Trump cala il poker (dei rinvii a giudizio) e fa il gran rifiuto:non va al dibattito con gli altri aspiranti alla nomination repubblicana, perché è “troppo in vantaggio” per confrontarsi con loro, “né ora né mai”. Il diniego dell’ex presidente era nell’aria, così come l’ultima sua incriminazione, relativa ai tentativi di rovesciare l’esito delle elezioni del 2020 in Georgia: il magnate e 18 suoi complici sono accusati di “cospirazione” e altri reati: hanno tempo fino a venerdì 25 agosto per consegnarsi alle autorità ed essere formalmente incriminati.
Giunto al quarto processo, Donald Trump si pone il problema di dovere gestire tante udienze durante la campagna elettorale; e chiede alla giudice che gestisce il procedimento sulla sommossa del 6 gennaio 2021 di rinviare il dibattimento fino all’aprile del 2026, quando, magari, lui sarà già stato rieletto presidente e si sarà già ‘auto-perdonato’ per tutti i reati ascrittigli.
Gli avvocati del magnate sostengono che il calendario di udienze nel 2024 suggerito da Jack Smith, il procuratore speciale, confligga con gli altri procedimenti penali e civili in cui Trump è imputato: quello sui pagamenti in nero a una pornostar a New York; quello sui documenti ‘top secret’ sottratti alla Casa Bianca in Florida; e – ultimo in ordine di tempo, aggiuntosi la scorsa settimana – quello sul tentativo di falsare l’esito del voto in Georgia.
La giudice distrettuale federale di Washington Tanya Chutkam, che fu nominata da Barack Obama, prenderà una decisione entro fine mese, in un clima di crescente tensione. L’estrema destra che tifa The Donald minaccia sul web inquirenti e magistrati e, in particolare, Fani Willis, la procuratrice del caso in Georgia. L’Fbi indaga su messaggi in cui figurano fra l’altro espliciti riferimenti a nomi e indirizzi dei giurati del Grand Jury e del processo, che dovrebbero restare anonimi.
Usa 2024: Trump nega tutto ed evita il confronto con i rivali
L’ex presidente, che, come al solito, nega ogni addebito, aveva indetto per oggi, lunedì 21 agosto, una conferenza stampa in cui presentare un dossier contenente, a suo dire, “prove inoppugnabili” delle frodi dei democratici in Georgia nelle presidenziali del 2020. Ma, poi, sul suo social Truth, Trump ha scritto che “la conferenza stampa non è più necessaria”: il rapporto diventerà un elemento della sua difesa. I suoi avvocati avevano espresso preoccupazione per uno nuovo show mediatico.
La decisione di schivare il dibattito cogli aspiranti alla nomination repubblicana la sera di mercoledì 23 agosto, in diretta su Fox News da Milwaukee, non è invece una sorpresa. Il magnate non s’è mai preparato al confronto – ma, in realtà, ritiene di non avere bisogno d’allenarsi – e valuta se proporre, in alternativa, ad altre tv una sua intervista con l’ex conduttore di Fox News Tucker Carlson, uno dei suoi giornalisti di riferimento.
Una delle ragioni per cui Trump non vuole partecipare al dibattito è proprio il vantaggio sui rivali nei sondaggi: presentandosi, egli darebbe loro una chance di farsi conoscere a livello nazionale e, magari, di crescere nei suoi confronti; senza di lui, lo spettacolo avrà un richiamo molto inferiore e sarà visto da molta meno gente.
D’altro canto, molte scelte degli altri aspiranti alla nomination paiono autolesionistiche e sono, di fatto, assists a Trump: come l’impegno di sostenere, quale che sia, il candidato del partito alle elezioni presidenziali, una sorta di assegno in bianco al magnate.
La stampa Usa scrive che il governatore della Florida Ron DeSantis, considerato l’unico potenziale anti-Trump, non intende attaccare l’ex presidente sul palco di Milwaukee, ma piuttosto prendersela con i ‘nanetti’ che gli staranno intorno, forse nel tentativo di ‘sfoltire il campo’ prima dell’inizio delle primarie. La scelta di DeSantis – ironizza una parte della stampa – spiega perché la campagna del governatore, quasi frenato dal passato ‘trumpiano’, non decolla. Anche il Wall Street Journal, che ne aveva trionfalmente accolto la discesa in campo, ha preso le distanze dal suo programma economico, giudicato “inastabile”.
Il caso della Georgia e la legge contro la criminalità organizzata
La quarta incriminazione di Donald Trump si riferisce alle azioni intraprese dall’allora presidente per ribaltare l’esito delle presidenziali del 2020 nello Stato: 13 i capi di imputazione contestati dall’accusa, fra cui l’avere sobillato un pubblico ufficiale a violare la legge e la Costituzione – un’eco della telefonata in cui il magnate ingiunse ai responsabili della Georgia di “trovargli i voti” per vincere -. I suoi legali hanno già chiesto il rinvio del processo all’aprile del 2026, motivandolo con la necessità di maggior tempo per preparare la difesa.
L’udienza preliminare, cui Trump dovrebbe presenziare, è fissata per lunedì 28 agosto. Nel caso, istruito dal procuratore generale della Contea di Fulton – quella di Atlanta -, Fani T. Willis, democratica, il magnate è imputato con altre 18 persone, fra cui due suoi avvocati, John Eastman e Rudolph Giuliani, sindaco di New York l’11 settembre 2001, e il capo di gabinetto alla Casa Bianca Mark Meadows. Coinvolti pure funzionari della sua campagna e del Dipartimento della Giustizia.
Nessun altro ex presidente era mai stato incriminato nella storia degli Stati Uniti. Trump ha invece collezionato in meno di cinque mesi quattro rinvii a giudizio e complessivamente 41 capi d’imputazione. La prima incriminazione era giunta il 30 marzo e riguardava un pagamento elargito in nero alla porno attrice Stormy Daniels; la seconda il 9 giugno per avere custodito nella sua tenuta di Mar-a-lago in Florida documenti destinati agli Archivi Nazionali; la terza il 2 agosto, per avere sobillato l’assalto al Campidoglio condotto da migliaia di facinorosi suoi sostenitori il 6 gennaio 2021 nel tentativo di rovesciare il verdetto degli elettori.
A giudizio di molti esperti legali, l’incriminazione in Georgia è la più imbarazzante e complessa per il magnate, anche perché la procuratrice Willis, portando la scorsa settimana davanti a un Grand Giury i risultati di 30 mesi di indagini, ha fatto ricorso a una legge varata per combattere la criminalità organizzata, che lascerebbe poco scampo all’imputato.
Del resto, che i tentativi di Trump di rovesciare l’esito del voto in Georgia, uno degli Stati decisivi nel 2020, potessero comportare reati era parso già evidente quando, all’epoca dei fatti, i media Usa avevano pubblicato il transcript della telefonata del presidente alle autorità dello Stato: ci si può, magari, stupire del tempo intercorso tra i fatti e l’incriminazione.