22 Dicembre 2024

Presente e futuro dei rapporti Italia-Ue

L’agenda europea e quella dell’Italia sono state profondamente segnate dall’aggressione russa all’Ucraina del 24 febbraio 2022 e dal cambio dell’esecutivo alla guida del Paese.

Mario Draghi ha perseguito le due tradizionali linee portanti della politica estera italiana: il sostegno alle relazioni transatlantiche e una forte spinta all’integrazione europea. A sostegno dell’Ucraina e al fianco degli alleati europei e americani, il governo Draghi ha promosso un’azione politica incentrata sull’aiuto militare a Kyiv e sull’imposizione di sanzioni alla Russia. Draghi è stato eccezionalmente attivo sui temi europei e a favore di riforme strutturali: spingendo per una revisione del Patto di stabilità e crescita, promuovendo una maggioranza qualificata in materia di politica fiscale ed estera, proponendo un tetto al prezzo del gas in risposta alla crisi energetica e consolidando un fronte congiunto con Francia e Germania per la concessione dello status di paese candidato a Ucraina e Moldavia.

Draghi ha anche attuato le prime riforme del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che hanno consentito l’erogazione, da parte della Commissione, delle prime tranche di fondi Ue (oltre ai 24,9 miliardi di euro in anticipo del 2021, due rate da 21 miliardi di euro a febbraio e settembre 2022).

L’approccio intergovernativo del governo Meloni

L’esperienza della pandemia e l’approvazione di Next Generation EU, di cui l’Italia è primo beneficiario, hanno progressivamente svuotato la narrativa populista di un’Europa poco solidale e azzerato qualsiasi velleità di uscita dall’Ue. Di fronte a questo nuovo scenario, la nuova premier Giorgia Meloni ha rimarcato di essere intenzionata a rispettare gli impegni e le regole condivise attualmente in vigore, oltre a sostenere la causa ucraina.

L’approccio complessivo di Meloni è ispirato a una visione intergovernativa del processo di integrazione, da cui deriva una grande cautela rispetto a riforme di impronta sovranazionale. La premier ha criticato il processo di integrazione dell’Unione che ha “allargato a dismisura le sue sfere di competenza”, individuando nel rafforzamento del principio di sussidiarietà la ricetta migliore per politiche efficaci. In questo senso, Meloni ha dichiarato di voler ribaltare l’approccio che vuole più Europa in Italia per portare più Italia in Europa, per tutelare meglio l’interesse nazionale.

Primi provvedimenti tra pragmatismo e toni identitari

L’analisi dei primi provvedimenti adottati dalla premier suggerisce una logica “transazionale” nei confronti di Bruxelles. Da una parte, si nota il tentativo di conservare i toni sovranisti e la tutela dei temi identitari (ad esempio, negli attacchi alla migrazione incontrollata e al ruolo delle Ong nel Mediterraneo) a beneficio dell’elettorato nazionale. Dall’altro, il governo ha cercato un dialogo proficuo con i referenti istituzionali europei. La nomina di due figure di considerevole esperienza politica europea come Antonio Tajani e Raffaele Fitto a guidare i ministeri chiave degli Esteri e degli Affari Europei (con delega al Pnrr e ai fondi di coesione), rispettivamente, e la scelta di Bruxelles come sede della prima missione all’estero di Meloni da presidente del Consiglio sono emblematici.

In parallelo, è cambiata la posizione della premier sul Pnrr: inizialmente il suo partito, Fratelli d’Italia, aveva promesso di rinegoziarlo, mentre successivamente nel programma elettorale era stato proposto di rivederne alcuni aspetti nei limiti consentiti; dopo l’insediamento del nuovo governo, le prime interlocuzioni con Bruxelles fanno prefigurare una parziale rimodulazione volta al raggiungimento degli obiettivi di REPowerEU alla luce della crisi energetica. Tutti gli obiettivi previsti per il 2022 sono in ogni caso stati raggiunti, grazie anche all’ottimo lavoro del governo Draghi. Inoltre, lo stesso commissario Gentiloni ha espressamente escluso un possibile rinvio della scadenza finale del Piano.

Sul tema energetico, il governo Meloni si è posta in continuità con il governo precedente nella richiesta di una soluzione europea sul tema dell’aumento del costo dell’energia e del tetto al prezzo del gas. Sul fronte del Patto di stabilità e crescita, ha accolto con generale favore le proposte della Commissione europea che puntano a una revisione delle regole verso una maggiore flessibilità e differenziazione su base nazionale.

In generale, una sfida cruciale per Giorgia Meloni sarà quella di riuscire a mantenere un solido ancoraggio a Parigi e Berlino. A differenza dell’esecutivo guidato da Draghi, FdI non ha mai avuto interlocuzioni particolarmente distese con Francia e Germania, il cui appoggio è tuttavia indispensabile per portare avanti riforme all’interno della zona euro. Ci sono stati segnali incoraggianti, come la volontà di proseguire la cooperazione avviata con il governo Draghi nella cornice del Trattato del Quirinale con la Francia e del Piano di azione bilaterale italo-tedesco. Tuttavia, i rapporti con Parigi si sono subito incrinati per la controversia legata alla Ocean Viking, la nave dell’Ong Sos Mediterranée che è stata respinta dall’Italia e costretta a dirigersi verso le coste francesi a novembre, portando a una crisi diplomatica con la Francia.

Guardando avanti: Mes e migrazione

Rispetto al completamento dell’Unione economica e monetaria, l’Italia è al momento l’unico Paese a non aver ancora ratificato il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che in passato aveva visto l’opposizione di FdI e Lega. La presidente del Consiglio si è impegnata a non attivare lo strumento, ma ha aperto alla ratifica attraverso l’approvazione parlamentare. Più in generale, il governo vuole puntare a introdurre meccanismi che permettano di rafforzare la resilienza e reattività agli shock dell’area euro ed evitare un’eccessiva deregolamentazione in tema di aiuti di stato, che potrebbero avere ricadute pericolose per l’Italia.

In tema di migrazione, il governo Meloni insiste sulla necessità di trovare soluzioni europee attraverso meccanismi che permettano una redistribuzione equa tra gli Stati membri, enfatizzando la difesa dei confini dell’Unione, la creazione di una missione europea per bloccare le partenze dalla sponda Sud del Mediterraneo, l’apertura di hotspot nei paesi del Nord Africa e l’aumento degli sforzi di cooperazione allo sviluppo nei paesi di origine. Il governo punta infatti in maniera decisa a un rilancio del partenariato con i paesi del Vicinato meridionale, inclusa la proposta di un “Piano Mattei per l’Africa“, più volte rilanciata da Meloni.

A fronte della sostanziale continuità tra le politiche europee di Draghi e i primi provvedimenti di Meloni, resta da verificare la capacità del nuovo governo di continuare nel solco di un’interlocuzione costruttiva con Bruxelles di qui alla cruciale scadenza delle prossime elezioni europee. Nel 2023, l’Unione sarà chiamata a elaborare strategie di riforma di lungo termine che le permettano di affrontare debolezze strutturali e nuove possibili crisi future, con l’obiettivo di riguadagnare credibilità tra i cittadini. Se l’Italia non sarà protagonista e non saprà collaborare con gli altri grandi paesi fondatori a un consolidamento della governance europea, questo compito sarà ancora più difficile.

Foto di copertina ANSA/ CHIGI PALACE PRESS OFFICE/ FILIPPO ATTILI

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