Alla vigilia delle elezioni parlamentari polacche del 15 ottobre, i diritti LGBTIQ restano una delle questioni centrali nel dibattito pubblico del paese. Il partito nazional-conservatore Diritto e Giustizia (PiS), attualmente alla guida del governo di Varsavia e che punta a un terzo mandato, si è in passato scontrato con le istituzioni europee proprio sulla questione dei diritti di genere, evidenziando il sovrapporsi di prospettive molto diverse a riguardo a livello nazionale e sovranazionale.
È proprio al ruolo che i diritti di genere occupano nei programmi e nelle visioni politiche dei movimenti populisti di destra che è dedicata una serie di articoli nel nuovo fascicolo (settembre 2023) di The International Spectator. Analizzando quello che può essere descritto come uno scontro tra due “progetti biopolitici” di Ue e governo polacco, il contributo di Alexandra Yatsyk evidenzia le ambiguità del PiS. Pur adeguandosi in ultima istanza alle direttive comunitarie in materia di non discriminazione per non rischiare di perdere l’accesso ai fondi europei, il PiS non ha del tutto abbandonato la sua retorica ostile ai diritti di genere, come dimostrano alcune esternazioni transfobiche da parte di suoi esponenti di primo piano nel corso della campagna elettorale.
Con uno sguardo attento alle relazioni transatlantiche, Rebecca Sanders e Laura Dudley Jenkins si soffermano sulle posizioni anti-femministe dei populismi di destra, la cui idea di società, secondo le autrici, si fonda su una visione patriarcale che viene propagandata e diffusa da una sponda all’altra dell’Atlantico. In particolare, Sanders e Dudley Jenkins prendono in esame le tematiche dibattute durante le Conservative Political Action Conference tenutesi sia in Ungheria che in Texas nel 2022. Opposizione radicale al femminismo e ai diritti LGBTIQ caratterizzano molti degli interventi tenuti nel corso dei due incontri da leader politici, opinion leader e personalità mediatiche.
Infine, Bilge Yabanci e Erol Saglam si interrogano sulle posizioni e sulle strategie riguardo ai diritti di genere degli elettori e dei gruppi della società civile che sostengono il partito di maggioranza conservatore AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo) in Turchia. Significativamente, molti di questi attori, pur restando formalmente “conformi” alla linea politica dell’AKP, sono stati capaci di sviluppare una propria soggettività, cercando di “negoziare” dall’interno le posizioni più radicalmente anti-femministe e “anti-genere” all’interno delle forze di governo, a dimostrazione di una agency passata troppo spesso inosservata.
La guerra contro l’Ucraina oltre l’Occidente
Alle ripercussioni globali della guerra contro l’Ucraina è dedicata una seconda sezione della rivista. Nel suo saggio, Stefan A. Schirm si concentra sull’ascesa di un “Sud Politico“, come alternativa all’ordine internazionale a guida occidentale, in particolare attraverso il gruppo dei cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). L’antagonismo fra “Sud Politico” ed “Occidente Politico” è stato intensificato dalle divergenze riguardo all’aggressione russa in Ucraina, che hanno visto Brasile, Cina, India e Sudafrica assumere – sia pur con sfumature diverse – posizioni non coincidenti con la ferma condanna occidentale. Cionondimeno, Schirm evidenzia come la presenza di questo raggruppamento “alternativo” non precluda in realtà il perdurare di forme di scambio e collaborazione tra i due blocchi – in ambito commerciale o finanziario, per esempio –, anche in conseguenza delle spinte interne provenienti da determinati ambienti economici e sociali.
L’impatto della guerra sul commercio globale riecheggia poi nel contributo di Hussam Hussein e Matyas Knol. I due autori si soffermano in particolare sulle catene di distribuzione alimentare globali, evidenziando come l’interconnessione fra il conflitto in atto e un insieme di crisi preesistenti – su tutte la pandemia di Covid-19 e l’emergenza climatica – abbia acuito l’insicurezza alimentare. Quest’ultima, oltre ad impattare gravemente sui paesi più vulnerabili, impone un serio ripensamento sulla configurazione delle catene alimentari globali.
Infine, nel suo contributo, Barbara Pisciotta inserisce l’attuale guerra contro l’Ucraina nel più ampio quadro di strategie revisioniste portate avanti negli ultimi due decenni da Russia e Cina. Mentre la Cina sembra proporre una forma di “revisionismo riformista” su scala mondiale, attraverso strumenti di carattere diplomatico ed economico, dal 2008 in avanti la Russia si è impegnata in un revisionismo di stampo militare nello spazio post-sovietico, il cui successo o fallimento potrebbe avere ripercussioni di carattere globale.
La Cina nel Sud/Sud-Est asiatico
Altri due articoli sono invece dedicati alle implicazioni regionali dell’ascesa della Repubblica popolare cinese. Amrita Jash riflette sul “Secolo Asiatico” – espressione coniata nel 1988 da Deng Xiaoping durante uno scambio col primo ministro indiano Rajiv Ghandi – mettendo in luce il delinearsi di una “convivenza conflittuale” fra due giganti della scena asiatica (e mondiale), Cina e India. Mettendo in discussione la coesistenza pacifica tradizionalmente prospettata da ambo le parti, la conflittualità emergente sembra affondare le proprie radici su interessi strategici ben definiti, in ambito sia di definizione dei confini terrestri che marittimo.
Allo stesso modo, le pretese territoriali che la Cina avanza nel Mar Cinese Meridionale sono percepite come una minaccia dal governo indonesiano, preoccupato per la propria sicurezza nazionale. Il contributo di Moch Faisal Karim, Andini Gobel e I Gede Wahyu Wicaksana illustra l’ambivalenza delle politiche indonesiane nei confronti della Repubblica Popolare Cinese, che è vista da Giacarta sia come partner commerciale che come potenza rivale. Gli autori rivolgono la loro attenzione in particolare al sistema della politica estera indonesiana, la cui frammentazione è efficacemente armonizzata dalla figura di un ‘curatore’ che, pur operando in maniera informale, garantisce una coerenza di fondo nell’approccio verso l’amico/rivale cinese.
Ue e crisi climatica
Viene, infine, affrontato un altro tema di grande urgenza e attualità: il processo di decarbonizzazione europeo. Come sta evolvendo, alla luce della transizione energetica, il ruolo dell’UE nell’ambito della geopolitica dell’energia?
Nonostante l’emergere di nuove interdipendenze, l’analisi comparativa di Marco Giuli e Sebastian Oberthür dimostra che, in un futuro ‘green’, l’Ue potrebbe assistere nel complesso ad un miglioramento della propria posizione geopolitica traendo vantaggio, ad esempio, dalla diversa natura e disponibilità delle materie prime necessarie e da nuovi rapporti con i paesi produttori.
Non di meno, nell’attuale fase di transizione energetica, la leadership che l’Ue ha dimostrato di saper assumere nei fora climatici – come la United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) o l’Accordo di Parigi – si rispecchia solo parzialmente nelle misure volte ad estendere l’azione climatica al settore dei trasporti. Il contributo di Joseph Earsom, a tal proposito, prende a riferimento i risultati delle negoziazioni nei due principali fora internazionali dedicati ai trasporti, la International Civil Aviation Organization (ICAO) e la International Maritime Organization (IMO), facendo luce sui fattori responsabili di questa presunta “incoerenza” europea.
Foto di copertina EPA/Maciej Kulczynski POLAND OUT