Alle elezioni in Grecia si è recato a votare il circa 60% degli aventi diritto al voto. Contrariamente alle previsioni gli astenuti sono stati intorno al 40%. I risultati sono stati fin troppo chiari: Nuova Democrazia si è confermato primo partito con 146 seggi, mentre la sorpresa più grande è stato il deludente risultato di Syriza, che si è fermata a 71 seggi. Tra gli altri, il Pasok ottiene 42 seggi, i comunisti del Kke 25, mentre Soluzione greca 16. Per quanto riguarda i voti all’estero, con 60 delle 99 divisioni elettorali contate, ND ha ricevuto una percentuale del 44,22%, Syriza 18,47%, al terzo posto Kke con il 10,56%, seguito da Mera25 con il 10,25% e Pasok con il 6,66%.
Il premier uscente Kyriakos Mitsotakis ha commentato a caldo i risultati del suo partito che si riconferma il primo e con più seggi, parlando di una “dimostrazione di autosufficienza” per il premier uscente e per il suo partito Nuova Democrazia. Si tratta di un messaggio proclama in vista delle seconde prossime elezioni, che si terranno probabilmente il 25 giugno. Allo stesso tempo, è un clamoroso messaggio di condanna per la strategia di Syriza che dalle urne esce con un clamoroso “doppiaggio”. Secondo il figlio dell’ex premier greco degli anni ’90 il messaggio uscito dalle urne è chiaro: i cittadini hanno premiato gli ultimi quattro anni di governo a guida “blè” e con il voto di domenica per i prossimi quattro hanno chiesto di continuare sulla strada delle riforme economiche e sociali.
Le delusioni a sinistra…
Due le sconfitte sul fronte della sinistra. Per il partito di Alexis Tsipras il tonfo è stato assordante, per una volta l’esito non poteva immaginarlo neppure la più pessimista Cassandra. E ciò non tanto per l’insuccesso, previsto, del partito quanto per le inaspettate dimensioni della vittoria del centrodestra. Quali sono le cause? Alcuni sostengono che è il prezzo da pagare per essere nato come partito antisistema e poi essere diventato comunque un partito allineato.
Tuttavia Tsipras, dopo aver accusato gli altri partiti di Sinistra di averlo messo sempre sul banco degli imputati, ha dichiarato che si assume tutta la responsabilità politica della sconfitta ma che al contrario non lascerà la lotta e sarà in prima fila per le prossime elezioni per evitare l’egemonia del Premier Kyriakos Mitsotakis se dovesse vincere.
L’altra sorpresa negativa è rappresentata dal partito dell’ex ministro delle Finanze Janis Varoufakis alla sua seconda esperienza elettorale. Fuori dal Parlamento il partito che aveva come obiettivo quello di far fuori le banche. Come in ogni coppia che si separa, la parte debole dà le colpe a quella più forte e così il leader del fronte antieuropeista accusa l’ex premier di avere rifiutato un’alleanza almeno elettorale, di avere disperso i voti e lasciato ai conservatori la strada libera verso la vittoria. Ha detto infine di temere in caso di vittoria alle prossime elezioni l’effetto Erdogan in Grecia.
…e chi ne esce bene
Ci sono invece due sorprese sia pur modeste. Il Partito comunista greco è una delle due sorprese da sinistra di queste elezioni. Ha infatti ottenuto qualche punto in più in termini percentuali soprattutto nei centri urbani a forte concentrazione di lavoratori. Il leader del partito ha dichiarato senza giri di parole che è stato Syriza e il suo leader che hanno spianato la strada al trionfo di ND. Fiducioso dei risultati ottenuti, ha chiesto agli elettori greci di aumentare la fiducia nel suo partito che ancora si muove su schemi consolidati come il sindacato, la lotta di classe e l’anticapitalismo.
Si aggiunga pure che i partitini della sinistra extraparlamentare pur mantenendo percentuali insignificanti per le sorti della politica greca hanno raddoppiato i loro voti.
L’altra sorpresa positiva è il risultato dei socialisti, non più quelli di un tempo ma con un risultato che fa morale. Non solo, ma visto che dopo la batosta del 2019 il partito ha risalito la china, il leader Androukakis ha lanciato un appello a tutte le opposizioni di sinistra di riconoscersi nel Sole verde e diventare il punto di riferimento e di coesione. A Tsipras che accusava i socialisti di avere condotto una campagna elettorale esclusivamente contro di loro, i vertici del partito lo hanno invitato a guardarsi allo specchio.
Due parole infine sull’ultimo partito che è riuscito ad entrare nella Voulì. Elliniki Lysi (Soluzione greca) nasce nel 2016 fondato dal giornalista Kyriakos Velopoulos, già membro di Laos, partitino dell’area di centrodestra e si caratterizza per un marcato populismo contro tutto e contro tutti. Ha aumentato i voti specialmente nella Grecia settentrionale dove è ancora viva l’opposizione al Trattato di Prespe del 2019 con il quale la Grecia accettò con la controparte di Skopje la denominazione di Macedonia del Nord. In queste zone il tema è sensibile e lui da politico e giornalista esperto ha cavalcato il risentimento.
Un Parlamento che avrà vita breve
Lunedì pomeriggio il ministro degli Interni ha portato i dati ufficiali alla presidente della Repubblica, che ha conferito il mandato al leader del partito che ha preso più voti e cioè Kyriakos Mitsotakis di Nuova Democrazia, che ha rimesso il mandato. Martedì il capo dello Stato ha convocato Alexis Tsipras, a seguire l’incarico è passato al leader del Pasok Androullakis che ha detto che non ci sono le condizioni per formare un governo. Il limite previsto dalla Costituzione per la formazione di un governo, sulla base dell’articolo 84, è la possibilità di ricevere un voto di fiducia dal Parlamento, vale a dire o 151 voti favorevoli o la maggioranza assoluta dei membri presenti, che non può essere inferiore ai 2/5 del totale dei deputati, cioè 120 voti, purché siano in numero maggiore coloro che voteranno contro.
Intanto il 24 maggio la Presidente della Repubblica Sakellaropoùlou ha dato incarico, secondo l’art.37 comma 3 della Costituzione, al Presidente della Corte dei Conti Jannis Sarmàs di formare un governo tecnico che conduca alle elezioni. Il 29 maggio è previsto l’insediamento e giuramento dei nuovi parlamentari e poi l’elezione del presidente della Voulì.
Quindi il nuovo Parlamento avrà una durata breve in vista della nuova chiamata alle urne che dovrà essere fissata con decreto presidenziale probabilmente il 25 giugno o il 2 luglio. L’Odissea elettorale non è ancora finita.
Foto di copertina EPA/GEORGE VITSARAS