Tra le costanti della politica estera italiana c’è l’attenzione per il Golfo Persico e l’impegno nel garantirvi legalità dei traffici marittimi e libertà di navigazione. Il comando della missione navale europea di sorveglianza nello Stretto di Hormuz (EMASoH) a guida francese, affidato alla Marina italiana da questo mese, non giunge quindi inaspettato. E non a caso coincide con la visita a Roma del ministro degli esteri iraniano.
Vari sono i nostri interessi nel Golfo, tutti caratterizzati da consolidati rapporti coi Paesi della regione, Qatar in testa. Il patrimonio di relazioni ed esperienze maturate da quando nel 1987 inviammo nell’area la nostra Marina durante il conflitto Iran-Iraq, ci consente ora di contribuire alla stabilizzazione delle vie di transito ad Hormuz. Teheran non ne minaccia più la chiusura, ma prevenire i rischi è proprio lo scopo della missione.
La missione europea negli Emirati
Attiva sin dal 2020, con base negli Emirati, EMASoH è un’operazione cui aderiscono Paesi Ue come Belgio, Danimarca, Grecia, Italia, Olanda, Portogallo e Germania (che non ha ancora fornito assetti), ma non inquadrabile nella Politica estera e di sicurezza comune dell’Unione. Volendo, la si potrebbe considerare una forma di cooperazione rafforzata.
La missione, iniziata dopo il sequestro da parte iraniana del mercantile britannico “Stena Impero”, si propone di proteggere dal pericolo di minacce asimmetriche la libertà e la sicurezza della navigazione di mercantili riconducibili ai Paesi partecipanti. Il suo scopo è anche di favorire la cooperazione regionale, escludendosi una contrapposizione di principio all’Iran.
Differente invece la configurazione dell’ International Maritime Security Construct, a guida Stati Uniti-Gran Bretagna, che agisce in funzione anti-iraniana. Questa coalizione è presente con l’operazione Sentinel in un’area estesa sino al Mar Rosso: costante il suo confrontarsi ad Hormuz con barchini della milizia del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (detti anche Pasdaran) nel corso di pericolosi incontri ravvicinati.
Sicurezza e difesa italiana nel Mediterraneo
In sintonia con la Strategia di sicurezza e difesa per il Mediterraneo del ministro Guerini, che riconosce il prioritario interesse strategico del Mediterraneo Allargato, l’ultimo Decreto missioni ha approvato il nostro inserimento nel dispositivo aeronavale di EMASoH.
Dopo una prima partecipazione nel 2021 con la Fregata “Martinengo”, la Marina italiana lo scorso 6 luglio ha assunto il comando tattico della forza affidandolo all’ammiraglio Stefano Costantino, imbarcato sul Pattugliatore d’altura Thaon di Revel.
Trattandosi di una coalizione volontaria, ogni Paese mantiene il comando pieno sulle proprie Unità; tuttavia dovrebbe essere stata elaborata una cornice giuridico-operativa comune che, in assenza di specifiche risoluzioni Onu, si rifà all’applicazione della Convenzione del diritto del mare (Unclos) ed al principio della legittima difesa.
Scenari di crisi
Sin dagli anni Ottanta del secolo scorso Teheran ha mostrato di fare un uso strategico dello stretto minacciando di fermare il traffico petrolifero via mare (circa un quarto di quello mondiale).
Il problema è che Hormuz, dal punto di vista geografico oltre che giuridico, è uno stretto internazionale sia perché è quasi interamente coperto dalle acque territoriali di Iran ed Oman (21 miglia è la sua ampiezza minima) sia perché collega aree di alto mare e di Zee (zona economica esclusiva).
Le navi mercantili e da guerra godono al loro interno di libertà di transito senza preavviso secondo il regime del diritto di passaggio in transito dell’Unclos che prescrive specifiche regole di navigazione finalizzate a non minacciare la sicurezza degli Stati rivieraschi. Il punto è che l’Iran nega agli Stati Uniti, quale stato che non è parte della Convenzione, la titolarità di questo diritto.
Per il passaggio sono stabiliti schemi di separazione del traffico. Nella parte centrale dello stretto, questi ricadono integralmente nelle acque territoriali dell’Oman poiché dal lato iraniano la presenza di isole rende i fondali non idonei alla navigazione.
Il transito delle navi da guerra è in sé rischioso per via della difficoltà di rispettare alla lettera le prescrizioni dell’Unclos e per l’incertezza dei limiti degli spazi marittimi. Frequenti sono quindi stati, in situazioni di ipotetiche violazioni, gli incidenti di navigazione tra unità statunitensi e barchini dei Pasdaran.
Peace-keeping navale italiano
Teheran è ancora isolata dalle sanzioni. Nonostante i tentativi di Mosca di attrarla nella sua orbita, si pensa che possa ritornare a rifornire l’occidente di petrolio e gas dopo la firma di un nuovo accordo sul nucleare. Su questa strada ci sono però diversi ostacoli, a cominciare dall’inserimento dei Pasdaran nella lista statunitense delle organizzazioni terroristiche.
EMASoH è, proprio per questo, una straordinaria occasione che si offre all’Italia di contribuire alla stabilizzazione dell’area, mostrando bandiera nel Golfo e rafforzando, grazie ai suoi tradizionali legami, la cooperazione regionale. L’attitudine italiana a svolgere operazioni di mantenimento della pace consente ora di svolgere al meglio un’attività cui la Francia – alla quale ci lega ora il Trattato del Quirinale – ha impresso caratteri di neutralità, dialogo ed allentamento della tensione.
La nostra partecipazione ad EMASoH è anche indice del fatto che la marittimità italiana, spesso sottovalutata e misconosciuta, è una realtà fatta di capacità militari, diplomazia navale ed interazione tra Marina e trasporto marittimo nazionale. Certo, ora le priorità di un’Italia in crisi politica sono ben altre. Fino a ieri la nostra attenzione era massima per il Mar Nero e per il Mediterraneo orientale, non escluso quell’Indo-Pacifico che il G7 continua a mettere nella sua agenda. Ma, ragionando in termini di Mediterraneo Allargato, il Golfo, Hormuz e le aree limitrofe sono un’area dove l’Italia è da anni presente e dove è quindi necessario continuare a esserci.
Foto di copertina EPA/IRANIAN ARMY OFFICE