La politica guatemalteca è stata recentemente scossa dalla vittoria dell’attivista anti-corruzione Bernardo Arévalo de León, che ha portato un nuovo spirito di speranza in un paese afflitto da alti livelli di povertà, corruzione e violenza criminale. Tuttavia, il risultato delle elezioni è oggetto di contestazione da parte di un establishment politico ed economico riluttante a cedere il potere.
I tentativi delle autorità giudiziarie di impedire ad Arévalo e ai membri del suo partito di assumere il potere hanno suscitato preoccupazioni nazionali ed internazionali che il Guatemala possa unirsi alla crescente lista di paesi dell’America Latina che stanno retrocedendo nei loro standard democratici. L’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), un organismo regionale che ha dimostrato di non essere in grado di risolvere le crisi politiche nell’emisfero, e anzi talvolta addirittura le ha acuite, è tornata alla ribalta come forum politico in cui coordinare una risposta regionale. Il caso guatemalteco risolleverà le sorti dell’OSA e la pressione internazionale sarà sufficiente a salvaguardare la democrazia nel paese?
I tentativi di squalificare Arévalo
Il risultato delle elezioni in Guatemala può essere in gran parte spiegato dalla crescente insoddisfazione popolare verso un sistema politico che non ha saputo risolvere i problemi di povertà, insicurezza e mancanza di servizi infrastrutturali adeguati. A questa va però sommata l’esclusione di tre candidati popolari percepiti come anti-sistema per presunte irregolarità nella loro iscrizione o in quella dei loro partiti, che ha infatti canalizzato il voto di protesta sull’unico candidato rimasto percepito come esterno al sistema. Bernardo Arévalo de León, candidato di un piccolo partito chiamato Semilla, che era al di sotto del 3% nei sondaggi prima del primo turno elettorale ed ha ottenuto quasi il 60% dei voti nel ballottaggio contro l’ex first lady Sandra Torres del partito UNE. Semilla ha anche ottenuto anche 23 seggi nel Congresso, più del triplo rispetto alle elezioni del 2019.
Il risultato inaspettato di Semilla ha scatenato la reazione delle stesse forze che avevano cercato di indirizzare il voto verso candidati meno pericolosi e che ora stanno presentando una serie di ricorsi legali finalizzati a squalificare il partito del presidente eletto e minare la credibilità delle elezioni.
Le accuse contro Semilla si incentrano sulla presunta raccolta di firme false nel momento della sua creazione, che ne cancellerebbero lo status di partito legittimo. Di conseguenza, mentre Arévalo è stato confermato presidente eletto, le autorità elettorali hanno inizialmente accolto la richiesta di un giudice d’invalidare il partito, occasione colta al balzo dal Congresso attuale per privare i deputati di Semilla eletti nelle elezioni del 2019 – compreso lo stesso Arévalo – dei loro seggi. La sospensione del partito potrebbe ridurre la capacità di Arévalo di definire l’agenda legislativa, già piuttosto limitata, dato che Semilla ha ottenuto solo 23 seggi su 160.
Parallelamente, vari partiti, in particolare quello della sconfitta Torres, hanno denunciato una presunta frode già dal primo turno, mettendo in dubbio le conclusioni delle missioni di osservazione nazionali ed internazionali, che non avevano segnalato particolari irregolarità. Anche dopo il ballottaggio, e nonostante il margine inequivocabile che la separa da Arévalo, Torres ha rifiutato di concedere la vittoria.
L’ufficio del procuratore generale Consuelo Porras ha accusato di abuso di potere i magistrati del Tribunale Supremo Elettorale che hanno certificato i risultati, e ha recentemente ordinato l’irruzione dei pubblici ministeri negli stabilimenti dove erano conservate le urne elettorali, aprendone 160, un’azione che le autorità elettorali hanno considerato illegale. Dopo la retata dei pubblici ministeri, Arévalo ha deciso di interrompere la transizione fino a quando il procuratore generale non si dimetterà e cesserà la persecuzione politica.
