Sul continente europeo è in scena un dramma in cui, però, gli europei non si vedono. L’Unione europea al massimo è una comparsa quando si parla della crisi tra Russia e Ucraina. E non può rimanere tale, visto il ruolo da protagonista che ha assunto in passato.
Se di mezzo c’è l’hard power, gli europei hanno sempre agito all’ombra degli Stati Uniti. Senza che ciò gli impedisse, però, di giocare un ruolo comunque importante nella saga ucraina. L’accordo di libero scambio tra Ue e Ucraina era stata una mossa essenzialmente geostrategica, che aveva infastidito molto Mosca, forse anche più della promessa della Nato che l’Ucraina (e la Georgia) ne diventeranno un giorno membri. Erano stati proprio Parigi e Berlino a mediare l’accordo di Minsk.
Adesso l’Europa è messa in disparte, mentre Russia e Stati Uniti sono al centro del palcoscenico. Gli europei possono essere rassicurati che il riorientamento degli USA verso la Cina non significhi l’abbandono del Vecchio continente, ma è evidentemente preoccupante il fatto che una questione di sicurezza europea venga gestita esclusivamente dall’altro lato dell’Atlantico.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha rassicurato gli europei: quando si confronta con il presidente russo Vladimir Putin, il suo principio è “niente su di te senza di te”. Ma anche se ha consultato regolarmente Kiev, Berlino, Parigi, Londra e Roma, ciò non è abbastanza.
Al suo interno, con la pandemia, l’Ue ha ritrovato una ragion d’essere. Verso l’esterno sembra, però, molto meno dinamica rispetto al passato, nonostante negli anni precedenti fosse colpita dalla crisi del debito sovrano, dalle immigrazioni e dalla Brexit. Al di là della preferenza di Putin di scegliere Washington come interlocutore, come si spiega la passività dell’Europa nei confronti dell’Ucraina e della sicurezza europea?
Da un lato sicuramente ci sono le divisioni e la debolezza istituzionale di Bruxelles in materia di politica estera. Dall’altro non aiuta il periodo di transizione che la leadership dei paesi europei stanno affrontando: l’insediamento del nuovo governo tedesco, le elezioni presidenziali francesi che incombono e la ritrovata credibilità dell’Italia, messa ora in discussione dalle vicende quirinalizie.
Questi possono essere dei motivi, ma non delle scuse. L’Unione europea non può permettersi di essere assente in una crisi di così grande portata. È il momento che i suoi leader si facciano avanti e diano un contributo significativo per risolvere la crisi al confine.
Si potrebbe cominciare ridando vita – e ampliando – il Formato Normandia, utilizzato fino a poco fa come strumento di mediazione della crisi in Ucraina. Ai partecipanti dei colloqui passati – Francia, Germania, Russia e Ucraina – dovrebbero aggiungersi delegati da Stati Uniti, Regno Unito e Italia. Con Londra e Roma già formalmente consultati da Washington.
Fondamentale sarebbe che Kiev partecipasse ai negoziati piuttosto che essere aggiornata sugli accordi degli altri paesi con Mosca: è stato questo il valore principale del Formato Normandia. Indipendentemente dall’esito dei colloqui, ciò che conta sarà dimostrare, inequivocabilmente, che l’Ucraina è uno Stato sovrano, il cui destino è auto determinato.
Inoltre, è imprescindibile confermare la presenza Usa al tavolo della mediazione. Il lavoro dell’amministrazione Biden sull’Ucraina e sulla sicurezza europea deve continuare.
Un nuovo Formato Normandia, rivitalizzato e ampliato, potrebbe portare a superare lo stallo sull’accordo di Minsk. C’è bisogno di separare i capitoli politici e di sicurezza dell’accordo, con un approccio incentrato su quest’ultimo, ampliandone le discussioni includendo sia il ritiro militare russo sia il posizionamento geostrategico dell’Ucraina e le sue garanzie di sicurezza.
Il futuro dell’Ucraina ha un’importanza che va al di là del destino del paese, o dello scontro frontale tra Mosca e Washington: è al centro della sicurezza europea. Gli europei non saranno ancora in grado di gestire la propria sicurezza da soli, ma ciò non significa che debbano lasciarlo fare solamente agli altri.
In copertina Josep Borrell visita il confine tra Ucraina e Russia, insieme al ministro degli Esteri ucraino il 5 gennaio 2022 EPA/STANISLAV KOZLIUK
Questo articolo è una traduzione dall’articolo di Nathalie Tocci “Europe is missing action on Ukraine – it doesn’t have to be” pubblicato su POLITICO il 10/01/2022