“Je continuerai à vous servir” è la promessa fatta da Emmanuel Macron ai suoi connazionali nel breve discorso augurale del 31 dicembre. Il linguaggio è sibillino, visto che il presidente non è ancora ufficialmente in lizza per le elezioni presidenziali. Ma il tempo stringe e si avvicina la data dell’annuncio in piena regola della candidatura.
Arrivato al tramonto del suo mandato quinquennale, Macron ha realizzato solo una parte del programma da lui proposto ai francesi nel 2017. Per esempio ha dovuto rinviare la riforma pensionistica. Prima gli scioperi e poi la pandemia hanno scosso quel progetto, al tempo stesso il più simbolico e il più contestato della Francia macronista. Adesso gli elettori sono avvisati: se resterà all’Eliseo, l’attuale presidente non potrà fare marcia indiero sulle pensioni.
La sfida delle presidenziali
Visto da Parigi, questo primo gennaio non è un Capodanno qualsiasi. Mancano cento giorni alle elezioni presidenziali, in calendario per il 10 e il 24 aprile. Al tempo stesso, la Francia riceve dalla Slovenia il testimone della presidenza semestrale dell’Unione europea. Mentre si batte per restare presidente dei francesi, Macron ‘regna’ sui Ventisette come timoniere europeo. Doppia scommessa. Le recenti iniziative di Macron – l’articolo prenatalizio scritto con Mario Draghi per il Financial Times e messaggio radiotelevisivo di San Silvestro – sembrano un incastro tra la sfida nazionale e quella comunitaria. La Francia, come l’Italia, ha bisogno di un ‘atterraggio morbido’ sul pianeta ‘Normalità’.
Il successo dei programmi europei per superare gli effetti economici della pandemia è sotto gli occhi di tutti, così come la prospettiva che un giorno o l’altro, voltata la pagina dell’emergenza, l’Europa torni a un Patto di stabilità. Resta da capire quando e come l’Unione saprà darsi un assetto capace al tempo stesso di tranquillizzare i ‘Frugali’ senza allarmare i Paesi più vulnerabili in rapporto al proprio debito pubblico. L’Europa è chiamata a fare un salto di qualità, i cui termini e le cui dinamiche potranno chiarirsi (o non chiarirsi) proprio durante il semestre della presidenza francese.
Europeismo à porter
Ecco Macron presentare ai connazionali – nel dicorso di San Silvestro e non solo – la sua presidenza europea come un appuntamento chiave per l’insieme della politica francese del prossimo quinquennio, facendo così dell’europeismo il piatto forte della sua nuova battaglia per l’Eliseo. La sfida nazionale e quella europea diventano quasi un’unica competizione. Macron si presenta ai francesi come la sola persona in grado di garantir loro un’Europa veramente ‘amica’ e al tempo stesso scava un fossato profondissimo stra sé e il sovranismo euroscettico, rappresentato in primo luogo dai candidati presidenziali Marine Le Pen e Éric Zemmour.
Ma non basta. Macron usa gli argomenti europei per contrattaccare i sovranisti sui loro temi elettorali prediletti : rafforzamento delle frontiere, lotta all’immigrazione, sicurezza. In altri suoi interventi pubblici delle ultime settimane, Macron ha dato la sensazione di un inasprimento delle posizioni francesi a proposito del contrasto all’immigrazione clandestina, della vigilanza alle frontiere esterne dell’Unione e – qualora a Parigi tale vigilanza non venga reputata soddisfacente – della rimessa in discussione della libera circolazione delle persone tra Stati. Il tema di una riforma di Schengen ha una posizione chiave nel programma del semestre di presidenza francese. Le destre accusano Macron di non fare abbastanza per difendere le frontiere e lui sembra parare il colpo chiedendo all’Europa un maggiore rigore nel controllo dei flussi migratori.
Macron sa perfettamente da che parte spira per lui il vento del pericolo: da destra. Una destra che in tutte le sue componenti – da quella della candidata neogollista Valérie Pécresse a quella di Marine Le Pen o di Éric Zemmour – è decisissima a parlare il più possibile di immigrazione, di frontiere e di sicurezza. Nel rispondere alle critiche su questi argomenti, Macron non vuole assolutamente ispirare nei connazionali una sensazione di debolezza. Anche rispetto a questo cercherà dunque di plasmare le sue mosse in ambito europeo. L’europeismo di Macron è una bandiera sventolata ad ogni occasione. Ma non tutti gli elementi di quell’europeismo soddisfano allo stesso modo gli europeisti degli altri Paesi.
Foto di copertina EPA/JOHN THYS / POOL