La neutralità è parte integrante della storia della Svizzera e valore radicato nella coscienza dei suoi cittadini. Le origini di tale principio risalgono alla rinuncia alla politica espansionistica a seguito della cruenta sconfitta dell’esercito elvetico nella battaglia di Marignano del 1515.
Dopo la pace di Vestfalia del 1648, che sancisce l’indipendenza legale della Confederazione elvetica dal Sacro Romano Impero, la prima statuizione esplicita della neutralità a livello internazionale si ha con il Congresso di Vienna del 1815, che riconosce che “la neutralità e l’inviolabilità della Svizzera e la sua indipendenza da qualsiasi influenza straniera sono nell’interesse di tutta l’Europa”. Pochi mesi dopo, con il Trattato di Parigi, le potenze europee che avevano sconfitto Napoleone concedono la neutralità perpetua tramite un accordo con cui la Confederazione si impegna a non prendere parte a conflitti armati in cambio dell’inviolabilità del suo territorio.
Oggi, la neutralità si è evoluta per far fronte a rischi e sfide globali e non è più quella del XVI secolo che, sorgendo dalla necessità, ovvero da un bisogno di sicurezza, era quasi sinonimo di isolazionismo.
Una neutralità volontaria, permanente, attiva e armata
Oltre a essere internazionalmente riconosciuta, la neutralità elvetica è volontaria, permanente, attiva e armata. In primo luogo, la Svizzera non è obbligata per legge a rimanere neutrale e potrebbe rinunciare in qualsiasi momento alla propria neutralità se lo ritenesse necessario per salvaguardare i propri interessi nazionali. La Costituzione federale, infatti, prevede soltanto che il Consiglio e l’Assemblea federale vigilino sul mantenimento della neutralità.
La neutralità permanente è un principio della politica estera svizzera che nasce dalla volontà autoimposta di rimanere neutrale in caso di qualsiasi conflitto intergovernativo. Si tratta di un elemento fondamentale per il mantenimento della pace e della sicurezza, nonché per assicurare l’indipendenza e l’inviolabilità del territorio elvetico.
La politica di neutralità elvetica è anche attiva, cioè basata sul diritto internazionale. La Svizzera non sta da una parte o dall’altra di un conflitto ma da quella della legge, attribuendo così alla propria neutralità un orientamento umanitario e pacifico al servizio dei bisogni della solidarietà internazionale. Il contenuto politico concreto della neutralità è aperto e la sua attuazione deve tener conto degli interessi della politica estera e della sicurezza, così come dell’analisi del contesto internazionale del momento.
Infine, la neutralità armata implica la piena capacità di difesa contro qualsiasi aggressore. La Svizzera può utilizzare le sue forze armate per difendere la sua indipendenza e la sua integrità territoriale ma non per far valere interessi al di là dell’autodifesa.
Una neutralità mutevole: l’impegno nell’Onu
La neutralità elvetica è sempre apparsa molto flessibile in quanto mezzo al servizio di una causa e non fine. Nel Novecento è passata da una neutralità “differenziata”, che dopo la fine della Prima guerra mondiale si basava sull’adesione alla Società delle Nazioni e sulla disponibilità a partecipare alle sanzioni economiche, a una neutralità “integrale”, che escludeva il coinvolgimento non solo nelle coalizioni militari ma anche nelle principali organizzazioni internazionali.
Al contrario, dopo la guerra fredda la Svizzera ha partecipato in maniera autonoma alle sanzioni delle Nazioni Unite contro Iraq, Haiti, Libia ed ex Jugoslavia e alla Partnership for Peace della Nato. Ma la vera novità è stata l’adesione all’Onu nel 2002, a partire dalla quale la Svizzera è obbligata ad applicare le sanzioni adottate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, il cui obiettivo di mantenere la pace e la sicurezza internazionale è ritenuto coincidente con la Costituzione federale.
Nel 2011 la Svizzera si è addirittura candidata a un seggio non permanente nel Consiglio di sicurezza per il biennio 2023–2024. Questa candidatura, secondo il Governo federale, è “pienamente compatibile con i principi di neutralità e con la politica di neutralità della Svizzera”. Infatti, non essendo l’Onu un’alleanza di difesa militare come la Nato, il diritto della neutralità, diversamente dal classico conflitto intergovernativo, non si applica alle operazioni militari decise dal Consiglio di sicurezza, che agisce su mandato della comunità internazionale per ristabilire la pace nel mondo.
Se la sua candidatura andasse in porto, la Svizzera porterebbe la sua lunga tradizione in tema di buoni uffici a beneficio della comunità internazionale. Basti pensare che dall’occupazione dell’ambasciata statunitense a Teheran la Svizzera rappresenta gli interessi statunitensi in Iran.
“Neutralità non vuol dire indifferenza”
In virtù della sua credibilità nel settore della promozione della pace, recentemente la Svizzera ha deciso di non espellere i diplomatici russi dalla Confederazione per evitare una rappresaglia analoga da parte di Mosca ed essere in grado di svolgere, in futuro, un ruolo negoziale tra Russia e Ucraina.
Ma questa, in realtà, è stata l’unica scelta controcorrente rispetto al fronte anti-russo dal momento che, dopo l’aggressione russa all’Ucraina, la Svizzera si è schierata sin da subito con l’Unione europea e la Nato, partecipando alle sanzioni contro Mosca decise dall’Ue e congelando, ad oggi, beni agli oligarchi russi per 7,5 miliardi di franchi.
“Neutralità non vuol dire indifferenza ma significa difendere i propri valori, quelli iscritti nella Costituzione. Abbiamo scelto una concezione coraggiosa della neutralità, schierandoci dalla parte dell’umanità e contro la barbarie”, ha dichiarato il presidente della Confederazione elvetica, Ignazio Cassis.
Quindi, si può partecipare a una politica di sanzioni con la comunità internazionale senza dover accantonare la neutralità che ha contribuito alla stabilità e alla ricchezza della Svizzera. Proprio il dinamismo concettuale della sua neutralità è lo strumento che consente alla Svizzera di difendere i suoi valori fondamentali, quali la democrazia, lo Stato di diritto e i diritti umani.
Foto di copertina EPA/MARTIAL TREZZINI