A Neuquén, nel nordovest della Patagonia argentina, c’è un lembo di terra di 200 ettari che per i prossimi cinquant’anni apparterrà alla Repubblica Popolare Cinese.
In questo angolo di Cina nel cuore dell’America Latina, nel 2014 il governo argentino ha appaltato alle autorità cinesi la base di esplorazione spaziale ‘Espacio Lejano’, costruita e gestita da Pechino. Nonostante le rassicurazioni diplomatiche e le missioni spaziali, ciò che succede ai piedi dell’antenna patagonica rimane misterioso.
Secondo gli Stati Uniti, competitor della Cina nello scacchiere internazionale, da Neuquén e da una decina di basi spaziali in territorio latinoamericano Pechino può accedere a informazioni segrete americane e condurre operazioni militari. In un periodo di tensione tra le due grandi potenze, Washington si ritrova nel giardino di casa una minaccia presente e futura alla sua sicurezza.
Dalla Patagonia all’esosfera: cosa succede nelle basi cinesi
Dal 2014, i diversi governi di Argentina e Cina hanno smorzato le polemiche su un possibile uso militare della base di Neuquén, ribadendo che la stazione serve per la ricerca scientifica, l’osservazione satellitare e l’esplorazione spaziale. Con la firma degli accordi e la concessione della base, l’Argentina è diventata un “socio strategico integrale” per la Cina, anche nello spazio profondo. Lo scorso febbraio i governi di Xi Jinping e Alberto Fernández hanno stipulato un bilaterale da 23 miliardi di dollari, inclusa una partnership sulla cooperazione spaziale fino al 2025. Nel frattempo, dal 2018 la stazione è operativa, e nel 2019 ha mandato una sonda cinese nel celebrato ‘lato oscuro della Luna’.
Ma lo scorso ottobre, ‘Espacio Lejano’ è stata oggetto di un report del Center for Strategic and International Studies (Csis), che ha dimostrato come, attraverso una rete di antenne spaziali e nuove tecnologie in posizioni strategiche del continente latinoamericano, il governo cinese avrebbe accesso a informazioni riservate statunitensi.
Secondo il Csis, l’antenna di 35 metri installata dalle autorità cinesi a Neuquén può operare attraverso tre tipi di bande, impiegabili sia per scopi scientifici e commerciali, come per i sistemi di comunicazione, mappatura ed esplorazione spaziale, ma adattabili per scopi militari. Tra questi, sarebbero possibili applicazioni per le attività di intelligence, sorveglianza, e riconoscimento, ma anche per il tracciamento di armi, la comunicazione tra satelliti militari e aerei, nonché per il pilotaggio di missili.
Come spiega il report, anche la sola capacità di controllare migliaia di satelliti in orbita, in caso di conflitto può essere decisiva. Un altro campanello d’allarme del Csis riprende un dubbio decennale di politici, stampa e forze armate argentine: il sospetto che la stazione ‘Espacio Lejano’, gestita da entità secondarie del programma spaziale di Pechino, sia in realtà sotto il controllo dell’Esercito Popolare di Liberazione.
La cooperazione spaziale Cina – America Latina
Ma il report non finisce qui, e Neuquén è solo la punta dell’iceberg. Csis indica 12 stazioni terrestri in America Latina, attraverso cui la Cina disporrebbe di una vasta copertura dei cieli dell’emisfero australe, a loro volta parte di un network globale di stazioni per comunicare con i satelliti in orbita nelle diverse regioni. In alcuni casi, l’installazione di queste basi, antenne e tecnologie risale agli albori della cooperazione spaziale tra la Cina e l’America Latina.
Tutto ha inizio nel 1984, con il programma ‘CBERS’ tra Pechino e il governo brasiliano, che tra il 1986 e il 2019 ha portato al lancio di sei satelliti brasiliani. Processi simili hanno visto la Cina finanziare, lanciare e operare il satellite ‘Tupak Katari I’ con la Bolivia di Evo Morales nel 2013, e tre satelliti del Venezuela chavista tra il 2005 e il 2017. Oggi in Brasile, Bolivia e Venezuela ci sono stazioni spaziali terrestri a cui hanno accesso contractor o personale militare di Pechino. Inoltre, nel 2019 in un’altra stazione satellitare a Santiago de Cile erano state rilevate attività sospette. Quando la stazione era passata dal controllo cinese alle agenzie spaziali di Svezia e Ue, gli svedesi avevano notato che dalle antenne la Cina avrebbe potuto raccogliere intelligence militare e condurre operazioni di sorveglianza.
La strategia di Pechino e i timori di Washington
Alcuni esperti vedono queste iniziative e la sempre più centrale cooperazione spaziale con i paesi sudamericani come una strategia di Pechino nella competizione geopolitica con gli Stati Uniti. Se non per un possibile utilizzo militare e di intelligence, la cooperazione spaziale allontana i paesi latinoamericani dall’orbita statunitense, avvicinandoli alla più “benevola” Cina. Questo avviene attraverso accordi bilaterali o tramite il forum che la Repubblica Popolare ha sviluppato con la CELAC, uno dei diversi organi sovranazionali latinoamericani, che in particolare vuole opporsi all’influenza degli Stati Uniti.
Come riporta Csis, un elemento di crescente preoccupazione a Washington è la vicinanza delle basi al territorio e allo spazio aereo americano, grazie a cui la Cina potrebbe potenzialmente spiare asset americani, prenderne di mira le attività spaziali e ottenere informazioni segrete. L’amministrazione Biden è consapevole della minaccia cinese nel Cono Sud, come testimoniato dal segretario della Difesa Lloyd J. Austin in aprile.
L’impegno (anche economico) del governo nel rimettere l’America Latina al centro della politica estera americana è un primo passo per contrastare l’influenza cinese nella regione. La designazione della Colombia come “partner globale” della Nato è un secondo passo in campo militare, anche se il neo-presidente Gustavo Petro potrebbe avere dei dubbi. Ma mentre alla Casa Bianca studiano una strategia difensiva, Pechino ha già in cantiere la prossima stazione spaziale: sei antenne a Río Gallegos, a due passi dal Polo Sud.
Foto di copertina EPA/CARLOS VERA