21 Dicembre 2024

Il Mar Nero dimenticato nel conflitto

Il Mar Nero, chiuso a qualsiasi nave militare, con il traffico mercantile ridotto al minimo, è di fatto una retrovia del conflitto terrestre, controllata dalla Russia e dalla neutrale Turchia. Mosca ha ridotto le attività navali dopo le perdite subite ad opera di Kyiv; presto potrebbe riprenderle con le poche unità disponibili non potendo più ricevere rinforzi dai comandi fuori area.

Fino a quando il transito militare negli Stretti Turchi sarà vietato agli altri Paesi (Stati Uniti anzitutto) e alla Nato? La Turchia dovrà prima o poi fare delle scelte, ripristinando il regime ordinario della Convenzione di Montreux del 1936. In vista di un possibile cessate il fuoco, la Russia dovrà nuovamente confrontarsi con la Nato, proprio come ora avviene nel Mediterraneo dove ha concentrato un cospicuo nucleo delle sue forze convenzionali.

La posizione turca a un anno dal blocco

Quando un anno fa circolò la notizia che Ankara aveva “avvertito tutti i paesi litoranei e non litoranei di non attraversare gli Stretti con le navi da guerra” apparve chiaro che la Turchia si proponeva di limitare la dimensione marittima del conflitto per preservare la stabilità del Mar Nero e garantire i propri interessi.

Alla Russia fu chiesto di non far transitare le navi il cui passaggio era già autorizzato ed analogo messaggio fu indirizzato alla Comunità internazionale. La Marina russa fece rientrare – come previsto da Montreux – le Unità che erano dislocate in precedenza all’interno del bacino, mentre nessuna nave statunitense o di Paesi Nato transitò più in ingresso negli Stretti.

In questo modo, la Turchia assunse una posizione ambivalente nell’applicare due diverse norme della Convenzione. Da un lato, l’articolo 19.1 per cui “in tempo di guerra”, non essendo essa belligerante, le navi militari di qualsiasi bandiera godono di completa libertà di transito, a meno non appartengano a potenze straniere belligeranti (come appunto sono Russia e Ucraina); dall’altro, l’articolo 21.1 che le attribuisce il potere discrezionale di non far entrare in Mar Nero nessuna unità militare, qualora “si consideri minacciata da un imminente pericolo di guerra”.

Se così è, possiamo dire che a trarre vantaggio dalla chiusura del Mar Nero è stata in prima istanza la Turchia stessa che ha evitato un allargamento del conflitto navale innanzi alle sue coste, oltre all’Ucraina che l’ha richiesto. Con la chiusura del Mar Nero la Turchia è riuscita a consolidare il proprio ruolo di garante della stabilità del bacino. Anche il “patto del grano” tra Russia ed Ucraina ha funzionato egregiamente grazie al suo attivo coinvolgimento al fianco delle Nazioni unite. Ora, alla scadenza, potrebbe essere prorogato se verranno accettate alcune richieste russe di mitigare le sanzioni alla sua agricoltura.

La Marina russa in difficoltà

La Russia ha aderito senza esitazioni alle restrizioni navali, fedele all’assioma che per la propria sicurezza, gli Stretti devono essere sotto il controllo dalla Turchia. Il vantaggio strategico non ha funzionato sul piano tattico.

Dopo essere state impegnate in bombardamenti costieri, infruttuose azioni anfibie e blocchi navali, poche unità russe hanno conservato capacità di offesa (pur in mancanza di una vera minaccia navale ucraina) a dimostrazione di una loro ridotta efficienza. Esse, che comprendono tre sommergibili convenzionali, sono state rese nuovamente operative in questi giorni, per lanciare missili da crociera contro il territorio ucraino. Accantonati invece i piani per un possibile sbarco ad Odessa o per la riconquista dell’Isola dei Serpenti, mentre è salda la volontà di difendere le acque di Crimea, Mar di Azov e Stretto di Kerch.

Ingenti le perdite russe – ad opera di missili, mine o azioni insidiose ucraine – con l’affondamento dell’Incrociatore “Moskva” e di unità da sbarco, col danneggiamento della Fregata “Admiral Makarov” e di navi ormeggiate a Berdyansk nel Mar di Azov. L’impiego di droni aerei e di superficie ha tra l’altro consentito a Kyiv di attaccare la base russa di Novorossijsk che ospita la Flotta trasferitasi da Sebastopoli.

Nato, Russia, Mar Nero

Come si è detto, Ankara ha tuttavia applicato a discrezione la Convenzione di Montreux ipotizzando che le presenza di navi di Paesi esterni al Mar Nero potesse compromettere la sua sicurezza. Ma per far questo ha dovuto scindere la sua posizione nazionale da quello di membro Nato.

Ora l’Alleanza preme perché, al cessare della situazione che ha determinato la chiusura degli Stretti, le sue Unità operino nuovamente nel Mar Nero. Attualmente i Paesi Nato trasportano gli aiuti militari all’Ucraina, al di fuori degli Stretti, nel porto greco di Alessandropoli nella Tracia, da dove raggiungono la destinazione via Bulgaria, Romania o Polonia.

Con un ipotetico cessate il fuoco, la scena del Mar Nero dovrà necessariamente cambiare. Lo vogliono gli Stati Uniti che non hanno mai aderito alla Convenzione di Montreux fedeli ai loro principi di libertà di navigazione. E lo chiede la Nato che in Mar Nero ha sempre svolto una funzione di deterrenza e che ora vorrebbe anche mettere in atto contromisure per lo sminamento.

I Paesi dell’Alleanza sono impegnati nel sostegno militare a Kyiv ma non hanno ancora fatto nulla per ricostituire la sua Marina distrutta interamente da Mosca non essendo stato possibile far transitare dagli Stretti alcuna unità da cedere ad essa.

Navigazione e convenzione di Montreux

Ben tredici unità russe sono attualmente presenti nel mar Mediterraneo (come ha evidenziato il Capo di stato maggiore della Marina italiano in Commissione Difesa) dove tallonano le flotte Nato ed esercitano i propri diritti di passaggio inoffensivo nelle acque territoriali e di libera navigazione nelle Zone economiche esclusive (Zee) dei Paesi occidentali, Italia compresa, avvalendosi anche di navi governative con funzioni di intelligence e del sostegno delle basi siriane.

Quando verrà ripristinato l’accesso al Mar Nero nel rispetto di Montreux, la situazione si riequilibrerà automaticamente: nessuno potrà impedire alle unità Nato di avvalersi – sulla base dei principi del diritto del mare – di analoghi diritti di passaggio nelle acque sotto giurisdizione o controllo russo. Il nastro della storia tornerà allora indietro e Mosca dovrà nuovamente confrontarsi nei suoi mari di casa con le flotte occidentali come già avvenuto in altre occasioni.

Foto di copertina EPA/RUSSIAN DEFENCE MINISTRY PRESS SERVICE HANDOUT

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