Preannunciate come appuntamento elettorale più interessante degli ultimi dieci anni, le elezioni di domenica 31 ottobre in Giappone sono state all’altezza delle aspettative. Nonostante alcuni osservatori avessero pronosticato una possibile affermazione dei partiti di opposizione, il verdetto delle urne è stato opposto: ha vinto ancora la coalizione conservatrice – Partito Liberal Democratico (Pld) e Kōmeitō – e l’alleanza dei partiti di opposizione ha fallito su tutta la linea.
Tuttavia, nella Camera dei rappresentanti c’è un partito – Nippon Ishin no kai – che ha quadruplicato i propri seggi. Inoltre, ci sono state sconfitte clamorose di candidati di vecchia data, che testimoniano la necessità di un ricambio generazionale nella politica giapponese.
La Camera bassa viene eletta attraverso un sistema elettorale misto che combina il sistema maggioritario nei 289 collegi uninominali (Smd) e il sistema proporzionale negli 11 blocchi elettorali (Pr) in cui è suddiviso il Paese. Ogni elettore ha espresso due voti: uno per il candidato e uno per il partito politico.
La coalizione Pld/Kōmeitō ha eletto 293 parlamentari tra collegi uninominali (Smd) e rappresentanza proporzionale (Pr); tra questi, 261 sono parlamentari del Pld, una vittoria personale per il Primo ministro Kishida Fumio. Si tratta di un numero che garantisce il pieno controllo della Camera dei rappresentanti (la maggioranza è 233), in quanto il Pld può presiedere tutti i comitati permanenti. Nonostante la perdita di alcuni seggi rispetto al 2017, il dato politico più importante è che cittadini e cittadine giapponesi abbiano ancora una volta preferito lo status quo. L’insoddisfazione nella gestione della pandemia e della campagna vaccinale e il basso tasso di approvazione del neo-insediato gabinetto Kishida – colpevole di non essersi distanziato troppo dall’ala più conservatrice del partito – non hanno trasformato l’elezione in un “referendum” contro il Pld.
I seggi conquistati consentono al Primo ministro Kishida di governare con serenità e di focalizzarsi, in primo luogo, sulla ripresa economica del Paese dopo la pandemia. Al tempo stesso, non ci si aspettano decisioni politiche determinanti su questioni controverse – come l’aumento del budget per la difesa – poiché, fra nove mesi, Kishida dovrà fronteggiare un nuovo appuntamento elettorale. A luglio 2022 verranno rinnovati i membri della Camera dei consiglieri (anche detta Camera alta), l’altro ramo della Dieta giapponese. Pertanto, è probabile che la coalizione di maggioranza mantenga un basso profilo fino all’estate.
La sorpresa delle elezioni: Nippon Ishin no kai
Fondato nel 2015 dal governatore e dal sindaco di Osaka, il partito Nippon Ishin no kai ha quadruplicato i propri seggi, diventando il terzo partito della Camera bassa. Ishin no kai è un partito dalla forte identità regionale ma, oltre ad aver vinto quasi tutti i seggi Smd nella prefettura di Osaka, ha ottenuto numerosi voti di lista (Pr) al di fuori del proprio distretto di appartenenza. In linea con l’ala più conservatrice del Pld per quanto riguarda le politiche di sicurezza e di difesa, nonché sulla revisione dell’articolo 9 della Costituzione, il partito ha dichiarato di non voler entrare nella maggioranza, né tantomeno di volersi schierare con l’opposizione.
Nonostante Ishin no Kai abbia spodestato il Kōmeitō come terzo partito per rappresentanza, il Pld non avrebbe comunque rinunciato al proprio alleato di vecchia data. Anche se non ci saranno cambiamenti nella maggioranza, sarà interessante vedere come Ishin no kai – sicuramente più vicino al Pld rispetto a Kōmeitō in materia di difesa – contribuirà al dibattito sulla sicurezza nazionale.
Il fallimento dell’opposizione
Il tentativo di alleanza tra il Partito democratico costituzionale (Cdp) e il Partito comunista (Cpj) – e di altri partiti più piccoli – si è rivelato un fallimento totale. Il patto elettorale ha consentito di presentare candidati comuni e combattere un maggior numero di sfide “testa a testa” contro gli esponenti della maggioranza. Tuttavia, non ha convinto gli elettori perché la troppo evidente distanza politica tra i partiti – specialmente sulla costituzionalità delle Forze di autodifesa (Jsdf) e sul trattato di sicurezza tra Giappone e Stati Uniti. Rispetto alle elezioni del 2017, entrambi i partiti hanno perso seggi (14 il Cdp e 2 il Cpj).
L’affluenza al 55%, il terzo dato più basso dalla Seconda guerra mondiale, ha contribuito alla disfatta dell’opposizione. Questa situazione ha favorito Pld e Kōmeitō, che hanno un’efficace macchina elettorale regionale in grado di mobilitare i propri sostenitori. L’elezione di domenica, con un’affluenza così bassa, ha riportato alla luce uno dei dilemmi più significativi per l’opposizione: se i due partiti si alleano, si indeboliscono per la distanza politica ma se non si alleano e sostengono candidati diversi, il voto anti-Pld viene frammentato e nessuno dei due partiti riesce a sconfiggere i candidati della maggioranza. Inoltre, secondo le proiezioni, il 74% dei parlamentari eletti era già in carica e un terzo aveva già un tipo di incarico a livello locale. Questo è un altro segnale che l’opposizione deve prima costituire una base solida a livello locale-regionale per poter impensierire la maggioranza conservatrice alle prossime elezioni.
Sconfitte di alto profilo e ricambio generazionale
Sia a destra sia a sinistra, ci sono state sconfitte inaspettate di candidati di vecchia data. Per i conservatori, la sconfitta più clamorosa è stata quella di Amari Akira, primo segretario del Pld a perdere nel proprio collegio uninominale. La sua sconfitta – e le conseguenti dimissioni – hanno innescato un cambiamento interno al Pld ed è probabile che al suo posto venga nominato segretario Motegi Toshimitsu, attuale ministro degli Esteri.
Al posto di Motegi potrebbe essere scelto Hayashi Yoshimasa, personaggio politico di lungo corso che, in passato, si è scontrato direttamente con Abe. La scelta di Hayashi potrebbe essere il segnale di un primo allontanamento dalla linea di Abe, promesso da Kishida ma finora mai messo in pratica. Per l’opposizione, la sconfitta più scottante è stata quella di Ozawa Ichiro – alla Camera bassa dal 1969 – nel proprio collegio uninominale. Anche se entrambi rientreranno alla Camera bassa tramite il meccanismo dei voti di lista (Pr), la loro sconfitta negli Smd testimonia la richiesta da parte dei giapponesi di un cambiamento generazionale nella politica.
L’affermazione di Kishida stesso – giovane per gli standard della politica giapponese – ne è un ulteriore segnale.
A cura di Veronica Barfucci, caporedattrice Asia de Lo Spiegone
Foto di copertina Oli Scarff/ AFP