È stato davvero un successo il Vertice di Roma del G20, come asserito dal presidente del Consiglio Mario Draghi? O ha ragione il Segretario generale dell’Onu António Guterres a dichiararsi “insoddisfatto” per l’esito della riunione? Dipende naturalmente da dove si pone l’asticella, da quale termine di paragone si adotta, e da quale peso specifico si assegna ai singoli dossier di cui il G20 si è occupato in questo anno di presidenza italiana, poiché non tutti hanno la stessa rilevanza ed urgenza. Né è possibile ignorare l’evoluzione del contesto internazionale in cui la presidenza italiana si è trovata ad operare.
Il punto di partenza, vale la pena ricordarlo, non era dei più favorevoli. L’unilateralismo di Donald Trump aveva inferto colpi micidiali al G20, così come ad altri consessi della cooperazione internazionale. Trovare un terreno d’accordo su questioni come il commercio e il cambiamento climatico era diventato un’impresa improba, e l’annuncio del ritiro degli Usa dall’Organizzazione mondiale della Sanità aveva pesato come un macigno sulle prospettive di collaborazione nella lotta alla pandemia. Per dirla con Draghi, la capacità dei leader del G20 di “lavorare insieme” era “diminuita”.
Nell’ultimo anno, però, secondo lo stesso Draghi, “qualcosa è cambiato”. Merito di Joe Biden, si dirà, che è tornato a impegnare gli Usa su molteplici dossier internazionali, riabbracciando la prospettiva multilateralista. Ma è un indubbio merito del governo italiano aver saputo far leva sul nuovo corso politico americano per tentare di ridare smalto al G20. Secondo Draghi, il Gruppo avrebbe ritrovato “lo spirito” che lo animava in precedenza. Sicuramente alcuni fili della cooperazione internazionale sono stati riannodati.
Russia e Cina alla finestra
Tuttavia, la presidenza italiana ha dovuto fare i conti con alcuni sviluppi dello scenario politico ed economico internazionale che hanno complicato non poco l’azione diplomatica in ambito G20. Primo fra tutti, l’inasprimento della rivalità geostrategica tra Usa e Cina e delle tensioni tra i Paesi democratici occidentali e quelli autoritari. Come si è visto anche al Vertice di Roma, è diventato sempre più difficile perseguire accordi globali in questo clima di crescente sfiducia reciproca. Comunque la si voglia interpretare, l’assenza fisica dalla riunione del presidente cinese Xi Jinping e di quello russo Vladimir Putin riflette anche una presa di distanza dal contesto del G20.
Il Vertice è stato, fra l’altro, un’occasione per rinsaldare i legami transatlantici e Biden si è impegnato a fondo in questa direzione, con ampi riconoscimenti, in particolare, agli alleati europei (cui ha fatto riscontro, in parallelo, la decisione della Casa Bianca di sospendere i dazi sulle importazioni di acciaio ed alluminio dall’Ue). Questo clima di maggiore intesa tra i Paesi occidentali non è però visto di buon occhio dal leader russo e da quello cinese, che vi scorgono l’intento di fare fronte comune contro di loro, e temono, fra l’altro, che i contesti di cooperazione come il G20 diventino sempre più a trazione occidentale.
Anche per questo Russia e Cina sono tornate a porre l’accento, proprio nei giorni del Vertice, sul ruolo del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove possono esercitare appieno la loro influenza. Va dato atto a Draghi, che, pur essendo in sintonia con una linea di franco confronto con i regimi autoritari, ha fatto del suo meglio, da presidente del G20, per attenuare le tensioni, nella convinzione, più volte ribadita, che “la diplomazia dello scontro non aiuta”.
I colli di bottiglia delle forniture
La presidenza italiana si è dovuta misurare con altre sfide in campo economico. Nel corso dell’anno sono emerse sempre più chiaramente alcune fragilità dell’economica internazionale, provocate perlopiù dalla pandemia, che gettano un’ombra sulla prospettiva di una ripresa equa e sostenibile.
Il fenomeno più vistoso è la perturbazione delle catene globali delle forniture che ha avuto effetti ad ampio raggio, complicando, fra l’altro, il raggiungimento di accordi internazionali in campo commerciale e tecnologico. Sono inoltre venute alla luce alcune difficoltà strutturali della transizione verso uno sviluppo ecologicamente sostenibile che erano state in precedenza sottovalutate e che la crisi energetica ha ulteriormente acuito.
Questi nuovi fattori di incertezza hanno condizionato i negoziati in seno al G20. La presidenza italiana non ha potuto non tenerne conto e ha compiuto un notevole sforzo per rivedere ed aggiornare l’agenda del Gruppo a queste nuove problematiche.
Riforma della governance globale
Draghi ha premuto molto sul tasto del multilateralismo, che ha definito la “risposta migliore ai problemi che abbiamo di fronte”. Ma quali concreti passi avanti sono stati compiuti per rafforzare la governance multilaterale? L’esempio di accordo multilaterale cui Draghi ha fatto più spesso riferimento è l’imposta minima globale sulle multinazionali, presentata un po’ enfaticamente come “riforma del sistema di tassazione internazionale: una decisione indubbiamente di alto valore simbolico, perché riguarda l’imposizione fiscale, uno dei settori pilastro della sovranità nazionale, ma anche perché è un tentativo concreto di governo di uno degli effetti perversi della globalizzazione.
