Il summit tra Unione Europea e Stati Uniti dello scorso venerdì 20 ottobre non sembra aver mantenuto la promessa di dare nuovo slancio alla cooperazione transatlantica. Dopo lunghi negoziati, che si sono protratti fino alla vigilia del summit, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen non sono riusciti a trovare una soluzione alla ormai annosa disputa su acciaio, alluminio e minerali critici.
Buone relazioni, nessun accordo
La dichiarazione congiunta pubblicata alla fine dei lavori ribadisce chiaramente la vicinanza degli alleati transatlantici nel posizionamento di politica estera, tra cui spiccano il pieno sostegno ad Israele e all’Ucraina. In tema di cooperazione economica più nello specifico, è stata riaffermata la volontà di continuare a cooperare nell’ambito del Trade and Technology Council (TTC). Dal lato digitale, la promozione di “un ecosistema digitale aperto, libero, globale, interoperabile, affidabile, sicuro, innovativo e competitivo” rimane imperativa, in particolare per trovare approcci comuni alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale e dei suoi rischi.
Dal punto di vista commerciale ed industriale in senso ampio, entrambe le parti hanno rinnovato la volontà di implementare la Transatlantic Initiative on Sustainable Trade, per creare una zona di commercio transatlantica che favorisca la transizione verde. In aggiunta, Stati Uniti ed Unione Europea condividono anche un rinnovato slancio di investimenti pubblici e l’impegno a collaborare nella ricerca mirata a “innescare una rivoluzione industriale pulita e, con essa, buoni posti di lavoro, e rendere le nostre industrie più sostenibili e competitive”. Un ultimo importante aspetto su cui i due partner transatlantici concordano è quello della lotta alla cosiddetta “coercizione economica” e la conseguente necessità di diversificare le catene di approvvigionamento, in una logica di sicurezza e di protezione delle tecnologie strategiche.
Se non si può parlare di un esito nettamente positivo del summit, questi numerosi punti di contatto fanno perlomeno pensare che le relazioni transatlantiche godano di uno stato di salute soddisfacente, specialmente se lo si confronta con il periodo della precedente amministrazione USA. Tuttavia, su due temi cruciali della cooperazione commerciale transatlantica, il summit ha portato ad un nulla di fatto. Sia per quanto riguarda l’accordo sui minerali strategici che quello sul commercio di acciaio e alluminio, la dichiarazione congiunta riporta solo una timida felicitazione su non meglio definiti progressi nella discussione.
Lo spettro dei dazi
Prima del summit, la cui ultima edizione si era tenuta nel 2021, le aspettative erano alte per il raggiungimento di un accordo sul commercio di acciaio e alluminio, che durante la Presidenza Trump, nel 2018, erano stati colpiti da pesanti dazi. Nel 2021, i dazi erano stati sospesi dall’amministrazione Biden, e le due parti avevano stabilito di elaborare entro il 31 ottobre 2023 un accordo (il Global Arrangement on Sustainable Steel and Aluminum) per eliminare definitivamente la possibilità di dazi transatlantici futuri e allo stesso tempo proteggere le industrie statunitensi ed europee dalla competizione cinese.
Qualche giorno prima del Summit dello scorso 20 ottobre, tuttavia, gli Stati Uniti avevano condiviso con la Commissione Europea una nuova proposta per il Global Arrangement, che prevedeva la sospensione dei dazi su acciaio e alluminio europei solo a patto che il Carbon Border Adjustment Mechanism europeo, che riguarda anche l’acciaio e l’alluminio, non colpisse i produttori statunitensi. In aggiunta, era stato chiesto che l’Unione imponesse dazi del 25% e del 10% rispettivamente su acciaio e alluminio originanti in economie non di libero mercato (Cina).
La posizione di Bruxelles
La Commissione Europea ha respinto questo approccio, nel timore di infrangere le regole antidiscriminatorie dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e dunque inasprire ulteriormente le relazioni con la Cina, a causa della maggiore esposizione europea agli effetti collaterali di misure commerciali aggressive. La mancanza di un accordo fa temere il ritorno dei dazi dell’era Trump, il cui periodo di sospensione termina a fine 2023 – con tutte le implicazioni economiche che ne deriverebbero, rese potenzialmente più serie dalla situazione macroeconomica globale.
Qualcosa di simile è successo all’accordo sui minerali critici che le due parti si erano ripromesse di raggiungere e che potrebbe costituire una via di uscita all’impasse dell’Inflation Reduction Act (IRA) del 2022. La formula proposta farebbe in modo che le batterie elettriche prodotte in Europa siano considerate alla pari di quelle made in Usa, quindi eleggibili per la richiesta di sgravi fiscali come previsto dall’IRA. Anche in questo caso, il Summit del 20 ottobre ha registrato progresso verso questo accordo, ma i negoziati e le consultazioni con stakeholders continueranno nelle settimane (se non mesi) successive.
L’IRA aveva sconvolto le relazioni transatlantiche nel quarto trimestre del 2022, alzando lo spettro di una nuova politica protezionistica statunitense in un momento così delicato per gli equilibri geopolitici globali. D’altro canto, anche alcune misure del Green Deal europeo sono state criticate dal partner statunitense come protezioniste. Il mancato raggiungimento di un accordo a questo stadio dei negoziati, dunque, non fa presagire un 2024 tranquillo per la cooperazione commerciale transatlantica.
Il TTC finora è stato il foro in cui queste tensioni sono state messe da parte per avanzare la cooperazione nei diversi altri ambiti in cui Stati Uniti ed Europa condividono gli stessi obiettivi a principi. Sarà questo strumento capace di resistere ad un altro mancato tassello nella cooperazione commerciale transatlantica? Occhi puntati sul prossimo incontro ministeriale.
foto di copertina EPA/Al Drago / POOL