L’Indo-Pacifico è rapidamente divenuto l’epicentro geopolitico e geoeconomico globale, racchiudendo dentro di sé all’incirca i due terzi della popolazione mondiale, del Pil globale, e del commercio marittimo internazionale, oltre ad alcune delle sfide strategiche più importanti del pianeta.
Per Indo-Pacifico generalmente si intende una macro-regione che si estende dall’Africa Orientale all’America Occidentale – decentrando così l’importanza strategica della Cina – con importanti connotazioni normative (rispetto del diritto internazionale), strategiche (applicazione dello stesso), e commerciali.
Proprio per la sua importanza, sono molti i Paesi che negli ultimi 15 anni hanno dedicato un’attenzione crescente a questa regione. L’Europa ha assunto tale consapevolezza strategica tardi, ma sta recuperando il terreno perduto: la Francia ha cominciato per prima con operazioni FONOP (libertà di navigazione e sorvolo) nel 2014, Germania e Olanda hanno atteso altri sei anni, Regno Unito e Unione europea hanno pubblicato politiche specifiche solo nel 2021.
A questo elenco sembra mancare l’Italia: nazione focalizzata sul Mediterraneo Allargato e dunque unico Paese del G7 e del Nato Quint apparentemente disinteressato al nuovo fulcro strategico-economico internazionale. A dispetto delle apparenze la realtà è però un’altra: l’Italia si muove indirettamente da diversi anni e sta interagendo con l’Indo-Pacifico in maniera sostanziale, come brevemente discuteremo in questo articolo.
L’attivismo della diplomazia italiana nell’Indo-Pacifico
L’approccio diplomatico di Roma ha avuto inizio 16 anni fa. Nel 2007 l’Italia diventa infatti “Dialogue Partner” del Pacific Islands Forum (PIF, comprendente 18 Stati), prima ancora di Singapore, Germania, e Spagna. Nonostante le grandi difficoltà derivanti dalla crisi economica internazionale prima, e dalla pandemia da Covid-19 poi, l’Italia ha da quel momento proseguito il suo lento ma costante avvicinamento all’Indo-Pacifico, a dispetto dei molti cambi di governo e delle tante sfide del Mediterraneo Allargato.
Nel 2013 stringe una partnership strategica con il Vietnam. Negli ultimi cinque anni, inoltre, la transizione dall’Asia-Pacifico all’Indo-Pacifico (lungi dall’essere un mero cambiamento di nomenclatura) ha rappresentato una rinnovata consapevolezza delle nuove sfide all’ordine e al diritto internazionale, condizione che ha favorito un maggior coinvolgimento anche da parte dell’Italia.
Nel 2018 Roma conclude una nuova partnership strategica con la Corea del Sud. L’anno seguente diventa “Dialogue Partner” dell’Indian Ocean Rim Association (IORA, comprendente 23 Stati). Nel 2020 si concretizza un ulteriore accordo di peso, quello con l’Association of Southeast Asian Nations (ASEAN, 10 Stati), in qualità di Development Partner.
Nel 2021 si crea un’importante piattaforma trilaterale Italia-India-Giappone per supportare l’ordine internazionale. Nel 2023, infine, il governo Meloni raccoglie con successo i frutti degli sforzi diplomatici degli anni passati, non solo rilanciando la partnership strategica con Abu Dhabi, ma firmando due partnership strategiche di grande peso con Tokyo e con Nuova Delhi.
La prima permette tra le altre cose di sviluppare il programma GCAP; la seconda è stata firmata pochi giorni fa – dopo che il Primo Ministro italiano ha co-inaugurato il Raisina Dialogue 2023 – ed è stata accompagnata da un nuovo accordo nell’ambito della difesa. L’intenso lavoro diplomatico dell’Italia risulta dunque sempre più evidente, sia in termini numerici che in termini qualitativi.
