La guerra di attrito scaturita dal fallimento del ‘blitzkrieg’ russo in Ucraina va tragicamente avanti con quattro scenari di fronte a sé, alcuni più probabili di altri alla luce della battaglia di Bakhmut in corso ormai da mesi.
Il paragone con le Termopili e la possibilità di una vittoria di Pirro
Fallito il tentativo russo di invadere l’Ucraina da nord, est e sud per prendere in primis Kyiv e possibilmente le altre principali città in poco tempo, il conflitto si è trasformato in una guerra di attrito prolungata, su larga scala, ad alta intensità e multi-dominio – seppur con una connotazione prevalentemente terrestre. Lo slancio offensivo russo è sostanzialmente terminato la scorsa estate con le ultime conquiste in Donbass, mentre le successive controffensive ucraine in autunno hanno liberato dagli occupanti russi ampie zone intorno a Lyman e Kherson.
Da ormai cinque mesi la battaglia infuria principalmente intorno alla cittadina di Bakhmut sotto attacco russo. La Russia vi ha infatti concentrato e perso una quantità senza precedenti di unità, per motivi sia militari che politici. Tra i primi, l’importanza del centro per aprire la strada a una successiva offensiva verso le città più importanti di Kramatorsk e Severodonestk. Tra i secondi, la lotta di potere moscovita tra le forze armate regolari e la compagnia di mercenari Wagner, con quest’ultima che ha puntato molto capitale politico-militare su un suo successo proprio a Bakhmut dove aveva fallito il ministero della Difesa russo.
L’Ucraina ha scelto di difendere strenuamente la cittadina del Donbass per motivi militari e politici. Il principale fattore di carattere operativo è il rapporto di perdite militari fortemente sfavorevole ai russi – si stima nell’ordine di 5 a 1 – dovuto a motivi tattici e operativi, compresa la stessa dottrina di impiego russa e la rivalità tra Wagner e unità regolari. Di fatto, tenere impegnate le forze di Mosca a Bakhmut ha significato privarle per mesi della capacità di sfondare il lungo fronte ucraino in altri punti. Inoltre, ciò ha permesso di guadagnare tempo fino all’arrivo di oltre 100 carri armati di fabbricazione occidentale donati principalmente da Canada, Danimarca, Francia, Germania, Olanda, Norvegia, Polonia, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti. Alla ratio operativa se ne somma una politica e simbolica: l’eroica resistenza di Bakhmut, come quella di Mariupol nel 2022, ha sollevato il morale della popolazione ucraina che vede l’invasore russo fermato dai propri soldati per mesi e mesi rispetto ai piani di Mosca.
Volendo azzardare un paragone storico, Bakhmut – e prima Mariupol – sono state in un certo senso per l’Ucraina quello che furono le Termopili per le città greche di fronte all’invasione persiana: un’eroica resistenza di fronte a un nemico numericamente soverchiante che ha permesso al resto delle forze di prepararsi meglio alla difesa del proprio territorio. Anche se tra pochi giorni o settimane Bakhmut dovesse infine cadere in mano russa, si tratterebbe probabilmente di una vittoria di Pirro: l’eventuale conquista di poche decine di kilometri quadrati avrà infatti logorato così tanto le forze russe da rendere quasi impossibile una loro ulteriore offensiva nel Donbass o altrove.
Quattro scenari per il conflitto…
A oltre 13 mesi dal suo inizio, la guerra può ancora indirizzarsi verso quattro diversi scenari, identificati un anno fa su AffarInternazionali sulla base dei rapporti di forza in campo. Il primo vedrebbe in teoria una ulteriore avanzata russa, ma è una ipotesi diventata oggi ancora più improbabile – ai limiti dell’impossibilità – vista la difficoltà di prendere Bakhmut nonostante l’impiego di decine di migliaia di coscritti richiamati alle armi da Putin lo scorso settembre.
Il secondo scenario vedrebbe la liberazione da parte ucraina di porzioni consistenti di territorio occupate dalla Russia. La probabilità di tale ipotesi è difficile da valutare anche a causa della comunicazione strategica ucraina comprensibilmente volta a confondere l’invasore russo, a incoraggiare l’opinione pubblica interna, e a spingere gli alleati occidentali a fornire al più presto migliori e più numerosi equipaggiamenti militari. Nell’incertezza – e segretezza – che circonda i piani ucraini, si può azzardare che una controffensiva da parte di Kyv sia difficile ma possibile, specie se evitasse la Crimea – geograficamente più difendibile da chi la occupa – e puntasse sulla porzione di fronte vicino al Mar d’Azov, ad esempio verso Melitopol. Interrompere la continuità territoriale tra i territori occupati in Donbass e la Crimea, e riguadagnare così l’accesso al Mar d’Azov, sarebbe una grande vittoria per l’Ucraina, specie rispetto alla situazione un anno fa quando in Europa ci si interrogava sulla tenuta di Kyiv e Kharkiv di fronte all’offensiva russa.
…di cui due più probabili
Il terzo scenario, ad oggi alquanto probabile almeno nel breve periodo, vede la guerra di attrito continuare su larga scala e ad alta intensità, con battaglie sanguinose in determinate aree del lungo fronte e bombardamenti russi su tutto il territorio ucraino, senza grandi avanzate da nessuna delle due parti in lotta. La Russia ha la capacità militare e industriale – nonché il controllo autocratico del fronte interno – necessari per una guerra lunga, mentre l’Ucraina vuole e può continuare a difendersi fino a quando avrà le armi occidentali per farlo. Tuttavia, sebbene una guerra di attrito può andare avanti in questi termini per diversi mesi è arduo ipotizzare che prosegua per anni, poiché il logoramento delle risorse umane delle due parti raggiungerà livelli sempre più elevati e difficili da sostenere.
Il quarto scenario è quindi alquanto probabile nel medio-lungo periodo, e vede il proseguimento di un conflitto a bassa intensità, se non proprio congelato, lungo una linea del fronte sostanzialmente simile a quella attuale, militarizzata e non riconosciuta dalla comunità internazionale. Non sarebbe purtroppo una novità per la tragica storia recente dell’Ucraina, che ha visto circa 14 mila caduti in Donbass dopo l’invasione russa del 2014 e prima di quella del 2022 in quella che per l’occidente non era una guerra. Entrambe le parti sembrano avere la capacità di mantenere a lungo l’attuale linea del fronte, che è stata nel frattempo fortificata da ambo i lati, e di interdire penetrazioni in profondità da parte avversaria.
Gli ultimi due scenari presuppongono la solidità di una coppia di elementi rivelatisi fondamentali durante il conflitto. Da un lato un forte e costante sostegno militare ed economico a Kyiv da parte di Stati Uniti, Europa ed altri alleati occidentali, cruciale per bilanciare la massa delle forze russe. Dall’altro la volontà del Cremlino di continuare una guerra che finora ha portato pochi benefici e grandi, crescenti costi non solo alla Russia nel suo complesso ma anche nello specifico alla sua leadership militare e politica.
Rebus sic stantibus, la guerra continua. E questa è la realtà con cui devono fare i conti l’Italia, l’Europa e tutto l’Occidente.
Foto di copertina EPA/ROMAN CHOP