I tre documenti strategici approvati dal governo Kishida lo scorso 16 dicembre potrebbero rivoluzionare la politica estera e di sicurezza del Giappone. I documenti in questione sono la nuova Strategia per la sicurezza nazionale (Nss), il documento chiave che sostituisce la prima strategia del 2013; i Criteri guida per il programma di difesa nazionale (Ndpg), che definiscono la politica di difesa; un Piano nazionale di potenziamento delle capacità difensive nazionali (Ndcep), che illustra nel dettaglio lo sviluppo di capacità militari negli anni a venire.
Nuove strategie per nuove minacce globali
Con l’intensificarsi delle rivalità egemoniche sino-americane e nel mezzo della guerra russa contro l’Ucraina, molti attori politici si sono dotati di nuove strategie per la sicurezza e la difesa nazionale nel 2022. Ad esempio, l’Unione Europea e la Nato hanno stabilito, rispettivamente, la Bussola strategica e il nuovo Concetto strategico Nato. Il Giappone si inserisce nel trend, come rimarcato dal ministro degli Esteri Hayashi Yoshimasa in un comunicato: “La comunità internazionale confronta sfide che definiscono un’era, le fondamenta stesse dell’ordine internazionale sono sotto attacco. [Il] Giappone si trova nel bel mezzo del più grave e complesso contesto securitario dal dopoguerra.”
La complementarità dei diversi documenti risalta all’occhio. Più sottilmente, la sinergia degli stessi con la Strategia per la sicurezza nazionale, la Strategia per la difesa nazionale e la Nuclear Posture Review degli Stati Uniti – anche questi usciti in contemporanea, e con soli due mesi di anticipo rispetto ai documenti strategici nipponici – sottende un coordinamento tra i due alleati. Tokyo riprende il registro linguistico di Washington nel definire la postura esterna e militare della Cina come “la più grande sfida strategica per la pace e la sicurezza del Paese”, senza dimenticare riferimenti alla minaccia nord coreana e alle attività della Russia, “fonte di forti preoccupazioni nel campo della sicurezza”. Le politiche di bilanciamento della Cina rimangono però centrali e si riferiscono allo scacchiere militare, diplomatico, se non addirittura tecno-economico, come rimarcato dalla NSS, di fatto una grande strategia del Giappone.
La linea comune con Washington
Specificatamente al coordinamento con Washington, i tre documenti fanno eco all’enfasi dell’amministrazione Biden sulla cosiddetta “deterrenza integrata”, un concetto che comprende il coordinamento tra le diverse forze armate, la capacità di combattere in diversi domini, il coordinamento c.d. “whole-of-government” e possibilmente la pianificazione strategica congiunta e le operazioni militari con gli alleati. La priorità data da Washington e dal Giappone alla sfida della Cina ha messo l’alleanza transpacifica al centro di tali sforzi, anche sul fronte economico.
La dotazione di capacità offensive, ovvero a missili di breve e media gittata, rappresenta l’evoluzione più significativa. Il riferimento testimonia inoltre la sinergia tra gli alleati trans-pacifici poiché si tratterà di missili americani quindi giapponesi, che dipenderanno di fatto dall’intelligence e dal supporto americano per essere pienamente funzionali. Tale dispiegamento si inserisce nella strategia Usa di potenziare le capacità asimmetriche lungo la prima catena di isole che si affacciano sulla Cina, a scopo deterrente (se non come strumento di diplomazia coercitiva) nei confronti di Pechino. Altri elementi degni di nota riguardano i riferimenti alla resilienza e alla necessità di potenziare le capacità cyber, quest’ultime da portare a standard Nato per favorire anche e soprattutto l’integrazione con l’alleato e i paesi like-minded.
Altri elementi importanti sono costituiti dall’incremento della spesa militare nei cinque anni a venire dai correnti 26 mila miliardi di yen (ca. 190 miliardi di dollari USA) a 43 mila miliardi di yen (ca. 314 miliardi di dollari). Una buona metà dell’incremento di spesa è di facciata e mirato ad includere voci di bilancio prima escluse nel conteggio della spesa militare, per raggiungere lo standard del 2% di spesa su Pil. Di contro, la spesa militare verrà effettivamente incrementata per potenziare la difesa nipponica su molteplici fronti, inclusi quelli menzionati sopra ed il dispiegamento di droni aerei e subacquei. Per favorire la sostenibilità di tali spese il governo giapponese faciliterà ulteriormente le esportazioni nel comparto della difesa, rimuovendo ulteriori paletti e, soprattutto, favorendo Ricerca & Sviluppo e le collaborazioni internazionali. È in tale contesto che si deve inquadrare il progetto nippo-britannico-italiano volto alla creazione di un caccia da combattimento di nuova generazione, e la progressiva securitizzazione degli aiuti allo sviluppo, che muoveranno maggiormente da dettami economici e strategici e saranno confermati dalla nuova Development Charter, che verrà presentata a inizio 2023.
Taiwan e la potenziale minaccia cinese
L’aggressione della Russia all’Ucraina ha facilitato i drammatici cambiamenti contenuti nei documenti strategici sopra-elencati, poiché un Giappone che invecchia e la cui influenza è destinata a restringersi può essere particolarmente preoccupato dall’emergere di un ordine internazionale sempre più definito dalla logica della ‘legge della giungla’. Ma il focus del Giappone rimane la Cina. Del resto, nell’edizione 2022 del Libro Bianco della Difesa, Tokyo ha sottolineato che: “La stabilità della situazione intorno a Taiwan è anch’essa cruciale per la sicurezza del Giappone e deve essere monitorata da vicino con un senso di urgenza, cooperando al contempo con la comunità internazionale, sulla base del riconoscimento che i cambiamenti dello status quo tramite coercizione sono sfide condivise a livello globale.”
Il parallelismo tra la situazione in Ucraina e la potenziale invasione di Taiwan nel corso del 2022, amplificato da organi di governo sia sul fronte interno che internazionale, è servito anche a legittimare cambiamenti ai quali l’establishment sulla sicurezza nazionale operante dietro Kishida aspirava da tempo. Del resto, il governo del Giappone, insieme agli Stati Uniti, ha insistito molto – forse anche in maniera controproducente alla stabilità attorno allo Stretto, a parere di chi scrive – sulla potenziale minaccia cinese nei confronti di Taiwan a partire dal 2020-21. I tre documenti strategici in qualche modo capitalizzano sul comune sentire dell’opinione pubblica che i tempi siano cambiati per legittimare e favorire quella che a tutti gli effetti è una eredità degli anni di governo di Abe Shinzo: quella di rendere il Giappone una grande potenza capace di usare appieno gli strumenti a sua disposizione, incluso quello militare.
Foto di copertina EPA/DAVID MAREUIL / POOL