Fiore all’occhiello della presidenza italiana, la tassa sulle multinazionali è stata frutto di un esemplare gioco di squadra, basato su un negoziato in corso da tempo in sede Ocse e su un preliminare accordo transatlantico, sancito dal G7, che è poi stato recepito dal G20.
Nessun progresso è stato fatto invece in materia di riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Draghi ha però parlato di “linea di direzione positiva” perché sono state almeno superate, a suo avviso, le tensioni dell’era Trump. I leader del G20 poi hanno ribadito la generica intenzione di rivedere il sistema delle quote e la governance del Fondo monetario internazionale (Fmi), ma l’attenzione si è concentrata soprattutto sull’utilizzo di una parte della nuova allocazione dei diritti speciali di prelievo (Special Drawing Rights, Sdr) del Fmi – 650 miliardi di dollari – , entrata in vigore lo scorso agosto, per accrescere il sostegno ai Paesi a più basso reddito, un aspetto su cui Draghi ha posto un forte accento, ma che dipende da una decisione volontaria degli Stati. Dai lavori del G20 è, in generale, emersa l’esigenza di costruire un nuovo sistema di finanza per lo sviluppo, su cui, ci si attende, lavoreranno le prossime presidenze del Gruppo.
Altra questione di grande rilievo sono gli ulteriori sviluppi dell’iniziativa di sospensione dei pagamenti (Debt Service Suspension Initiative, Dssi) a favore dei Paesi economicamente più deboli entrata in vigore nel maggio dello scorso anno. La dichiarazione finale del Vertice pone l’accento sul negoziato in corso per la definizione di un quadro comune (Common Framework) che possa garantire una gestione più trasparente e coordinata del debito. In campo energetico, nonostante l’interesse ad assicurare la stabilità dei mercati, non s’intravvede alcuna iniziativa di rilievo per la creazione di meccanismi efficaci di cooperazione multilaterali.
Nonostante la crisi pandemica ancora in atto, manca un disegno organico di riforma della governance della saluta globale, in particolare del Wto. Nella dichiarazione finale del Vertice viene però menzionata l’idea di una facility per assicurare un’assistenza finanziaria adeguata alla prevenzione e gestione delle pandemie. La presidenza italiana si è adoperata per assicurare un più stretto coordinamento tra politiche sanitarie e finanziarie; è stata creata, fra l’altro, una task force congiunta tra ministri delle finanze e della salute. Restano le gravi inadempienze in materia di distribuzione dei vaccini ai Paesi a più basso reddito, anche se Draghi, mostrandosi ottimista, si è detto convinto che gli obiettivi, riaffermati a Roma, possano essere raggiunti entro le scadenze previste.
Clima al centro delle controversie
Le maggiori controversie sono sorte sul contrasto al cambiamento climatico. L’asserzione di Draghi che il Vertice G20 abbia creato un “solido fondamento” per le successive decisioni della Conferenza dell’Onu sul clima (Cop26) di Glasgow, attualmente in corso, è stata contestata da più parti. In effetti, Cina, Russia e India hanno rifiutato di impegnarsi per il raggiungimento della neutralità carbonica a livello globale entro il 2050 e forti rimangono le resistenze anche in molti altri Paesi. Draghi ha però insistito sulla novità rappresentata dal riconoscimento unanime della validità scientifica dell’obiettivo di limitare a un grado e mezzo l’aumento globale della temperatura sopra i livelli preindustriali.
In realtà, prendendo atto delle difficoltà che sta incontrando la transizione verde, Draghi ha sostenuto che è impossibile prefigurarne ora le tappe e che bisogna pertanto procedere un passo alla volta: una visione pragmatica, che è apparsa in stridente contrasto con gli scenari apocalittici evocati dal premier britannico Boris Johnson. Draghi si è d’altronde mostrato fiducioso anche sul ruolo che potranno avere le nuove tecnologie nel contrasto al cambiamento climatico, in sintonia con il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. La sua asserzione, poi, che “il denaro non è un problema” ha suscitato un certo clamore. L’intento era chiaramente quello di rimarcare il potenziale apporto dei capitali privati. Va ricordato a questo proposito che sotto presidenza italiana il G20 ha intensificato i lavori per la definizione di standard per misurare, attraverso un sistema di reporting, la performance degli investitori in materia ambientale. Resta da vedere se i Paesi economicamente più avanzati riusciranno finalmente a rispettare l’impegno di erogare cento miliardi l’anno per aiutare quelli più svantaggiati a far fronte al cambiamento climatico.
È ingenuo pensare che il G20, in quanto tale, possa fungere da trampolino di lancio di un nuovo multilateralismo. La presidenza italiana ha però dimostrato che può essere uno strumento utile per intensificare il dialogo sulle questioni cruciali da cui dipende il nostro futuro e per tenere aperta la prospettiva di una riforma della governance globale. I risultati ottenuti durante quest’ultimo anno testimoniano che una leadership accorta può creare, nonostante le persistenti tensioni tra i Paesi membri, un clima di collaborazione nel quale è possibile individuare e promuovere soluzioni di cui tutti possono beneficiare.
Foto di copertina EPA/FILIPPO ATTILI