Il disegno di legge sulla riforma delle pensioni, voluto dal presidente Emmanuel Macron e proposto dal governo della prima ministra Elisabeth Borne, è atterrato nel pomeriggio del 6 febbraio all’emiciclo dell’Assemble nazionale, dove è stato accolto dal fuoco di sbarramento di 20.500 emendamenti.
Dato che il governo non ha la maggioranza assoluta, le ipotesi per l’approvazione a Palazzo Borbone sono due: sostegno di una parte della destra neogollista (Les Républicains) o ricorso al voto di fiducia (articolo 49/3 della Costituzione). Le opposizioni più forti e più determinate (sedute sui banchi dell’estrema destra e dell’estrema sinistra) hanno cominciato a dar battaglia in Parlamento e nelle piazze. Proprio questa parola – “battaglia” – dominava le prime pagine di molti quotidiani francesi del 6 febbraio : da “La bataille des retraites s’engage à l’Assemblée” del Figaro a “Retraites : la bataille de l’Assemblée” di Libération.
Accordi possibili
Questa è però una battaglia strana, in cui ogni contendente ha un obiettivo ovvio e altri sotto traccia. Macron ha legato alla riforma pensionistica il destino stesso del suo secondo mandato. Deve vincere a ogni costo e in un modo o nell’altro (salvo clamorose sorprese) la spunterà. Ma c’è una grande differenza tra lo scenario dell’accordo coi Républicains e quello del 49/3. Nel primo caso (per cui sembra stia lavorando l’ex presidente Sarkozy) potrebbe esserci un allargamento di fatto dell’area della maggioranza. Nel secondo, i macronisti saranno più isolati in Parlamento e nel Paese. Il gruppo neogollista è numericamente modesto (61 deputati su 577) ed è per di più diviso (almeno una decia dei suoi membri sarebbero intenzionati a non votare comunque il disegno di legge governativo). Il testo potrebbe superare lo scoglio se almeno la metà dei Républicains votasse la riforma e una parte degli altri si astenesse. Vedremo.
Le opposizioni numericamente più pesanti (il Rassemblement national, RN, di Marine Le Pen ha 88 deputati e La France Insoumise, LFI, di Jean-Luc Mélenchon 74) perseguono in questa battaglia un obiettivo che le accomuna, bocciare la legge, e altri che le dividono.
Gli obiettivi delle opposizioni
Marine Le Pen vuol togliere il partito dalla sua storica emarginazione. Il suo scopo è spezzare il “soffitto di cristallo” che la separa dal potere. Deve dunque tenere i piedi in due staffe : fare opposizione dura e accreditarsi al tempo stesso come forza costruttiva. Ecco i deputati RN presentare i propri emendamenti senza scegliere la via della guerriglia parlamentare e quindi dell’ostruzionismo. Ed ecco la loro polemica col gruppo LFI, che ha invece scelto proprio quella strada, presentando oltre 18 mila emandamenti. I deputati lepenisti arrivano ad accusare quelli mélenchonisti di « sostegno oggettivo » al presidente Macron perché la marea degli emendamenti può facilitare il ricorso alla tagliola del voto di fiducia.
La sinistra radicale francese non ha bisogno di spezzare alcun “soffitto di cristallo”, ma ha bisogno di rilanciare la protesta sociale e di aumentare la propria influenza nel movimento sindacale. In Francia i sindacati sono al tempo stesso deboli (rispetto ad altri paesi europei) e molto influenti. Sono deboli nel settore privato, ma forti in quello pubblico (o ex pubblico). In particolare sono forti nei trasporti, ossia proprio nel settore i cui dipendenti beneficiano di condizioni vantaggiose per la pensione (lasciando il lavoro prima dei sessant’anni). L’impegno comune delle varie confederazioni contro l’attuale riforma pensionistica copre la reale competizione tra loro. Per i mélenchonisti questa è un’occasione d’oro per spostare verso sinistra l’asse del movimento sindacale.
Dal punto di vista di LFI, la guerriglia parlamentare dovrebbe insomma diventare la punta di un’iceberg di proteste sociali contro la riforma, contro il costo della vita e contro le “derive del capitalismo”. Tirandosi dietro i suoi alleati di sinistra (socialisti, comunisti e Verdi, che hanno complessivamente 75 deputati), LFI ha anche lo scopo di rilanciare la propria egemonia sull’insieme dell’opposizione “progressista”.
La scommessa di Marine Le Pen è dunque più “parlamentarista “, mentre quella di Jean-Luc Mélenchon è più “movimentista”. La forza di Macron può venire anche dalle divisioni tra i suoi avversari.
Foto di copertina EPA/TERESA SUAREZ