Pubblichiamo dei passaggi della rassegna stampa settimanale sull’Africa, curata da Jean-Léonard Touadi per RadioRadicale. È possibile ascoltare il podcast dal sito dell’emittente.
Apriamo questa rassegna stampa dei più importanti avvenimenti nel continente africano con la notizia che ci arriva dall’Etiopia riguardante la tregua umanitaria nel Tigray. Oltre a ciò, alcuni approfondimenti sul 9° Forum mondiale dell’acqua di Dakar e sulle conseguenze presenti e future della guerra in Ucraina sulle sfere economiche e sociali africane.
Tregua umanitaria in Tigray
Il 24 marzo Addis Standard ha pubblicato la dichiarazione del governo federale il quale “proclama che ci sarà una tregua per permettere agli aiuti umanitari di raggiungere la regione del Tigray e le altre regioni vicine che hanno bisogno di assistenza urgente. La dichiarazione ricorda inoltre che il governo ha aumentato il numero di voli umanitari delle Nazioni Unite e ha accelerato, attraverso migliori procedure di autorizzazione, la consegna di carburante e di denaro per i pagamenti da parte delle organizzazioni umanitarie. Inoltre, le forze del Tigray vengono invitate a ritirarsi dalle aree che hanno occupato nelle regioni vicine. Il governo federale esprime l’ottimismo che questa tregua migliorerà sostanzialmente la situazione umanitaria e aprirà la strada alla risoluzione del conflitto in corso nel nord dell’Etiopia”.
La risposta delle forze del Tigray viene riportata, sempre da Addis Standard, il 25 marzo. “Il governo regionale del Tigray garantisce che si impegnerà ad attuare una cessazione delle ostilità con effetto immediato se la popolazione riceverà aiuti umanitari equivalenti ai loro bisogni entro un periodo di tempo ragionevole. Il governo del Tigray farà tutto il possibile perché questa cessazione delle ostilità sia effettiva”.
La notizia è stata ripresa anche da molti altri giornali, come Al Jazeera, che la accoglie come una “welcome news”. Nell’articolo si sottolinea come questa tregua abbia fatto seguito alla visita ad Addis Abeba dell’inviato speciale statunitense per il Corno d’Africa, David Satterfield. Al Jazeera ricorda che “i combattimenti si trascinano da più di un anno, innescando una crisi umanitaria, poiché sono emerse testimonianze di stupri e massacri di massa, con entrambe le parti accusate di violazioni dei diritti umani”. L’articolo insiste particolarmente sull’aspetto umanitario di questo conflitto riportando che “più di 400mila persone hanno lasciato le regioni sconvolte dalla guerra. Secondo le Nazioni Unite la regione del Tigray è stata oggetto di fatto di un blocco totale. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari OCHA ha dichiarato che molti aiuti destinati ai cittadini sono stati ostacolati e anche i rifornimenti sono stati resi difficili da far giungere”.
Sulla guerra in Etiopia scrive anche Nigrizia. In un articolo di Giuseppe Cavallini si cerca di riportare i riflettori dell’informazione sulla “guerra civile in Etiopia che nessuno racconta”. “Nel Tigray oltre sedici mesi di combattimenti e devastazioni compiute lontano dal clamore dei media, esclusi dalle zone di conflitto, hanno provocato migliaia di morti, oltre due milioni di sfollati e profughi, con più di nove milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria immediata. Nel frattempo la guerra, con il suo corollario di orrori, si è estesa anche in altre regioni. Le speranze sono ora riposte nel cessate il fuoco umanitario annunciato il 24 marzo da Addis Abeba”. Racconta inoltre le vittime di questa di questa guerra che si svolge con lo sfondo drammatico di gravissime violazioni dei diritti umani e lamenta il fatto che “l’attenzione dei media, incentrata sul conflitto russo-ucraino, ha lasciato nel dimenticatoio l’informazione riguardo ad altrettanti conflitti di molto più lunga durata, tuttora combattuti in vari paesi africani”.
Il 9° Forum Mondiale dell’Acqua
VoxAfrica racconta l’incontro globale sull’acqua. “Dakar ha accolto il 9° Forum mondiale dell’acqua. È la prima volta che l’Africa subsahariana accoglie e organizza un evento di tale portata. Il Forum mondiale dell’acqua è il più grande evento mondiale sull’acqua, organizzato ogni 3 anni dal 1997 dal Consiglio mondiale sull’acqua”.
“Nel suo discorso di apertura il Presidente senegalese Macky Sall ha sottolineato come questo evento si svolge quando le risorse idriche si stanno facendo molto rare e la degradazione dell’ambiente continua ad aggravarsi”. Ha proseguito dicendo che “tutto ci porta a credere che se non si fa nulla, la situazione peggiorerà sempre di più”, non senza fare appello all’opportunità offerta da questo 9° Forum Mondiale dell’Acqua, che è “un’occasione per lanciare l’allarme sulla gravità della situazione””.
