Oltre ad esercitare il diritto di difendere militarmente l’integrità territoriale del suo paese, il presidente Zelensky, nel suo recente intervento al Consiglio di Sicurezza, ha cercato di resistere all’aggressione russa ricorrendo anche all’arma legale. Lo sforzo è ammirevole pioché tutti sanno- e lo sa benissimo anche Zelensky – che superare gli ostacoli di fondo che impediscono all’ONU di operare efficacemente è quasi una missione impossibile.
Ripensare il Consiglio di Sicurezza
Il primo ostacolo è quello di sempre: il Consiglio di Sicurezza è istituzionalmente paralizzato ogni volta che sono presi di mira gli interessi di uno dei suoi cinque membri permanenti (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti)che dispongono del potere di veto. Per superare tale ostacolo Zelensky propone anzitutto che, nel caso di atrocità di massa, un membro permanente dovrebbe “sospendere volontariamente” il proprio potere di veto. In alternativa egli evoca una sospensione dal Consiglio di Sicurezza durante il periodo dell’ aggressione. Egli stesso riconosce tuttavia che la Russia non farà mai né l’uno né l’altro.
Zelensky propone allora che l’Assemblea Generale dell’ONU si sostituisca al Consiglio di Sicurezza nell’adottare, con una maggioranza qualificata di due terzi,misure giuridicamente vincolanti.Non è una proposta nuova;essa ricorda la risoluzione Uniting for Peace che permise nel 1950 agli Stati Uniti di intervenire nella guerra di Corea sotto l’egida dell’ONU. Le risoluzioni Uniting for Peace, più volte utilizzate successivamente,hanno in realtà solo permesso di riunire sedute di emergenza dell’ Assemblea Generale ma non di sostituirsi Consiglio di Sicurezza.Le recenti risoluzioni dell’Assemblea Generale sul ritiro delle forze russe sono state adottate con una schiacciante maggioranza ai sensi della prassi Uniting for Peace.
La sospensione dal potere di veto prevista dal presidente ucraino non è comunque contemplata dalla Carta dell’ONU ma quest’ultima prevede invece una misura assai più drastica che non viene citata dal leader ucraino: la vera e propria espulsione da parte dell’ Assemblea Generale di uno stato nel caso di una violazione persistente di uno dei principi cui si ispira la carta dell’ONU.Tra tali principi figura espressamente la rinuncia alla minaccia e all’uso della forza contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di ciascuno stato. Questa procedura è tuttavia subordinata ad una “raccomandazione” del Consiglio di Sicurezza che secondo l’interpretazione dei “grandi” sarebbe subordinata anch’essa al potere di veto.
Russia: un seggio illegale?
Zelensky rileva infine l’illegalità del seggio permanente russo nel Consiglio di Sicurezza. Il fatto che la Federazione russa abbia ereditato il seggio permanente dell’Unione Sovietica non viene di norma contestato. Tuttavia nella Carta delle Nazioni Unite figura a tutt’oggi , come membro permanente del CDS, il nome dell’ Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche mentre l’attuale Federazione Russa non è più né unione, né sovietica e neppure socialista.
Tutti sanno che la via legale per trovare una soluzione alla crisi ucraina è tutta in salita anche perché ad opporvisi non vi è solo la Russia ma anche i rimanenti membri permanenti che non hanno nessuna intenzione di rinunciare ai privilegi acquisiti. Ma nessuno in buona fede può pretendere ancora oggi che uno stato accusato di violazione dei principi dell’ONU sieda nei suoi banchi come imputato e,al tempo stesso,come membro della giuria dotato per di più del potere di veto. Ne va della credibiltà dell’intera Organizzazione.
Foto di copertina EPA/JUSTIN LANE