Dal momento in cui si è insediato il governo della coalizione “semaforo” guidato da Olaf Scholz, le domande su quali saranno gli orientamenti del nuovo governo in tema di politica europea ed internazionale hanno iniziato a moltiplicarsi.
Quasi tutte le analisi muovono dall’assunto principale che vi sarà una certa continuità con il passato: questa continuità deriverebbe sia dalla scelta del cancelliere, che rappresenta per la sua storia personale, un trait d’union con l’era Merkel sia dalla particolare conformazione della coalizione. Questa, infatti, è formata da tre partiti – i socialdemocratici, i liberali e i verdi – che per ragioni diverse hanno un interesse a portare avanti una strategia di governo di medio-lungo periodo nel quadro di un paradigma social-riformista moderato. Va infine ricordato che il sistema politico tedesco è fondato su una prassi che premia chi promuove le svolte moderate e condivise trasversalmente dall’elettorato.
Governare il cambiamento
Pur immaginando un quadro politico tedesco che muta senza scossoni, rimane l’imperativo di ragionare sul contenuto di una mutazione, che riteniamo obbligata almeno per due motivi principali. La prima è legata al concetto di Wandel (cambiamento), che nell’immaginario socialdemocratico indica la volontà di mutare un assetto ritenuto lontano dai valori di crescita civile, politica ed economica auspicata; la seconda dipende da circostanze oggettive, in particolare dal fatto che la pandemia ha accelerato una serie di processi trasformativi che modificano priorità e politiche dei governi e che ridefiniscono le regole di interazione del sistema internazionale.
La necessità di governare il cambiamento sembra essere fortemente sentita da Scholz, che già durante la campagna elettorale ha posto l’accento sull’imperativo della transizione da realizzare all’interno di un contesto di giustizia sociale. Guardando all’autorappresentazione dell’Spd e al programma di coalizione, si vede con chiarezza come Scholz dia particolare importanza al discorso valoriale e identitario. In questo marca una profonda differenza rispetto ad Angela Merkel, che aveva basato il suo riformismo su un forte pragmatismo, che le ha peraltro permesso di definire politiche efficaci in un contesto sociale ed economico profondamente mutevole.
In continuità con Merkel
L’importanza di definire le politiche sulla base di chiare scelte di principio tocca anche la dimensione internazionale della Germania. Rielaborando quel modello “normativo” che da sempre rappresenta un tratto distintivo della politica estera tedesca, il governo Scholz sembra voler marcare ancora una volta una soluzione di continuità con l’era Merkel, quanto meno in termini di rappresentazione. Quanto sarà una svolta di sostanza lo si vedrà già nei prossimi mesi, che vedranno la Germania in posizione di guida in una serie di serie di vertici e iniziative internazionali, a partire dal G7. Qui il governo tedesco ha voluto mostrare, fin da subito, un atteggiamento meno dialogante rispetto al passato con la Russia di Vladimir Putin, lasciandola di fatto sulla porta. Molti segnali fanno inoltre presagire un irrigidimento di Berlino nei confronti di Pechino.
Una politica estera più assertiva e consona ai valori tedeschi (in particolare quelli legati alla tutela dei diritti umani e alla centralità del diritto e delle organizzazioni internazionali) è sicuramente nelle corde dei Verdi. Questo è stato ben chiarito da Annalena Baerbock in una recente intervista alla DPA, nella quale il ministro degli Esteri ha peraltro sottolineato come la politica estera sia il risultato della confluenza di visioni e proposte tra loro diverse. Su molti temi, però, la posizioni dei tre partiti della coalizione non sono sempre convergente e il rischio di incoerenza o scarsa incisività è reale.
I valori socialdemocratici
Questo riporta l’attenzione su Olaf Scholz e sul suo moderato pragmatismo, una virtù che è stata sempre attribuita ai socialdemocratici che prima lui hanno governato il paese, nello specifico a Helmut Schmidt e a Gerhard Schröder. Quello di Scholz sempre essere un pragmatismo che lo avvicina forse più a Schmidt che a Schröder, in quanto muove da una più sentita appartenenza della Germania alla dimensione europea e occidentale.
Questo senso di appartenenza non deriva solo dalla convergenza con i principali paesi europei (Francia e Italia) o dalla ritrovata sintonia con Washington, quanto dalla convinzione che, in un momento di ripolarizzazione delle relazioni internazionali, l’identità euro-atlantica sia una bussola sia per definire i rapporti con gli altri attori globali, sia per sviluppare strategie verso aree potenzialmente strategiche, a partire dall’Africa. È su questa base che Scholz potrà cercare di trovare anche quella sintesi, preliminare a ogni azione, tra le politiche estere dei partiti della coalizione semaforo.
Foto di copertina EPA/TOBIAS SCHWARZ / POOL