L’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio è stata preparata e accompagnata da due azioni: un attacco cyber al segmento di terra di Viasat, provider statunitense di comunicazioni satellitari, e una vasta operazione di disturbo dei segnali di posizionamento, tempo e navigazione.
La prima azione ha visto dunque messo in atto un attacco tipico delle operazioni multi-dominio, che attraverso il dominio cyber ha colpito quello spaziale, disabilitando i terminali di comunicazione presenti sul territorio e danneggiando le capacità di comando e controllo delle forze armate ucraine di cui Viasat è fornitore di servizi.
La seconda azione ha compromesso la precisione dei segnali GPS e Galileo sul confine e lungo le linee offensive russe, ma interferenze e disturbi sono stati registrati dal Mar Nero al Baltico in direzione di Kaliningrad, con ripercussioni anche sull’aviazione civile.
La natura strategica dello spazio
I satelliti e le infrastrutture spaziali stanno contribuendo a raccontare la guerra, dando una connotazione di quasi tempo reale come non era mai accaduto. Attraverso le immagini satellitari, il conflitto può essere spiegato, verificato e reso il più trasparente possibile, che si tratti di riscontrare i dettagli delle operazioni e le perdite sostenute dalle parti o di constatare gli orrori perpetrati dalle forze russe.
In alcuni casi, i dati spaziali informano gli attori coinvolti provando ad anticipare strategie e tattiche nemiche. È successo all’alba dell’invasione con la condivisione delle immagini delle colonne russe al confine ucraino, arrivando a svelare le intenzioni dell’offensiva nei casi delle immagini di fosse comuni scavate ben prima di sferrare eccidi contro i civili.
La guerra ha dunque aperto un fronte spaziale, per la prima volta su una così larga scala dopo i primi esempi nella guerra del Golfo, in Afghanistan e in Siria. Gli assetti spaziali sono parte attiva e passiva del conflitto: agenti di intelligence, servizi essenziali per la difesa ma anche bersagli dell’offensiva. Il fronte spaziale del conflitto ha una doppia natura: da un lato, c’è l’apertura strategica del nuovo dominio e l’utilizzo dei servizi di comunicazione, geo-intelligence e navigazione necessari per dare efficacia e fornire nuovi strumenti alle forze in campo. Dall’altro, ci sono le ripercussioni sul settore spaziale, derivanti anche dalle risposte sanzionatorie della comunità occidentale contro la Russia.
Guerra e ‘quinto dominio’
L’attacco a Viasat e le operazioni di spoofing dei segnali di posizionamento (necessari anche per le munizioni tele-guidate) sono state solo le prime e più evidenti azioni di allargamento del conflitto al quinto dominio. Dopo l’attacco alle comunicazioni satellitari ed alle stesse infrastrutture terrestri, il vice primo ministro ucraino Mykhailo Fedorovha chiesto aiuto a tutti gli attori commerciali in grado di fornire una soluzione tempestiva alla disruption in corso.
A dare seguito alla richiesta del governo è stata SpaceX che in 48 ore – complice l’avvio di una cooperazione precedente alla guerra – ha completato la prima spedizione di terminali per connettere gli attori ucraini alla costellazione in orbita bassa Starlink. Una risposta rapida che è stata anch’essa colpita da tentativi di attacco russi volti a disabilitare i servizi, a cui sono seguiti potenziamenti da parte di SpaceX per incrementare la difesa cibernetica degli assetti spaziali. Le stesse connessioni a Starlink sono state prese di mira da manovre di Signal Intelligence (SIGINT) per intercettare e localizzare gli utilizzatori del servizio di connessione ultraveloce.
Il coinvolgimento di SpaceX e di Starlink in un conflitto è una prima volta per il dominio spaziale, che riguarda anche il Pentagono estremamente interessato all’utilizzo delle stesse tecnologie in altri teatri dove tali servizi sono stati sperimentati e sono molto richiesti, dall’Artico in giù.
Le richieste del governo ucraino alla comunità spaziale hanno riguardato anche i servizi di osservazione della terra e di geo-intelligence, a cui hanno dato seguito sia attori commerciali che istituzionali. Lo European Satellite Centre (SatCen) è stato mobilitato fin da subito dall’Alto Rappresentate Joseph Borrell per fornire dati e immagini alle forze ucraine.
Da sottolineare, infine, quanto il fiorente settore dell’aerospazio ucraino sia stato danneggiato dall’offensiva russa, sia per quanto riguarda l’industria manifatturiera e la società Yuzmash, che ha rapporti diretti con l’industria spaziale europea in particolare per alcune componenti del lanciatore italiano Vega, che per le startup spaziali ucraine – alcune di esse in stretto contatto con il tessuto industriale dell’Italia – e per la distruzione della fabbrica degli aereo cargo Antonov, indispensabili per il trasporto dei satelliti ai siti di lancio.
Spazio e sanzioni
Il fronte spaziale ha anche una caratterizzazione di cooperazione industriale e tecnologica, in molti casi interrotta. Le sanzioni hanno impatti diretti sul settore spaziale russo, ed indiretti per il resto del mondo.
La Russia ha ritirato i suoi tecnici dal sito europeo di Kourou nella Guyana francese, impedendo i lanci del vettore Soyuz commercializzati da Arianespace e bloccando due lanci di Galileo di rilevanza strategica per l’Europa.
La Russia ha inoltre terminato le relazioni con la società OneWeb, che aveva in programma lanci dal sito kazako di Baikonur. Impossibile poi proseguire anche la cooperazione scientifica tra ESA e Roscosmos, con lo stop della missione ExoMars rinviata con tutta probabilità di almeno quattro anni. Discussioni e contrasti si sono estesi anche in orbita, alla Stazione Spaziale Internazionale, dove nonostante le provocazioni russe le operazioni continuano regolarmente.
In ogni caso, si può prevedere che le sanzioni occidentali avranno un discreto impatto sul budget spaziale russo, considerando che nel 2014 – a seguito di sanzioni ben più limitate per l’invasione russa della Crimea – Putin fu costretto a tagliare del 50% gli investimenti del programma spaziale nazionale. Da valutare inoltre gli effetti a medio e lungo termini sulle capacità dell’industria russa di essere presente sul mercato spaziale, in termini sia di hard capabilities – commesse per satelliti dal Medio Oriente all’Africa all’Asia – che di soft power – appetibilità dei programmi russi di volo spaziale umano.
Su questi fronti, l’Europa dovrà dimostrarsi pronta e le implicazioni strategiche previste nel campo spaziale dallo Strategic Compass dovranno essere potenziate da una seria riflessione a 360° sull’autonomia strategica trovando sponda quanto a volontà politica ed investimenti da parte degli stati membri.
Foto di copertina EPA/PAVLO PAKHOMENKO