È facile oggi constatare l’importanza e la vitalità della Nato, che sostiene la resistenza ucraina, resiste agli attacchi politici ed economici di Mosca, si incammina per la strada del rafforzamento dello schieramento e del contributo militare europeo ed infine si prepara ad un nuovo allargamento di grande importanza strategica, nel Baltico, a contatto diretto con la Russia.
È però anche forte l’impressione che sia necessario prepararsi ad una sfida molto diversa e forse anche più complessa di quelle del passato.
Il ritorno della cooperazione Atlantica
Questa guerra viene oggi giustificata da Vladimir Putin sulla base di una lettura forzata e distorta della realtà cui si aggiungono pure e semplici menzogne. L’obiettivo strategico della guerra però sembra piuttosto chiaro. Una sorta di balzo in avanti verso il passato: il tentativo di ricostituire una forma di blocco “sovietico” in Europa, che ridia potere e centralità alla Russia. Si potrebbe ironicamente osservare che l’inevitabile conseguenza di un tale disegno di recupero del passato non poteva che essere il risveglio e il rafforzamento della forza che per tanti anni ha assicurato il contenimento e la dissuasione dell’Urss, appunto la Nato.
Grazie a Putin, l’Occidente riscopre una solidità e una resilienza che sembravano dimenticate, assieme alla capacità di reagire efficacemente e di contenere e gestire sia il dissenso politico interno che le divisioni alimentate dai diversi livelli di vulnerabilità energetica ed economica cui devono far fronte gli alleati. Tuttavia non stiamo più vivendo gli anni della Guerra fredda, del blocco di Berlino, della crisi di Cuba o anche di quella degli Euromissili. Il quadro strategico complessivo è molto mutato.
In passato l’equilibrio era tra due sfere di influenza contrapposte, poco interconnesse sia economicamente che socialmente e ben delimitate sul terreno dalle decisioni prese alla fine della II Guerra Mondiale e negli anni immediatamente successivi. Un mondo cui forse Putin guarda con rimpianto, ma che è del tutto irrecuperabile.
La maggiore potenza globale, gli Usa, ha oggi un margine di superiorità economico, militare e per alcuni versi anche tecnologico, molto più ridotto. L’esperienza di troppe guerre e crisi dai costi altissimi e dai risultati tutto sommato modesti (e a volte negativi), ha reso gli americani più cauti rispetto a nuovi grandi impegni ed alimenta tentazioni unilateraliste, se non proprio isolazioniste. Al contempo la Cina, pur rallentando la sua crescita economica, sta assumendo il profilo della nuova grande potenza alternativa, scalzando la Russia e accrescendo il suo arsenale nucleare al livello degli altri due grandi.
Il ruolo delle potenze regionali
Aumenta anche l’importanza di varie potenze regionali (alcune dotate di armamenti nucleari). Nel confronto in atto tra la Russia e gli alleati occidentali, molte di queste hanno assunto una posizione intermedia che, pur senza appoggiare l’aggressione militare, mantiene aperto il loro rapporto politico ed economico con Mosca.
Anche solo il passaggio da un equilibrio nucleare essenzialmente bipolare ad uno trilaterale complicherà la situazione, rischiando una molto maggiore instabilità. A ciò si aggiungono l’indeterminatezza delle nuove sfera di influenza e le incertezze provocate dall’impatto delle grandi innovazioni scientifiche e tecnologiche in capo militare e della sicurezza.
È facile prevedere che, malgrado l’attuale centralità strategica assicurata all’Europa dalla guerra in Ucraina, il futuro degli equilibri globali dipenderà in larga misura dalle scelte delle potenze asiatiche. Oggi l’appoggio cinese e le posizioni intermedie assunte da paesi come l’India o l’Indonesia consentono alla Russia di evitare l’isolamento. Ma questo avviene per ragioni che poco hanno a che fare con le ambizioni di Mosca e molto invece con le ambizioni del “resto del mondo”.
Il futuro della sicurezza europea
Un tema che riporta il discorso alla Nato e al futuro della sicurezza europea. La Russia non sembra più avere molte possibilità di sconfiggere militarmente l’Ucraina, anche se forse potrebbe arrivare ad assicurarsi alcuni guadagni territoriali (più o meno larghi e significativi). È anche possibile che non riesca a raggiungere una conclusione in qualche modo accettabile per il Cremlino. L’adesione della Finlandia e della Svezia alla Nato e nuovi e più stretti rapporti tra l’Ue e l’Ucraina segnano comunque il fallimento del disegno passatista del Cremlino.
Alcuni pensano che questi sviluppi andrebbero incoraggiati e rafforzati sino ad una nuova crisi sistemica, oltre che di regime, in Russia, che in qualche maniera consenta di tornare alla relativa semplicità degli equilibri bipolari, solo sostituendo la Cina all’Urss. Ma si tratta di semplificazioni illusorie e pericolose, che non tengono conto delle conseguenze della gravissima instabilità e degli enormi rischi che tali sviluppi comporterebbero.
La nuova sicurezza allargata
Quali che siano gli sviluppi della guerra in Ucraina, è interesse europeo (e globale) ristabilire per quanto possibile una situazione di stabilità e di controllo delle crisi e degli armamenti. Ciò non può avvenire a spese dell’Ucraina, evidentemente, e richiederà una difficile e forse lunga fase di mutamento della politica di Mosca. Non possiamo quindi sperare che tutto si compia in breve tempo. Ma intanto la Nato, allargata, rilanciata e rafforzata, deve anche ritrovare la capacità di proporre un approccio bilanciato alla Russia: di contenimento e di dissuasione nei confronti delle sue mire espansive, ma di dialogo e negoziato quando sarà disponibile ad accordi in tal senso.
Anche perché, questa volta, la sicurezza europea non dipenderà più tanto da questo confronto “tradizionale”, ma dalla sicurezza e stabilità complessiva dell’intero arco dei suoi confini, dall’estremo Nord all’insieme delle repubbliche ex-sovietiche e poi al Medio Oriente e all’Africa. Un quadro che va molto al di là dei limiti posti dal Trattato di Washington e che non può più prescindere dal resto dell’Asia.
Una sicurezza che si baserà ancora largamente sulla tenuta del rapporto transatlantico, ma che richiederà anche un maggiore sforzo da parte europea di assunzione di responsabilità autonome che vanno oltre la Russia.
Foto di copertina EPA/TOMS KALNINS