La disuguaglianza di genere nella Federazione Russa è cresciuta negli ultimi anni a causa della mancanza di una chiara politica statale che affronti il problema e dell’aumento della propaganda dei cosiddetti “valori tradizionali”, atteggiamenti patriarcali nei confronti sulla divisione dei ruoli tra donne e uomini. Questo ha portato all’aumento della violenza contro le donne, della discriminazione sul lavoro e della mancanza di opportunità in politica.
Disuguaglianza e stereotipi di genere
Negli ultimi anni, l’uguaglianza di genere in Russia è diminuita secondo la classifica del Global Gender Gap Index pubblicata dal World Economic Forum, dove la Russia è passata dal 75° all’81° posto. Inoltre, secondo la valutazione pubblicata dal progetto “Women, Business and Law” della Banca Mondiale, la Russia ha ottenuto un punteggio di 73,1 su 100, inferiore al punteggio medio regionale di 84,1 osservato in Europa e Asia centrale.
La discriminazione di genere in Russia è ufficialmente riconosciuta in una certa misura in settori quali il mercato del lavoro, la partecipazione politica e l’avanzamento di carriera, ma è negata in ambito familiare, nelle situazioni di violenza contro le donne e nella sfera riproduttiva.
Gli stereotipi di genere e gli atteggiamenti/tradizioni patriarcali giocano il ruolo più importante nel mantenere e perpetuare la disuguaglianza di genere in tutti gli ambiti, soprattutto in quello familiare. Secondo uno studio condotto dal centro di analisi NAFI nel 2019 con il supporto di Google e del Consiglio del Forum Eurasiatico delle Donne, il 71% dei russi condivide l’opinione che lo scopo principale di una donna sia quello di essere una madre e una brava casalinga.
La situazione della discriminazione delle donne all’interno della famiglia, basata sugli stereotipi di genere esistenti, è un riflesso di una più ampia discriminazione sistemica all’interno della società, che si riflette anche sulla partecipazione politica delle donne.
Partecipazione politica delle donne in Russia
Attualmente, le donne rappresentano il 16% della Duma. Il problema principale però non è tanto il numero di donne, quanto piuttosto i livelli di sensibilità di genere degli uomini e delle donne al potere. Purtroppo, il genere è considerato una parola tabù, e questa tendenza va di pari passo con il rafforzamento di “valori tradizionali” quali Dio e i valori della famiglia tradizionale.
Secondo un recente sondaggio del Levada-Center, il 66% degli intervistati è d’accordo sul fatto che le donne dovrebbero essere in grado di ricoprire le più alte cariche politiche dello Stato al pari degli uomini. Questo rappresenta un aumento rispetto ai risultati di un sondaggio simile condotto nel 2017 (31%). Allo stesso tempo, il 76% degli intervistati nel 2022 approva in generale la partecipazione politica delle donne, in aumento rispetto al 37% del 2017. Un altro dato interessante è che le donne sostengono i politici di sesso femminile più degli uomini: il 45% contro il 27%.
Violenza domestica durante e dopo la pandemia di Covid-19
Un documento del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) rileva che la pandemia di Covid-19 ha esacerbato le disuguaglianze di genere esistenti per le donne, peggiorando la loro già precaria situazione in tutto il mondo. Le donne sono diventate uno dei gruppi più vulnerabili a causa di una combinazione di vari fattori. Ad esempio, in Russia, oltre il 71% dei medici e oltre il 95% del personale infermieristico (secondo il Ministero della Salute) sono donne. Ciò significa che spesso sono le donne a incontrare per prime le persone infette.
Un’altra significativa conseguenza negativa della pandemia di Covid-19, è che il regime di autoisolamento iniziato nel marzo del 2020 ha comportato un forte aumento della violenza domestica. La violenza domestica prospera nell’isolamento e il lockdown è diventato una situazione ideale per gli autori di violenza, in combinazione con la mancanza di un sistema di risposta statale adeguato che comprenda la legislazione, la definizione di violenza domestica, gli ordini restrittivi e protettivi e un numero sufficiente di rifugi. Il commissario russo per i diritti umani Tatiana Moskalkova ha dichiarato pubblicamente che dal 10 aprile 2020 il numero di casi di violenza domestica è più che raddoppiato, passando da 6.054 a circa 13 mila al mese.
Durante il lockdown, le forze dell’ordine hanno concentrato i loro sforzi soprattutto sul controllo del rispetto degli ordini di permanenza a casa e hanno abbandonato gli altri compiti; alcune case di accoglienza sono state messe in quarantena e il sistema giudiziario non ha funzionato. In una situazione di depenalizzazione della violenza domestica e di mancanza di leggi volte a proteggere le vittime, non ci sono disposizioni legali per istituire un sistema statale di risposta alla violenza domestica. Di conseguenza, le vittime di violenza domestica sono rimaste totalmente prive di protezione.
In controtendenza alla situazione del descritta, il movimento delle donne in Russia sta crescendo, è sempre più organizzato per resistere meglio alla crescente pressione. Le organizzazioni femministe creano oggi centri di crisi, forniscono servizi legali, rifugi privati e diffondono informazioni sui diritti umani delle donne.
Il movimento contro la violenza sulle donne è nato come parte del movimento femminile all’inizio degli anni Novanta. Nell’ultimo decennio di sviluppo del movimento femminile, a partire dal 2012-13, le attiviste e le ONG hanno continuato a impiegare le idee e i metodi di lotta che caratterizzavano la storia passata dell’attivismo russo, ma li hanno portati avanti grazie al progresso tecnologico e ai nuovi metodi di diffusione delle informazioni, ad esempio utilizzando attivamente i social network.
Gli ultimi sviluppi dimostrano che il movimento delle donne in Russia ha preso una posizione forte contro l’operazione militare speciale in Ucraina; uno degli esempi più importanti è la Resistenza femminista contro la guerra (FAS), un movimento di attiviste sempre più in espansione.
Questo articolo è un estratto dalla pubblicazione IAI “Gender issues in Russia”, un paper prodotto nell’ambito del progetto “L’impegno selettivo dell’Ue con la Russia”