Il 24 febbraio rimarrà una data storica. La guerra in Ucraina rappresenta un cambiamento dell’ordine internazionale che porterà molto velocemente ad una trasformazione geopolitica dell’Europa e non solo. Quale futuro, quindi, per la difesa europea? Ne hanno parlato nel Forum AI “La difesa in Europa dopo l’invasione russa dell’Ucraina” gli esperti dello IAI – Alessandro Marrone, Nona Mikhelidze ed Elio Calcagno – insieme al Sottosegretario di Stato per la difesa Giorgio Mulè e al già capo Stato Maggiore dell’Esercito Italiano Salvatore Farina. Ha introdotto il vicepresidente IAI Michele Nones. Il webinar è stato moderato da Francesco De Leo, direttore di AffarInternazionali, la rivista dello IAI, e ha visto la partecipazione della coordinatrice editoriale Emanuela Colaci.
L’Europa sta cambiando
“Il mondo che abbiamo conosciuto negli scorsi 77 anni è finito. È finito insieme alle illusioni di chi riteneva che lo fossero anche le guerre convenzionali o perlomeno quelle combattute in Europa”. Michele Nones ha introdotto così il dibattito sul futuro della difesa europea. Il cambiamento dell’ordine internazionale dopo le azioni di Putin prefigura una risposta, per quanto riguarda difesa e sicurezza, da parte dell’Unione.
Ora come ora “l’Europa e la Nato ne escono rafforzate” ha detto il vicepresidente IAI e “la costruzione di un’Europa della difesa ha cessato di essere un miraggio e diventa oggi un progetto credibile”. I temi da affrontare saranno due: l’attuale sistema politico e istituzionale europeo sarà in grado di sostenere una trasformazione dell’Unione da soggetto economico a soggetto (anche) politico? E quali saranno le modalità per garantire il massiccio investimento europeo per la difesa?
Il ruolo italiano nella difesa in Europa
Ospite del webinar, il Sottosegretario di Stato alla Difesa Giorgio Mulé ha cercato di delineare il ruolo dell’Italia nel progetto di difesa futuro e la nuova postura che dovrà avere l’Unione europea in politica estera. “Le spese militari non devono più essere percepite come una spesa inutile ma come investimenti fondamentali per potere proteggere la sovranità dello stato” ha spiegato il Sottosegretario, ricordando la “sacralità” della difesa dei confini, stabilita nell’articolo 52 della Costituzione. “Molte volte la narrazione mainstream ha raccontato di come le spese per un F35 sarebbero potute servire per costruire ospedali o asili” – ha aggiunto Mulè – “ma il paradigma sta cambiando.”
Cosa sta facendo l’Italia? “Possiamo osservare, tra il 2019 e il 2021, una spesa che, in termini di investimenti, è cresciuta addirittura del 75% essendo oggi intorno agli 8,27 miliardi” ha spiegato il Sottosegretario. “È una spesa che nel suo complessivo oggi somma 25.8 miliardi di euro, in crescita del 3/4% sul 2021, ma addirittura di quasi il 20% rispetto al 2019. Allora la consapevolezza c’è ma bisogna fare quel passaggio in più per portare i 25.8 miliardi intorno ai 38 miliardi che rappresentano il 2% del Pil, come da accordi”. Questo, per Mulè, deve essere la base per cominciare seriamente a fare progressi.
Le nuove sfide
I punti toccati dal Sottosegretario Mulè sono tanti, come l’approccio multi-dominio, per integrare nel miglior modo possibile l’esercito, la marina, l’aviazione ma anche due ulteriori domini importantissimi: lo spazio e la cibernetica, “colmando le grandi praterie” con grossi investimenti nella cybersecurity.
La risposta europea non deve fermarsi alla deterrenza per contenere Putin, ma deve guardare a tutti gli spazi in crisi. Dove dovrà cercare di essere più presente è nel Mediterraneo allargato, nel Sahel, dove la Francia sta perdendo l’influenza in favore della Cina, che si sta insinuando in tutto il continente.
Insomma, l’Europa tutta dovrà investire in maniera decisa, non solo nelle nuove tecnologie, ma anche sui mezzi terreni e convenzionali che si pensava potessero appartenere al passato e che invece la Russia ha dimostrato che fanno parte ancora del presente.
Le analisi IAI
Intanto, però, l’invasione in Ucraina prosegue. Nona Mikhelidze ha analizzato quattro possibili scenari futuri: a) la Russia potrebbe usare armi chimiche, rendendo la guerra ancora più atroce; b) Putin potrebbe decidere di “congelare” la guerra, facendola diventare a bassa intensità, come nel Donbass negli ultimi 8 anni; c) la Russia potrebbe vincere una prima fase, per poi dover conquistare le città in un conflitto che diventerebbe una guerriglia; d) Putin potrebbe prendere il controllo anche delle città, con il problema poi di tenerle contro un Occidente che continuerebbe a sanzionare la Russia per mesi e mesi, cercando di destabilizzare l’economia russa e farle distogliere lo sguardo dall’Ucraina.
La guerriglia è tra gli scenari possibili delineati anche da Alessandro Marrone, ma sarà da monitorare anche la leadership di Putin. Cosa deve fare la Nato? “Bisogna che punti sui partenariati con i paesi vicini” in modo da distanziarli dalle influenze russe e cinesi. Deve crearsi una nuova “sinergia” tra Unione europea e Nato e investire nella difesa raggiungendo il 2% del Pil, seguendo l’esempio tedesco.
Esercito europeo e risposta Nato
Secondo i dati raccolti da un sondaggio di SWG per La7, il 57% degli italiani sarebbe favorevole alla costituzione di un esercito europeo. Quali potrebbero essere gli ostacoli normativi e politici? “Dal punto di vista normativo” ha spiegato il Sottosegretario alla difesa “all’interno della nostra costituzione noi già riconosciamo il nostro aggancio strutturale alla sovranità europea della quale, non a caso, siamo uno dei paesi fondatori. Vi sarebbe quindi soltanto la necessità di ricorrere a un trattato o a un accordo in seno all’Unione europea che sia cogente per il nostro ordinamento. Quindi, dal punto di vista normativo, non riscontro difficoltà o ostacoli”. Dal punto di vista politico ci potrebbero essere delle frizioni, ma bisogna sperare nella stessa convergenza che stanno avendo adesso i paesi membri nell’aiutare l’Ucraina.
La risposta militare Nato è impossibile? E quali impressioni sulla minaccia nucleare mossa da Putin? Per Mulè la Nato ha assunto la giusta postura, muovendosi in fretta. Imporre una no-fly zone, come è stato richiesto, vorrebbe dire scontro diretto tra Nato e Federazione Russa. Sulla minaccia nucleare “se venisse utilizzata non ci sarebbe più nessun vincitore”.