Durante i governi del conservatore Mariano Rajoy (2011-18) la Spagna era scomparsa dai radar internazionali. La policrisi dello scorso decennio – economica, politica, istituzionale e territoriale, con le spinte secessioniste catalane – aveva agevolato la chiusura su se stesso del Paese, impegnato nella risoluzione delle questioni interne. Con il ritorno dei socialisti al palazzo della Moncloa nel 2018, il paese iberico ha puntato nuovamente sulla politica estera con la volontà di presentarsi come uno “stato pivot” che potrebbe giocare un ruolo importante nel prossimo futuro. La Strategia di Azione Estera 2021-24 del governo spagnolo lo sintetizza piuttosto bene. E il fatto che l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri sia proprio il socialista Josep Borrell, ministro degli Esteri nel primo governo Sánchez, non è un caso.
I tre assi di Madrid
Fin dall’inizio, infatti, l’esecutivo guidato da Pedro Sánchez si è proposto come testa di ponte europea in America Latina, ricucendo relazioni poco coltivate nel decennio precedente. Durante la pandemia, poi, Madrid ha giocato di sponda con Roma e Parigi per convincere Bruxelles ad approvare il Next Generation EU, di cui la Spagna è il secondo beneficiario dopo l’Italia. E nell’ultimo anno, con l’invasione russa dell’Ucraina e la conseguente crisi energetica, Madrid non ha perso tempo, muovendosi principalmente su tre assi.
Da una parte, e nonostate le tensioni interne alla coalizione di governo tra i socialisti e Unidas Podemos, non ha tentennato nell’appoggio a Kyiv, mantenendo una chiara linea atlantista e rinsaldando l’asse con Washington. L’organizzazione del summit della Nato a Madrid il giugno scorso è stato, se si vuole, la consacrazione di questo lavoro. Dall’altra, si è proposta come hub energetico europeo, potendo contare sulla non dipendenza dal gas russo e sui sei rigassificatori attivi sulle coste spagnole, che coprirebbero il 30% del fabbisogno Ue. Infine, ha rafforzato il suo ruolo proattivo all’interno dell’Unione, non solo ottenendo, insieme al Portogallo, vantaggi di non poco conto come il price cap sull’energia elettrica – la cosiddetta eccezione iberica – che ha permesso di riportare l’inflazione ai livelli più bassi tra i paesi UE, ma rinsaldando anche le relazioni con Parigi e Berlino.
Il ruolo strategico dei rigassificatori
Questi tre assi si intersecano ovviamente tra loro. I rapporti con la Germania sono probabilmente i migliori di sempre. Ad agosto Schölz invitò Sánchez a partecipare ad una riunione del governo federale nel castello di Moseberg. Sia a Berlino che a Madrid, infatti, interessava la costruzione del MidCat, un gasdotto, i cui lavori sono stati interrotti nel 2019 per l’impatto ambientale e lo scarso interesse economico, che collegherebbe la penisola iberica con il centro del continente riducendo sensibilmente la dipendenza tedesca dal gas russo. Ad ottobre, poi, si è tenuto a La Coruña un summit ispano-germanico in cui si è firmato un piano di azione congiunta tra i due paesi: Sánchez, en passant, ha dato il suo imprimatur al piano di sussidi tedesco di 200 miliardi di euro. L’asse Madrid-Berlino, insomma, è saldo.
La mossa non è piaciuta molto a Parigi. La relazione personale tra Sánchez e Macron è ottima, ma gli interessi franco-spagnoli non sempre coincidono, soprattuto se di mezzo c’è la Germania. Solo durante il summit euromediterraneo tenutosi a dicembre ad Alicante si è trovato un accordo tra Parigi – contraria alla costruzione del MidCat –, Madrid e Lisbona per sbloccare la situazione. Lì è nato il progetto dell’H2Med, connessione sottomarina tra Barcellona e Marsiglia per il trasporto dell’idrogeno verde, dichiarato di interesse comune dell’UE e finanziato al 50% con fondi europei.
L’accordo ha favorito un’accelerazione nelle relazioni franco-spagnole concretizzatasi nel trattato di Barcellona, un accordo di amicizia e cooperazione tra i due paesi sul modello di quelli dell’Eliseo e del Quirinale con la Germania e l’Italia. Tra le molte derivate del trattato, oltre a misure simboliche come l’organizzazione di un summit bilaterale annuale, interessa qui sottolineare la volontà di Madrid e Parigi di stabilire una posizione comune in ambito europeo e di risolvere il problema delle interconnessioni, dando priorità a quelle energetiche. Da qui la stretta relazione con il progetto H2Med, ma anche le connessioni elettriche che si realizzeranno nel golfo di Biscaia e nel Pireneo basco-navarro. Macron, in sintesi, ha voluto bilanciare l’asse ispano-tedesco.
Il complicato puzzle del nord Africa
C’è un ultimo tassello da aggiungere per completare questo mosaico: il nord Africa. E qui è sicuramente dove la diplomazia spagnola ha avuto i maggiori grattacapi. Nella primavera del 2021 il ricovero in un ospedale di Logroño del leader del Fronte Polisario Brahim Gali aveva aperto una crisi diplomatica con il Marocco, il cui climax si era toccato a maggio con “l’assalto” di migliaia di migranti alla recinzione dell’exclave spagnola di Ceuta. Nell’ultimo anno Madrid ha lavorato per ricucire le relazioni con quello che è a tutti gli effetti un partner strategico. A marzo del 2022 il premier spagnolo si è accodato a Stati Uniti e Germania dichiarandosi a favore del piano marocchino per l’autonomia del Sahara Occidentale. Il mese successivo è volato a Rabat per incontrarsi con re Mohammed VI.
I risultati sono evidenti: le relazioni commerciali sono migliorate notevolmente – la Spagna è il primo partner commerciale per il paese nordafricano; il Marocco è il nono per la Spagna – e la pressione migratoria nel Mediterraneo Occidentale e nelle Canarie è calata di quasi il 30% rispetto al 2021, quando nelle altre rotte è aumentata tra il 50 e il 136% secondo Frontex. La ciliegina sulla torta è stata la riunione di alto livello tra i due governi tenutasi a Rabat lo scorso 1 e 2 febbraio che ha portato alla firma di una ventina di accordi di cooperazione. Non è un caso che per evitare imprevisti dell’ultim’ora i deputati socialisti spagnoli abbiano votato nel Parlamento europeo contro una risoluzione critica con il Marocco dopo il Qatargate.
Tutto rose e fiori? Ovviamente no. Lo sforzo per ricucire le relazioni con Rabat ha causato una crisi con Algeri, principale protettore della causa saharawi, che la primavera scorsa ha richiamato il suo ambasciatore a Madrid. Il risultato? Il primo fornitore di gas della Spagna non è più l’Algeria, ma gli Stati Uniti. E qui torniamo all’importanza cruciale dei rigassificatori da leggersi anche in controluce con la strategia statunitense nel contesto della guerra in Ucrania.
A luglio inizierà la presidenza di turno spagnola del Consiglio dell’Ue. Sánchez, eletto recentemente presidente dell’Internazionale Socialista, si giocherà molto in un anno elettorale per eccellenza. A maggio si vota per le amministrative e a dicembre ci saranno le politiche. Ciò non toglie che dopo anni di assenza dalla scena internazionale, la Spagna ha deciso di giocare la sua partita. E, per ora, il bilancio è positivo.
Foto di copertina EPA/STEPHANIE LECOCQ