L’ultima legge approvata dal parlamento nel campo della difesa in questa legislatura è stata la n. 119 del 5 agosto 2022 che rinvia di dieci anni il termine per la riduzione delle Forze Armate a 150 mila unità, prevista dalla legge n. 244 del 2012.
Il fallimento della politica
Tutti, e in primo luogo le Forze Armate, hanno salutato con soddisfazione l’allontanamento della spada di Damocle rappresentata dalla riforma voluta dall’allora ministro della Difesa Di Paola. Ovvio che il non aver adottato durante lo scorso decennio le riforme e i cambiamenti necessari per riorganizzare su nuove basi lo strumento militare, ha reso indispensabile una proroga della scadenza inizialmente prevista e in questa direzione si è dovuto muovere il ministro della Difesa Guerini. Ma per quanti credono nella necessità di una forte modernizzazione dell’intero sistema-paese, la vicenda ha rappresentato una profonda delusione e impone alcune riflessioni.
La legge del 2012 era stata elaborata dal ministero della Difesa sotto la guida di un ministro che precedentemente era stato segretario generale della Difesa, capo di stato maggiore della Difesa e presidente del Comitato Militare della Nato, uno dei maggiori conoscitori del nostro sistema-difesa. L’aver previsto un decennio scontava la necessità di graduare nel tempo l’attuazione dei provvedimenti conseguenti ed era un obiettivo realistico, a condizione che il mondo politico (governo e parlamento) avesse voluto seriamente perseguirlo: presupponeva, infatti, l’approvazione di numerosi cambiamenti legislativi e regolamentari e la disponibilità di risorse finanziarie adeguate per costruire uno strumento militare equilibrato ed efficiente.
Tutto questo avrebbe richiesto una forte volontà politica bi-partisan che premiasse l’interesse generale e contrastasse quelli partitici, corporativi, lobbistici, ma le cose sono andate diversamente. L’aver deciso oggi un rinvio della nuova scadenza di altri dieci anni è il riconoscimento che di fatto siamo rimasti praticamente al punto di partenza.
Il programma di riforma
La legge del 2012 introduceva una specie di ‘vincolo esterno’ alla riforma nella speranza che la prevista riduzione dell’organico secondo un calendario programmato, avrebbe costretto a varare gli opportuni correttivi che garantissero un’equilibrata transizione: promozione dell’arruolamento attraverso forti incentivi e la prospettiva di un’esperienza dinamica, internazionale e di alto valore; messa a punto di un efficace sistema per la ricollocazione nel mondo lavorativo (pubblico e privato) della gran parte dei volontari a ferma prolungata, valorizzando le specifiche competenze acquisite; accelerato ricollocamento del personale in servizio non più indispensabile in altre amministrazioni o incentivazioni fiscali al passaggio ad attività professionali private; possibile trasferimento di personale dalle Forze Armate all’amministrazione civile della Difesa. Ma, soprattutto, l’istituzione di una forza di riserva in modo da poter contare, in caso di necessità, sul contributo di personale addestrato e già inquadrato, con un costo ragionevole per la collettività. Nello stesso tempo si manterrebbe un forte legame con quella parte del personale che volesse continuare a partecipare alla difesa e alla sicurezza del Paese, garantendo ovviamente adeguate tutele normative e incentivi.
Scenari per la nuova legislatura
Il nuovo governo dovrebbe far tesoro di questa esperienza, evitando gli errori fin qui commessi dai precedenti, fra cui, evidentemente, quello di non aver saputo sensibilizzare parlamento e opinione pubblica sull’assoluta necessità di una riorganizzazione del nostro strumento militare. Avrà, comunque, due vantaggi rispetto al passato:
1 Potrà utilizzare la delega per la revisione dello strumento militare nazionale, contenuta nella nuova legge. Entro un anno, lavorando di buona lena, dovrebbe poter definire l’insieme dei decreti legislativi da adottare. Entro i due anni successivi potrebbe eventualmente adottare ulteriori provvedimenti migliorativi.
2 Potrà contare su un vertice e su una dirigenza militare più coesa, cresciuta in un ambiente più interforze e internazionale, più competente professionalmente, più esperta anche sul piano operativo. Una risorsa preziosa per disegnare i provvedimenti necessari e spiegarli chiaramente alle stesse Forze Armate, all’opinione pubblica e ai decisori politici. Se sarà utilizzata in un quadro di maggiore stabilità governativa e se ci sarà la necessaria volontà politica, all’inizio del prossimo decennio avremo uno strumento militare più moderno, solido ed efficiente.
Foto di copertina ANSA/CLAUDIO PERI