Sdegno nazionale ed internazionale
I tentativi di respingere la volontà di cambiamento degli elettori guatemaltechi hanno scatenato varie proteste pubbliche nel paese, e non sono passati inosservati nell’arena internazionale. Il Consiglio Permanente dell’OSA ha discusso la situazione in Guatemala e ha incaricato il Segretario Generale di monitorare da vicino la situazione durante la transizione. Quest’ultimo ha avvertito che la sospensione di Semilla è una violazione del diritto a un processo giusto che il Guatemala, facente parte del sistema interamericano, è tenuto a rispettare. Anche rappresentanti del governo degli Stati Uniti, dal presidente Biden a un gruppo bipartisan di membri del Congresso, hanno ribadito sia in privato che in pubblico le loro preoccupazioni e hanno esortato le autorità giudiziarie guatemalteche a smettere di minare la democrazia del paese.
Queste pressioni nazionali ed internazionali potrebbero aver contribuito, insieme all’arbitrarietà evidente delle misure giudiziarie finora adottate, a creare alcune pressioni nell’establishment. Il Tribunale Supremo Elettorale, complice in un primo momento per aver autorizzato l’esclusione dei candidati, è ora diventato uno strenuo difensore dei risultati elettorali. Due ministri (Economia ed Energia e Mineraria) hanno rassegnato le dimissioni, mentre alcuni politici di varie fazioni hanno denunciato l’ostruzionismo contro Semilla. In particolare, alcune camere del settore privato e persino la più grande confederazione d’imprese del paese, conosciuta come CACIF, hanno emesso dichiarazioni pubbliche in difesa dell’integrità del voto e hanno chiesto alle istituzioni di permettere al processo elettorale di giungere a compimento.
In questo contesto, il presidente Giammattei sembra mantenere un’attitudine da doppiogiochista. In pubblico, ha aperto la porta ad Arévalo per una transizione ordinata, invitando il Segretario Generale dell’OSA Luis Almagro ad accompagnare il processo. Allo stesso tempo, però, è rimasto in silenzio sulla persecuzione politica di Semilla da parte del potere giudiziario e del legislativo.
Mantenere il Guatemala sotto i riflettori
Sebbene la vittoria di Arévalo sembri difficile da ribaltare in questa fase, non si può escludere completamente finché tutte le accuse di frode non saranno respinte e la transizione alla nuova amministrazione sarà completata a gennaio 2024. Dall’altra parte, le cause contro Semilla sono destinati ad avanzare, a meno che non siano denunciati come persecuzione politica dalla più ampia gamma di settori del paese.
Una sostenuta pressione internazionale potrebbe contribuire a prevenirlo. Il compito è particolarmente delicato per l’OSA, la cui legittimità è stata compromessa dalla sua incapacità di elaborare una risposta coordinata, secondo alcuni per colpa di una certa faziosità politica, ad alcune delle crisi politiche ed elettorali che hanno colpito la regione negli ultimi anni, in particolare in Nicaragua, Venezuela e Bolivia. Il Guatemala offre l’opportunità all’OSA di sanare questa percezione e riposizionarsi come il forum regionale più adatto per affrontare le crisi derivanti da violazioni dei principi sanciti nella Carta Democratica Interamericana.
Per farlo, tuttavia, i governi regionali dovranno concordare i costi che gli attori che cercano di rovesciare le elezioni potrebbero affrontare, includendo la riduzione della cooperazione con le autorità giudiziarie e, se si impedisse ad Arévalo di entrare in carica, l’attivazione della clausola democratica della Carta democratica Interamericana, che potrebbe portare alla sospensione del Guatemala dall’OSA. Monitorare la situazione a intermittenza o limitarsi a semplici pronunciamenti potrebbe non solo non frenare le azioni giudiziarie, creando così un pericoloso precedente nel paese, ma anche incoraggiare altri attori corrotti in tutto l’emisfero occidentale a seguire le orme di Porras.
Foto di copertina EPA/David Toro