Un’analisi offerta da Le Point Afrique riporta la proposta di allargare il forum dei leader del G20 espressa dal Presidente senegalese, secondo cui “il G20 dovrebbe allargarsi perché, tenendo conto delle sfide globali, il momento è venuto perché un’istanza come il G20 possa prestare maggiore attenzione alle problematiche legate all’acqua. Proprio come fanno la Banca mondiale e le altre istituzioni internazionali da decenni. L’Unione Africana potrebbe essere membro di questo G20 allargato considerato il fatto che l’Africa conta più di un quarto dei paesi membri delle Nazioni Unite”.
Ancora un articolo di Le Point Afrique, scritto da Patrice Fonlladosa, ci racconta che in Africa, “nel continente con la più alta crescita demografica del mondo, le popolazioni più vulnerabili sono le prime ad essere interessate quando si tratta di stress idrico e delle conseguenze deleterie del cambiamento climatico. Il finanziamento massiccio e la governance sono due fattori importanti che possono fare dell’Africa il continente delle soluzioni. Nel continente, un cittadino su tre è già colpito dalla mancanza d’acqua e oggi, 400 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile nell’Africa sub-sahariana, anche se il peggio deve ancora venire”.
Secondo l’analisi di Patrice Fonlladosa “da qui al 2025 quasi 230 milioni di africani saranno direttamente impattati dalla mancanza d’acqua nella loro vita quotidiana e nella loro semplice capacità di svilupparsi come esseri umani. Da qui a 3 anni 460 milioni di abitanti vivranno in regioni del continente che saranno sottoposte a uno stress idrico e quindi questo provocherà conflitti e violenze legati all’acqua, spostamenti massicci di popolazioni, ma anche crollo dei rendimenti agricoli, desertificazione di intere regioni, aumento dei tragitti che compiono le persone per andare a cercare l’acqua e tutto questo porta una insicurezza alimentare crescente”.
Crisi e nuova diplomazia alimentare
Anche questa settimana la nostra attenzione torna sulle conseguenze della guerra in Ucraina sul continente africano. Il Guardian propone un’intervista a Ngozi Okonjo-Iweala, Direttrice generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, che “mette in guardia i paesi produttori di cibo contro l’accaparramento delle forniture e afferma che è vitale evitare una ripetizione di quanto avvenuto con la pandemia di Covid-19, quando i paesi ricchi si sono accaparrati la maggior parte dei vaccini”. L’esponente dell’Organismo mondiale del commercio afferma che “dobbiamo preoccuparci dell’impatto sul prezzo del cibo e sulla fame che quest’anno rischia di essere davvero drammatico e sostanziale. Il cibo e l’energia sono le due voci principali nei panieri di consumo dei poveri di tutto il mondo. Saranno così i paesi poveri e la povera gente che soffriranno maggiormente”.
Sempre il Guardian pubblica un articolo a firma di Zeinab Mohammed Salih, da Khartoum, che dà un esempio concreto di quanto che è stato finora detto. Il focus è sul Sudan dove “l’Onu avverte che fino a 18 milioni di persone potrebbero avere bisogno di aiuti entro settembre, a causa dell’impennata dei prezzi alimentari dovuta al conflitto, agli scarsi raccolti e alla crisi economica. Secondo una valutazione delle Nazioni Unite i raccolti della produzione di cereali di questo mese dovrebbero essere inferiori di oltre un terzo a quelli dell’anno scorso. I raccolti di sorgo sono previsti in calo del 32%, mentre la produzione di miglio è stimata a meno della metà di quella del 2020”.
In un articolo di France Inter tradotto dal settimanale Internazionale, Pierre Haski suggerisce che “ora dobbiamo prepararci alla diplomazia alimentare, con tutto il suo corredo di informazioni e con il rischio di carestie e crisi politiche in una parte del mondo. L’equazione è ormai nota: la Russia e l’Ucraina sono due grandi esportatori di prodotti agricoli, in particolare di cereali, e gli effetti della guerra si stanno già facendo sentire sui prezzi e sulle forniture. Ma il peggio deve ancora arrivare: in un contesto di guerra sarà difficile (in particolare per gli ucraini) seminare in vista del nuovo raccolto, e i problemi più gravi si faranno sentire tra 12-18 mesi sul mercato mondiale”.
Rassegna stampa a cura di Jean-Léonard Touadi, funzionario FAO, docente di geografia dello sviluppo in Africa, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
Foto di copertina EPA/ALA KHEIR