30 Dicembre 2024

La Bulgaria alla ricerca di un governo stabile

A poco più di sei mesi dall’ultimo spoglio elettorale (ottobre 2022) la Bulgaria torna nuovamente al voto, ma con la prospettiva tutt’altro che certa di un governo e di un Parlamento stabili.

Un Paese senza maggioranza

I ripetuti cicli elettorali del 2022 (aprile, luglio e infine ottobre) hanno portato i cittadini, affaticati dalle continue campagne mediatiche, a non eleggere un Parlamento con una maggioranza rilevante né per un singolo partito, né per una coalizione di partiti. Infatti, se il partito GERB (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria) ha formalmente vinto le elezioni con il 25,3% dei seggi, il risultato non gli ha comunque consentito di governare in autonomia. Il tentativo di porre come primo ministro Nikolay Gabrovski, di GERB, è stato infatti respinto dal Parlamento il 14 dicembre, dopo oltre due mesi di accordi e disaccordi tra le parti.

Dal momento che i partiti “vincitori” non sono riusciti a formare un governo, il successivo mandato è stato affidato alla seconda forza politica del Paese (con il 20% dei seggi), il PPE (Partito Popolare), il 3 gennaio 2023. Neanche in questo caso, tuttavia, i partiti politici e il Parlamento hanno trovato l’accordo per il nome del Primo ministro.

Il terzo e ultimo mandato è stato conferito al BSP (Partito Socialista), che, sulla scia delle divergenze affrontate dagli altri due partiti precedenti, si è risolto in un nulla di fatto. A questo punto, il presidente Rumen Radev ha eletto Galab Donev in qualità di primo ministro ad interim, in previsione delle elezioni anticipate del 2 Aprile 2023. Donev è considerato un tecnico, più che un vero e proprio politico, poiché non è affiliato a nessun partito particolare, ma ha ricoperto diverse cariche politiche, tra cui ministro del Lavoro tra il 2017 e il 2021.

Il sostegno all’Ucraina

Se da una parte osserviamo come i partiti storici non siano particolarmente sbilanciati o in opposizione rispetto al sostegno europeo nella guerra in Ucraina, dall’altra parte, già nell’ottobre 2022 era emerso un contenzioso tra il presidente Rumen Radev e il partito “Noi continuiamo il cambiamento” dell’ex premier Kiril Petkov e i suoi più stretti alleati, Bulgaria Democratica, sull’invio di armi all’Ucraina.

Radev e il Partito Socialista, più storicamente vicini alle posizioni della Russia, temevano che l’invio di armi avrebbe messo in difficoltà la posizione della Bulgaria in Unione europea e nei confronti della Nato. La questione ha continuato a essere oggetto di discussione in Parlamento nei mesi successivi, senza che venisse trovata una soluzione condivisa. Le diverse forze politiche sono tornate a confrontarsi sul tema in vista delle elezioni dell’aprile 2023, ma con toni meno accesi rispetto all’ottobre 2022, forse anche in conseguenza degli accordi presi singolarmente tra Petokov e Zelensky sull’invio di munizioni.

Al giorno d’oggi quindi, il tacito sostegno all’Ucraina da parte di GERB e dei partiti alleati a “Bulgaria Democratica”, in linea con le disposizioni dell’Ue, vede un confronto attivo da parte del Partito Socialista e da una rinascita dei partiti filo-russi. Inoltre, sembra che tali partiti recentemente abbiano modificato la loro narrativa in previsione delle elezioni di aprile, arrivando a definirsi come “i baluardi contro l’invasione dei valori – e della moneta – dell’Ue”.

La questione Schengen

La rinascita dei partiti filo-russi, quali ad esempio Revival, in questo periodo storico non è casuale, bensì è risultato del veto del 22 dicembre 2022 di Austria e Paesi Bassi nei confronti di Bulgaria e Romania. Sebbene non sia presente tra i temi di maggiore rilievo politico, il dibattito sul vero propone riflessioni interessanti su come i partiti “minori” possano avere un ruolo rilevante nei futuri rapporti tra Sofia e Bruxelles. Il veto in questione, che non è stato posto per la Croazia, è stato giustificato dalla necessità di salvaguardare i confini orientali dell’UE nei confronti delle rotte migratorie illegali.

Se da una parte l’attuale ministro degli Esteri, Nikolay Mikov, sostiene che la Bulgaria sarà in grado di rispettare i criteri di accesso richiesti dall’Ue entro l’ottobre di quest’anno, il rischio di non avere un Parlamento e un governo stabile in seguito alle elezioni di aprile fa temere il contrario.

In aggiunta a tale contesto, la Bulgaria dovrà fare i conti con il ritardo nell’esborso dei fondi del Recovery Fund da parte della Commissione europea. Se infatti il futuro governo non darà prova di attuare le riforme sociali ed economiche prospettate, vi è il rischio che i fondi promessi dall’Ue tardino ad arrivare, rallentando ulteriormente l’adozione dell’euro da parte di Sofia.

Accuse di corruzione tra i partiti

In seguito all’annuncio di nuove sanzioni da parte degli Stati Uniti nei confronti di alcuni politici bulgari per la loro vicinanza a esponenti del governo russo e per la corruzione endemica (incluso Vladislav Goranov, l’ex ministro delle Finanze di Borissov) i maggiori partiti hanno preso le distanze dagli accusati.

In particolare, GERB, il Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS) e il Partito Socialista hanno dichiarato di aver chiuso i rapporti con gli esponenti incriminati, pur richiedendo prove certe del coinvolgimento dei politici in casi di corruzione o cattiva gestione delle risorse finanziarie. In parziale contrasto con le posizioni di GERB e del Partito Socialista, i leader di “Bulgaria Democratica” e “Continuiamo il Cambiamento” hanno ritenuto che le sanzioni fossero indicative della necessità di una riforma del sistema giudiziario, pur non entrando nel merito delle accuse.

I pronostici elettorali

Tenendo in considerazione gli exit poll, a distanza di una settimana dal voto, l’elettorato appare diviso tra GERB (partito dell’ex primo ministro Boyko Borissov) e la coalizone “Bulgaria Democratica” e “Continuiamo il Cambiamento”: a queste forze, viene assegnato intorno al 25% delle preferenze. Seguono a debita distanza il Movimento conservatore per i Diritti e le Libertà (DPS) e il partito filo-russo Revival, con il 13% delle preferenze ciascuno. Perde invece terreno il Partito Socialista (8%) e “C’è una nazione” (3%) dell’ex presentatore Slavi Trifonov, da tempo in fase calante.

La sfida si giocherà tra il partito di centro-destra GERB e la Coalizione dei partiti liberali, entrambi avranno bisogno del sostegno delle altre forze politiche per formare un esecutivo saldo. Questa incerta possibilità dipenderà tutta dai voti effettivi e dalle richieste avanzate in particolare dal DPS e da Revival, una volta terminato lo spoglio elettorale.

Articolo a cura di Letizia Storchi della Redazione Europa de Lo Spiegone

Foto di copertina EPA/VASSIL DONEV

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