Che fibrillazioni e turbolenze nella composita maggioranza che sosteneva il governo aumentassero con l’approssimarsi della fine della legislatura e la prospettiva delle elezioni era prevedibile, e per certi aspetti anche fisiologico.
Che una delle formazioni politiche che componeva questa maggioranza, in preda ad una una evidente crisi identitaria e in pieno crollo dei consensi, decidesse di staccare la spina al governo con modalità così contorte e nel mezzo di una congiuntura così complicata (crisi energetica, inflazione galoppante, rischi di recessione, guerra in Ucraina) è invece una decisione improvvida e irresponsabile. Anche perché motivata da un cinico calcolo pre-elettorale a fronte del quale si è deciso di sacrificare la stabilità del governo.
Una crisi che influenza gli impegni internazionali
Ma i fatti sono noti. E il governo di fatto è in crisi, anche se ha incassato la fiducia al Senato, e anche se il Presidente della Repubblica ha respinto le dimissioni del Presidente del Consiglio e gli ha correttamente chiesto di tornare in Parlamento per verificare se esistono spazi di manovra per evitare le elezioni anticipate.
Fino a mercoledì 20 Luglio non sapremo come è destinata a svilupparsi la crisi aperta da Giuseppe Conte e da quel che resta del Movimento Cinque Stelle. I media si applicano con lo zelo consueto a elaborare previsioni sui possibili scenari: una ricomposizione della maggioranza dopo una verifica fra i partiti, una nuova maggioranza senza i Cinque Stelle, un governo a tempo per arrivare alla legge di bilancio, la formalizzazione della crisi e lo scioglimento delle Camere. E con altrettanto zelo si interrogano sulle intenzioni di Mario Draghi: passerà la mano, resta a Palazzo Chigi, a quali condizioni.
Ma mentre si attendono gli esiti della crisi è il caso di passare rapidamente in rassegna gli impegni europei e internazionali che il governo aveva in agenda e che chiunque sarà al timone del governo nei prossimi mesi si troverà a gestire.
Bilancio e rischio spread
Come si è potuto constatare già fin dal giorno dopo il “non voto” dei grillini sulla fiducia al Senato, i mercati finanziari hanno registrato la nuova condizione di instabilità del quadro politico italiano con un crollo dei titoli quotati alla Borsa di Milano (dell’ordine del 4%) e con un aumento dello spread fra i decennali italiani a dieci anni e gli omologhi titoli tedeschi (che ha raggiunto quota 225 punti base). E tutto questo in un contesto in cui i partiti continuano a invocare scostamenti di bilancio per finanziare a deficit nuovi interventi di sostegno dell’economia e dei consumi. Ora proprio nei prossimi giorni la BCE, che per far fronte ad una inflazione crescente ha già annunciato un primo aumento dei tassi di riferimento e la fine del programma di acquisti di titoli di debito, dovrebbe comunicare ai governi e ai mercati i dettagli di un meccanismo anti-frammentazione (di contenimento degli spread).
Pochi dubbi che il Paese oggi più a rischio di un aumento degli spread è proprio l’Italia, e che la crisi del governo è destinata a rafforzare la percezione dei mercati che l’Italia resti sostanzialmente poco affidabile. A chi governerà il Paese dopo questa crisi il compito non facile di smentire queste percezioni e di ristabilire fiducia sulla sostenibilità del nostro debito.
Sempre sul fronte dell’economia la sospensione delle regole europee in materia di disciplina di bilancio è stata prorogata fino alla fine dell’anno per tenere conto dell’impatto del conflitto in Ucraina sui bilanci pubblici degli Stati membri. Ma è verosimile che già in autunno la Commissione europea presenti le sue proposte per un aggiornamento o per una revisione di queste regole che potrebbero entrare in vigore a partire dal prossimo anno. Nei mesi scorsi sono circolate numerose proposte informali su come ridisegnare queste regole con l’obiettivo di conciliare disciplina e flessibilità. Ma non è ancora emerso un consenso su nuove regole, anche perché non ci sono ancora proposte ufficiali e non si è ancora avviato un vero negoziato. Nei prossimi mesi è possibile e probabile che istituzioni europee e Governi se ne debbano occupare. E si tratta compito non facile per chi sarà al Governo del Paese che ha il secondo maggiore debito pubblico in Europa.
Transizione e sicurezza energetica
Sul fronte dell’energia e delle conseguenze della guerra della Russia in Ucraina, il governo aveva adottato varie misure di compensazione dei maggiori costi dell’energia a favore di imprese e famiglie. Ma era impegnato anche a dare attuazione a una strategia comune europea che si articola su almeno quattro assi:misure concrete di risparmio ed efficientemente energetico (che potrebbe dover comprendere anche forme di razionamento ), una diversificazione delle fonti di approvvigionamento che include anche maggiori acquisti di gas liquefatto, una accelerazione del ricorso alle rinnovabili, maggiori investimenti per rendere compatibili gli obiettivi della transizione energetica con quelli della sicurezza energetica. Chi governerà dopo Draghi difficilmente potrà sottrarsi a questi impegni.
Spendere (bene) i fondi del Pnrr
Il governo che è entrato in crisi era stato voluto dall’ampia maggioranza che lo sosteneva con l’obiettivo di elaborare, adottare e dare attuazione a un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che era la condizione per ottenere e poi utilizzare i fondi europei del NGEU. Il Governo era riuscito ad adottare il PNRR nei tempi previsti, a dotarlo di una governance credibile e a farlo approvare dalla Commissione europea. Ma la sua esecuzione è appena avviata.
L’anno in corso, e ancora di più i prossimi anni fino al 2026, saranno decisivi per dimostrare alle istituzioni europee e ai nostri partners che l’Italia è in grado di spendere (bene) i fondi messi a disposizione, di rispettare i tempi concordati per realizzare gli interventi previsti dal PNRR, e di adottare quelle riforme che sono ugualmente previste dal PNRR. Troppo spesso si tende a dimenticare che siamo degli osservati speciali sia perché siamo i maggiori beneficiari dei fondi del NGEU, sia perché siamo tra i pochi che hanno deciso di utilizzare sia i doni che i prestiti. Il PNRR è un programma di lavoro su cui i prossimi Governi dovranno dare prova di capacità di “execution”.
Un quadro internazionale incerto
Infine impossibile non evocare il quadro internazionale, oggi soprattutto caratterizzato dalla invasione russa dell’Ucraina e dalle sue conseguenze. Il governo Draghi, malgrado qualche mal di pancia di alcuni partiti della maggioranza, aveva scelto di schierarsi coerentemente nel campo occidentale e con gli alleati tradizionali dell’Italia. E aveva fatto la sua parte nel definire la risposta della Ue e della Nato alla aggressione russa: condanna, sanzioni, assistenza all’Ucraina ma anche ricerca di una soluzione diplomatica. Il conflitto è però verosimilmente destinato a durare a lungo e le sue conseguenze continueranno a farsi sentire. Chi avrà il compito di governare il Paese dopo questa crisi avrà la responsabilità di fare le scelte giuste anche sulla collocazione internazionale dell’Italia.
Foto di copertina ANSA/ ANGELO CARCONI