Quasi un anno dopo il viaggio di papa Francesco in Slovacchia e Ungheria, le strade del pontefice e di Budapest si incrociano di nuovo con l’udienza, in programma giovedì 25 agosto, della nuova presidente magiara Katalin Novak.
Eletta dal parlamento ungherese nello scorso marzo, Novak è una fedelissima del primo ministro Viktor Orbán, nonché già vicepresidente di Fidesz, partito di maggioranza, e ministro degli Affari familiari per poco più di un anno tra il 2020 e il 2021 proprio nel governo dell’attuale leader ungherese. Del resto, l’elezione di Novak è arrivata grazie alla totalità dei voti della compagine governativa nell’Assemblea nazionale, ovvero il movimento di Orbán e gli alleati del Partito Popolare Cristiano Democratico. A meno della metà si è fermato lo sfidante Péter Róna, sostenuto dalle opposizioni.
Un’udienza inedita su temi noti
Si tratterà, dunque, del primo incontro in assoluto tra papa Francesco e la presidente Novak., riconosciuta, sia nel proprio Paese sia a livello internazionale, soprattutto per la sua tenace battaglia sulla natalità e la difesa della ‘famiglia tradizionale’ contro quella che lei stessa definisce come ‘ideologia gender’.
Temi ricorrenti nella narrazione nazionalista di Orbán e Fidesz, che hanno costruito il proprio vasto consenso in Ungheria anche sull’identità cristiana del Paese nella quale, appunto, Novak si riconosce perfettamente. E che, proprio per questo, hanno spinto la maggioranza di governo a votarla per la presidenza.
Forma e sostanza, però, non sono quelli propri di Francesco. Lo spirito universalistico della Chiesa di Bergoglio impone a quest’ultima di non abbracciare governi, sistemi di alleanze o blocchi di Stati, anche se questi ultimi, come quelli di Visegrád, si reputano spina dorsale di un’Europa nuovamente cristiana. Incensare la politica, per la religione, significa legittimarne gli estremismi e, di conseguenza, le conflittualità.
Le aperture del Vaticano
Una Chiesa che rifiuta le persone non è tale. Bensì, come ha detto lo stesso papa Francesco, si trasforma in una “setta”. Ha risposto così Bergoglio ad alcune domande di James Martin, gesuita statunitense impegnato da anni nella pastorale delle persone omosessuali. Un messaggio chiaro, reso ancor più specifico dal pontefice con la precisazione che un eventuale rifiuto rivolto a una persona Lgbtq+ dev’essere interpretato non come “il rifiuto della Chiesa”, ma di “persone nella Chiesa”.
Tra queste ultime, pur non essendo formalmente “nella Chiesa”, si vorrebbe senz’altro inserire la presidente Novak, che a più riprese, anche durante il Congresso mondiale delle famiglie svolto a Verona nel 2019, non si è risparmiata nella sua narrativa dai toni spiccatamente omofobi.
Del resto, la stessa Novak, nel luglio del 2021, ha sostenuto la cosiddetta ‘normativa antipedofilia’ approvata da Budapest, definita “vergognosa” dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in quanto pone sul medesimo piano, condannandole, pornografia, cambiamento di sesso e omosessualità.
Creare ponti e non muri – ha chiesto ripetutamente papa Francesco durante il suo pontificato. E in Ungheria, da alcuni anni, sembrano prevalere i secondi, anziché i primi.
Immigrati dall’Ucraina, oltre l’emergenza
Dal 2015, del resto, oltre 500 chilometri di muro fisico, in acciaio e filo spinato, separano l’Ungheria da Croazia e Serbia, sigillando completamente il Paese durante la crisi migratoria che, in quell’anno, stava attraversando la rotta balcanica. Una decisione che, elettoralmente, ha premiato Orbán: tra il voto del 2014 e quello del 2018, Fidesz ha significativamente incrementato il numero di preferenze.
La retorica anti-immigranti, che ha un peso specifico notevole all’interno del sistema di valori e credenze proposto da Novak e Orbán, ha dovuto però confrontarsi con il conflitto in Ucraina. I Paesi, infatti, sono confinanti e, dall’inizio dell’invasione russa, l’Ungheria ha già accolto oltre 250mila rifugiati ucraini.
Per l’impegno ungherese, papa Francesco ha ringraziato personalmente Orbán durante la sua visita ad aprile scorso in Vaticano. Ma il problema della gestione e del futuro dei flussi migratori rimane: le politiche messe in campo dai suoi governi dal 2010 a oggi hanno di fatto smantellato il sistema di accoglienza del Paese, preso in carico quasi esclusivamente da associazioni volontarie.
Proprio per questo, il tema dei migranti sarà centrale nell’incontro tra Novak e Bergoglio. Per il pontefice, andare oltre l’emergenza ucraina è fondamentale. L’accoglienza dei rifugiati non può essere un’iniziativa una tantum, ma un presupposto per creare una società più inclusiva e un “futuro di pace”, come ha detto nel messaggio in vista della 108ª Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato.
Foto di copertina ANSA/ VATICAN MEDIA