossimi quattro anni. Gli osservatori, in Italia e altrove, erano inizialmente preoccupati dalla lentezza dei negoziati, che avrebbero paralizzato l’Ue in una fase cruciale, mettendo a rischio priorità quali la risposta alle conseguenze della crisi afghana e la ripresa dalla pandemia da Covid-19, e in vista di un possibile stallo alle elezioni francesi la prossima primavera.
Tuttavia, per ora sembra che nessuno dei partiti coinvolti nelle discussioni di coalizione – i socialdemocratici della Spd, i Verdi e i liberali della Fdp – abbia l’interesse a prolungare questo processo oltre Natale, anche se ciò implica un compromesso difficile su questioni che vanno dal salario minimo alla velocità della transizione energetica, fino alle relazioni con la Cina. Dal canto loro, l’Ue e i Paesi membri devono tenersi pronti ad affrontare le implicazioni politiche e istituzionali di una cosiddetta ”coalizione semaforo”, guidata dal leader della Spd Olaf Scholz.
Le conseguenze del dopo Merkel in Europa
A livello istituzionale, il Partito popolare europeo (Ppe), la più potente famiglia politica europea, perde un posto importante nel Consiglio europeo. Al Consiglio continueranno a sedere otto leader nazionali affiliati ai conservatori, contro i sette affiliati al Partito dei Socialisti Europei (Pse) e sei appartenenti all’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa (Alde). Il Ppe approfitterà anche del fatto che il prossimo presidente del Parlamento europeo arriverà dalle sue fila, in conformità con l’alternanza dei mandati tra i due più importanti partiti politici. Il Partito dei socialisti europei sarebbe dunque escluso da tutte le posizioni di vertice dell’Ue, anche se è la seconda forza politica in Europa, con la parziale compensazione del posto di Alto rappresentante, occupato da Josep Borrell.
La fine dell’epoca Merkel avrà conseguenze anche su Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione sta per perdere uno stretto alleato nel mezzo del suo mandato, dato il suo forte legame personale e politico con l’ex cancelliera Merkel. Ciò potrebbe portare a un consolidamento del legame tra la Commissione e la Francia per l’attuazione dell’Agenda strategica dell’Ue, ampliando così il margine di manovra di Parigi e rendendo più difficile per gli Stati membri come l’Italia esercitare un ruolo più significativo nella definizione delle priorità dell’Ue.
L’accordo di coalizione e l’assegnazione dei posti di governo avranno un impatto anche sulle politiche europee e italiane. Se il leader dell’Fdp Christian Lindner diventerà il prossimo ministro delle Finanze, la posizione della Germania sulla riforma delle regole fiscali dell’Ue probabilmente si indurirà e oscillerà a favore di un severo aggiustamento dei conti pubblici, dopo l’aumento senza precedenti dei debiti pubblici nazionali per far fronte alla pandemia da Covid-19. Questo va contro gli interessi dell’Italia, ma anche di altri Paesi come Francia e Spagna. Allo stesso tempo, Spd e Verdi potrebbero spingere per allentare le soglie di deficit e debito per investire in priorità sociali e verdi, più in linea con la posizione dell’Italia. La cancelleria di Scholz è rassicurante per gli stakeholder italiani, soprattutto per il suo ruolo centrale nelle trattative che hanno portato all’adozione di Next Generation EU, di cui l’Italia è il primo beneficiario. Dal suo punto di vista, Scholz vede in Mario Draghi un garante per un governo collaborativo europeista a Roma e un leader forte per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e le relative riforme.
Fdp e Verdi hanno anche insistito sulla necessità di condurre una politica estera più basata sui valori. Molti si aspettano che il nuovo governo adotti una posizione più assertiva nei confronti di Cina e Russia sulla promozione del rispetto dei diritti umani.
La posizione di Roma
L’Italia, dal canto suo, è saldamente ancorata al legame transatlantico; una posizione meno accomodante verso Cina e Russia da parte della Germania sarebbe utile in quanto aiuterebbe l’Europa a rafforzare l’alleanza transatlantica, che è stata influenzata negativamente sia dall’iniziativa di negoziare un accordo sugli investimenti Ue-Cina sotto la presidenza tedesca del Consiglio dell’Ue sia dal progetto di gasdotto Nord Stream 2. Allo stesso tempo, l’Italia non sarebbe favorevole a uno scontro frontale con Pechino e Mosca, né a una posizione intransigente sugli accordi internazionali di libero scambio, come sembra suggerire, ad esempio, la lotta dei Verdi contro l’accordo Ue-Mercosur.
Tutti i partiti della “coalizione semaforo” si sono detti a favore di un’Unione della difesa e di un esercito europeo, ma la loro posizione sul livello dell’impegno della Germania nelle spese per la difesa e nella partecipazione alle operazioni militari europee non è chiara. L’Italia trarrebbe vantaggio da un approccio più proattivo della Germania in materia di difesa. Servirebbe da contrappeso per la leadership francese e anche da innesco per stabilire un nucleo centrale di Stati membri disposti e in grado di compiere ulteriori passi nello sviluppo delle capacità di difesa europee.
Tutte le forze politiche tedesche hanno confermato la loro ferma posizione pro-europea e il loro impegno a rafforzare le istituzioni dell’UE, con l’unica eccezione dell’Afd, partito di estrema destra. Vista da Roma, quindi, la situazione attuale non comporta grandi rischi per l’Ue e si pensa che Berlino rimarrà un elemento chiave del motore franco-tedesco a favore dell’integrazione europea. Abbiamo sperimentato gli aspetti negativi della Germania come attore dominante durante la crisi economica e finanziaria del 2008-2011 e la successiva crisi dell’euro; e quelli di Berlino come egemone reticente in materia di politica estera.
Lo scenario migliore per i prossimi quattro anni sarebbe una Germania rinnovata che agisca da volano per l’Ue, sia internamente, promuovendo il processo di integrazione in modo inclusivo, sia esternamente, rendendo l’Europa un attore più efficace sulla scena globale.
Traduzione dall’originale in inglese, pubblicato come Commentary dallo European Policy Centre di Bruxelles, a cura di Emanuela Colaci