“L’omosessualità è peggio di un tumore maligno, è peggio dell’AIDS, è peggio del terrorismo, che pure compattiamo sia a destra che a sinistra, perché spazzerà via l’umanità intera. E allora con cosa rimarremo”? Ecco le dichiarazioni di Alex Onzima, un sottosegretario del governo ugandese, sull’omosessualità in un’intervista ad Al Jazeera.
Uganda: dall’ergastolo all’obbligo di delazione
Parole indicative del clima socio-politico che ha portato il Parlamento ugandese ad approvare il 21 marzo scorso, una delle leggi anti-LGBTI più severe, ma anche più moderne, al mondo: non solo si conferma l’ergastolo per le relazioni tra persone dello stesso sesso, ma si aumenta a 10 anni la pena per tentata condotta omosessuale e, soprattutto, s’introduce la pena di morte per “omosessualità aggravata”, ovvero per chi è già stato condannato per una relazione omosessuale, per chi intrattiene una relazione omosessuale essendo sieropositivo o per chi lo fa con minori di 18 anni e disabili, negando anche così a priori la capacità delle persone disabili di consentire a un rapporto sessuale.
Ma la legge introduce anche nuovi reati volti a eradicare ogni forma di attivismo o impegno sociale delle persone LGBTI: sono previste pene detentive fino a 20 anni per “promozione dell’omosessualità”, cioè per chiunque incoraggi o finanzi la normalizzazione dell’omosessualità, introducendo così una censura definitiva, anche online, sui temi riguardanti le persone LGBTI e impedendo anche cose semplici come l’affitto di una casa a una coppia dello stesso sesso.
Ma la cosa più atroce, che metterà i membri di una stessa famiglia gli uni contro gli altri, è forse l’obbligo di delazione per cui tutti gli ugandesi che non denunceranno alle autorità qualsiasi persona “sospettata” di essere LGBTI potranno essere multati o mandati in carcere per sei mesi.
Il Presidente dell’Uganda Yoweri Museveni ha 30 giorni di tempo per approvare o respingere la legge contro l’omosessualità. Gli attivisti ugandesi chiedono sostegno internazionale per far sì che Museveni ponga il veto e la stessa richiesta è venuta anche dalla Casa Bianca, che ha minacciato di ridurre gli aiuti all’Uganda, e dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Türk.
Il Ghana e gli altri contro la comunità LGBTI
Ma, mentre gli occhi sono tutti puntati sull’Uganda, dall’altra parte del continente africano, in Ghana, c’è una proposta di legge simile, ma meno severa e ancora più “moderna”, che è in discussione dal 2021 e che, il 24 marzo, la Commissione parlamentare Costituzione e Affari Legali ha inviato al Parlamento invitandolo ad approvarla.
Come in Uganda, questa proposta di legge arriva a punire col carcere – 5 anni in Ghana – chi “si presenta come lesbica, gay, bisessuale, transgender, transessuale, queer, pansessuale, ally, non binary o sotto qualsiasi altra identità sessuale o di genere contraria alle categorie binarie di maschio e femmina”. Fino a un anno di carcere è previsto, invece, per qualsiasi “manifestazione pubblica di relazioni amorose tra o con persone dello stesso sesso”, mentre si arriva a richiedere l’estradizione di ghanesi LGBTI e a istituire servizi pubblici per terapie di conversione e interventi chirurgici correttivi su genitali di bambini intersex.
Le assonanze e le coincidenze temporali tra queste due leggi fanno pensare a uno sforzo coordinato contro le persone LGBTI che si è manifestato negli ultimi mesi anche in altri paesi africani.
In Kenya, dove l’omosessualità è punita già con 14 anni di carcere, un deputato ha annunciato il progetto di introdurre una legge che prevede il carcere a vita per le persone LGBTI e, dopo la decisione della Corte Suprema di consentire la registrazione di un’associazione LGBTI, il Presidente ha annunciato che chiederà alla Corte Suprema di riconsiderare la decisione (con il rischio di scatenare una crisi costituzionale).
Lo scorso febbraio – in Burundi, dove l’omosessualità è punita con 2 anni di carcere dal 2009 – 24 studenti sono stati arrestati con l’accusa di “pratiche omosessuali” durante un seminario sull’AIDS. Pochi giorni dopo gli arresti, il presidente Evariste Ndayishimiye ha esortato i cittadini a sradicare l’omosessualità dal Paese. “Devono essere banditi, trattati come paria nel nostro Paese”, ha dichiarato.
In Zambia, che punisce l’omosessualità con 14 anni di carcere, il 5 marzo, la polizia ha arrestato quattro organizzatori di una manifestazione autorizzata contro la violenza di genere sostenendo che la dimostrazione sarebbe stata a favore dell’omosessualità.
Notizie di violenze contro le persone LGBTI in Camerun e nella Repubblica Democratica del Congo mostrano che anche le persone LGBTI nell’Africa francofona sono sotto costante attacco. E il leader del Niger ha dichiarato di voler mettere al bando il sesso gay e giustiziare le coppie sposate dello stesso sesso.
Le radici della nuova ondata omofoba
In un continente dove le relazioni tra persone dello stesso sesso sono legali solo in 22 su 54 Paesi, ci troviamo di fronte a una nuova ondata omofoba che riprende chiaramente narrativa e modelli tipici di altre latitudini, come la criminalizzazione della cosiddetta “propaganda omosessuale”, ideata nella Russia di Putin, guarda caso un Paese che ha un’influenza crescente in Africa.
Gli attivisti ghanesi sostennero nel 2021 che il Congresso Mondiale delle Famiglie, sbarcato anche in Italia nel 2019, non era estraneo alla proposta di legge oggi ancora in discussione. E l’uso di determinati termini, così come la modernità di alcune fattispecie di reato sembrano confermare il radicamento di quella proposta di legge nel dibattito di alcuni gruppi evangelici e di destra su questi temi.
Insomma, con buona pace della retorica omofoba dei leader africani per cui l’omosessualità sarebbe una degenerazione importata dall’occidente, è proprio quest’ondata omofobia e repressiva ad essere frutto della spregiudicatezza e dell’opportunismo di alcuni politici africani che non esitano a importare le narrazioni anti-LGBTI russe e della destra più omofoba americana pur di distrarre la popolazione da altre questioni che non sono in grado di gestire, sperando di guadagnare qualche consenso elettorale e accrescere il proprio potere.
Foto di copertina EPA/DAI KUROKAWA