Scambi commerciali e sicurezza
Se, da un lato, l’Italia ha favorito mezzi politico-diplomatici nel suo approccio all’Indo-Pacifico, dall’altro vi sono ulteriori elementi che concorrono a rafforzare il “pivot italiano” verso questa macro-regione.
Nonostante i seri e prolungati contraccolpi della crisi economica internazionale e della più recente pandemia, il commercio dell’Italia con i Paesi dell’Indo-Pacifico ha seguito una traiettoria nettamente positiva. Secondo gli ultimi dati dell’ONU, l’interscambio commerciale con le dieci maggiori potenze commerciali dell’Indo-Pacifico è cresciuto di più di un sesto, negli ultimi 10 anni.
Andamento ancora più robusto per l’export della difesa italiana, cresciuto di quasi il 50% nello stesso periodo secondo i dati SIPRI. Vi sono poi recenti progetti di proporzioni enormi: la creazione di una nuova classe di fregate sia per gli Usa che per l’Indonesia, e lo sviluppo del progetto GCAP – in partnership egualitaria con Regno Unito e Giappone – per la creazione di un velivolo militare di sesta generazione, il quale diverrà probabilmente oggetto di esportazioni a svariati partner.
Oltre agli interessi commerciali, l’Italia è impegnata anche nell’ambito della sicurezza (trans)regionale. Questo poiché il Mediterraneo Allargato e l’Indo-Pacifico si intersecano nei quadranti occidentali di quest’ultimo, più specificamente nell’Oceano Indiano Occidentale, area in cui l’Italia è impegnata da molti anni con ruoli di primo piano in missioni multilaterali (EU e NATO).
Fino a poche settimane fa, inoltre, l’Italia era al comando dell’Operazione AGENOR della Ue, attiva nello Stretto di Hormuz, mentre nei prossimi mesi Roma invierà nave Morosini in missione di pattugliamento e addestramento nell’Indo-Pacifico, assieme alle marine di diversi Paesi partner. Quest’ultima missione rappresenterà dunque un’evoluzione più ampia e multilaterale del tour Indo-Pacifico effettuato da nave Carabiniere nel 2017.
Verso una politica estera ufficiale?
La quantità crescente e il peso notevole dell’impegno italiano in questa regione – sotto il profilo diplomatico, commerciale, e strategico – e le credenziali di Roma – pongono dunque basi solide per la formulazione di una strategia ufficiale dell’Italia per l’Indo-Pacifico, al pari di quanto già fatto da altri alleati e dalla stessa Ue.
In virtù di princìpi cardine della politica estera italiana – multilateralismo, rispetto del diritto internazionale, propensione al dialogo – la potenziale strategia italiana assumerebbe caratteristiche ben precise, puntando più sul soft power (diplomazia, politica, commercio, scienza, cultura) che sul hard power, in quest’ultimo caso limitandosi ad occasionali missioni FONOP, probabilmente effettuate in ambito multilaterale.
Questo la collocherebbe vicino agli obiettivi e ai mezzi di Ue (come implicitamente affermato), Germania, Olanda, e parzialmente Francia, con una certa distanza strategica (e complementarietà) nei confronti delle strategie dell’Anglosfera proprie di Stati Uniti, Regno Unito, e Australia.
Se e quando tale politica ufficiale si concretizzerà al momento non è dato sapere. Nel mentre va però evidenziato un aspetto cruciale: gli obiettivi, i mezzi, e la retorica di Paesi come l’Italia sono del tutto compatibili con quelli della maggior parte delle nazioni Indo-Pacifiche (e della stessa ASEAN). Questo non può che rappresentare un inizio promettente per il recente ma sempre più intenso approccio italiano, dal momento che sta sviluppandosi nel pieno rispetto degli interessi comuni non solo dell’Europa, ma dello stesso Indo-Pacifico.
Foto di copertina ANSA/ FILIPPO ATTILI – UFFICIO STAMPA GOVERNO