Nonostante l’importanza economica dell’Italia, terza economia dell’Eurozona e membro fondatore del G7 e della NATO, il Paese ha faticato a tradurre il suopotere economico in influenza politica. Tuttavia, con l’ascesa di Giorgia Meloni, l’approccio italiano in politica estera sembra evolvere. In effetti, sin dall’inizio del suo mandato, Meloni ha mostrato un approccio audace nel ridisegnare lo status internazionale dell’Italia, soprattutto nel Mediterraneo e in Nord Africa.
Il Piano Mattei per l’Africa
Meloni ha inquadrato la sua diplomazia mediterranea nell’ambito di un’iniziativa più ampia, denominata “Piano Mattei per l’Africa” che, prendendo il nome dal fondatore dell’Eni Enrico Mattei, sembra avere l’obiettivo di incoraggiare un approccio olistico nei confronti dei Paesi africani di interesse per l’Italia. Inoltre, il piano mira a trasformare l’Italia in un hub energetico tra il Nord Africa e l’Europa. Attraverso la costruzione di nuovi gasdotti, l’Italia diventerebbe un esportatore di gas naturale e di idrogeno verso Paesi come la Germania e l’Austria e la porta d’accesso che collega il Nord Africa ai Paesi dell’Europa centrale e settentrionale. Dato il ruolo vitale dell’Europa per il commercio nordafricano, questi accordi potrebbero diventare cruciali per garantire guadagni strategici a lungo termine per entrambe le sponde del Mediterraneo.
I dettagli del Piano Mattei non sono stati resi noti. Si teme che la sua vera natura sia semplicemente legata all’obiettivo di contenere l’immigrazione irregolare in Italia. In effetti, la posizione di Meloni sulla migrazione è da tempo un argomento controverso in Italia, e le ha procurato critiche da parte da diversi segmenti dell’opinione pubblica.
L’ombra della questione migratoria
È attraverso questa lente che la comunità internazionale dovrebbe considerare la diplomazia proattiva della presidente del Consiglio italiana in Nord Africa. Accanto alle priorità energetiche ed economiche, la questione della migrazione irregolare è sempre riuscita a insinuarsi silenziosamente nell’agenda politica.
Per quanto riguarda la Libia, Meloni ha discusso a lungo della questione sia con Haftar che con Dbeibeh, e l’Italia ha recentemente donato cinque navi alla guardia costiera libica di Tripoli per migliorare le operazioni di sicurezza nel Mediterraneo. In Tunisia, Meloni ha evitato di rilasciare dichiarazioni pubbliche sulle inversioni di rotta del presidente Kais Saied circa la fragile transizione democratica del Paese nordafricano. Invece, durante la sua visita in Tunisia con von der Leyen e Rutte, i tre leader europei hanno annunciato lo stanziamento immediato di 105 milioni di euro per assistere la guardia costiera e la polizia di frontiera tunisine.
La reale volontà di contribuire attraverso il Piano Mattei ad alleviare la povertà e lo sfruttamento in Africa attraverso approcci globali e olistici rimane ancora da vedere, ma la Tunisia potrebbe essere la chiave di questo verdetto.
Infatti, la vera cartina tornasole del Piano Mattei per l’Africa è la situazione in continua evoluzione della Tunisia, un tempo considerata l’unico caso di successo della democrazia scaturita dalla cosiddetta Primavera araba. Le élite post-rivoluzione in Tunisia non hanno operato con successo nella gestione dell’economia o dello sviluppo sociale del Paese, portandolo di fatto sull’orlo del collasso alla fine del 2018. La delegittimazione della classe politica è diventata evidente nelle elezioni presidenziali del 2021, quando la grande maggioranza ha votato per l’outsider e relativamente sconosciuto professore di diritto costituzionale Kais Saied e per il suo programma di rinnovamento dello Stato e di lotta alla corruzione.
Nel luglio 2023, il numero di migranti irregolari, per lo più di origine non tunisina, che raggiungono le coste italiane è quasi triplicato. La Tunisia, nel frattempo, ha gradualmente sostituito la Libia come principale punto di partenza per i migranti che cercano di raggiungere l’Europa attraverso l’Italia. Per affrontare questa situazione, il governo Meloni ha replicato i tentativi del passato di affrontare la migrazione illegale: ha riproposto il classico approccio transazionale che prevede la fornitura di risorse alle autorità nordafricane in cambio della repressione dei trafficanti che facilitano gli attraversamenti illegali.
Tuttavia, le precedenti politiche italiane, come quelle adottate in Libia dal 2017, si sono dimostrate inefficaci. In definitiva, hanno dato potere ai trafficanti e ai loro associati all’interno delle forze di sicurezza nordafricane, senza risolvere la questione degli attraversamenti dei migranti e danneggiando gravemente la credibilità morale italiana ed europea. La mancanza di una governance efficace in Libia ha permesso ai trafficanti di sfruttare la situazione e continuare le loro attività estorcendo denaro al governo. Inoltre, i migranti che sono stati rimpatriati in Libia hanno dovuto sopportare spesso condizioni dure, tra cui la detenzione, lo sfruttamento e gli abusi nelle strutture libiche. Queste condizioni, di conseguenza, hanno spinto i migranti a tentare nuovamente il pericoloso viaggio, perpetuando un ciclo di contrabbando e migrazione irregolare.
Conclusioni
Affinché la visione di Giorgia Meloni di un “modello virtuoso di collaborazione e crescita” tra l’Ue e i Paesi africani abbia successo, il destino della Tunisia sarà decisivo. Affrontare la questione migratoria richiede soluzioni globali che affrontino le cause profonde della migrazione: povertà, conflitti e mancanza di opportunità. In caso contrario, potrebbe verificarsi una grave crisi migratoria, che nessun finanziamento della guardia costiera potrà scongiurare.
Foto di copertina ANSA/CHIGI PALACE PRESS OFFICE/FILIPPO ATTILI