23 Dicembre 2024

Le proposte della Conferenza sul futuro dell’Europa per il clima

Lo scorso maggio si è conclusa la Conferenza sul futuro dell’Europa, un esercizio inedito di democrazia partecipativa in cui i cittadini europei sono stati chiamati a discutere e formulare delle raccomandazioni per affrontare le sfide del futuro dell’Unione europea.

Conferenza, crisi energetica, cambiamento climatico

Dopo un anno di lavoro, sono state formulate 49 proposte, relative a 9 temi di discussione, che includono più di 300 misure specifiche su come realizzarle. Queste proposte si basano sulle 178 raccomandazioni emerse dalle discussioni dei tre principali organi della Conferenza: i panel di cittadini europei, composti in totale da 800 cittadini selezionati casualmente e rappresentativi della composizione geografica e sociale dell’Ue, la piattaforma digitale multilingue aperta a tutti dove sono stati raccolti oltre 50.000 contributi, e infine i panel nazionali che molti stati membri hanno organizzato in parallelo alla Conferenza.

Le 49 proposte sono state adottate dalla Plenaria della Conferenza, composta da membri del Parlamento europeo, rappresentati dei Parlamenti nazionali, rappresentati del Consiglio, della Commissione europea, del Comitato delle Regioni, del Comitato economico e sociale, e da rappresentati dei cittadini e della società civile.

L’ambiente e il cambiamento climatico sono state tra le tematiche protagoniste della Conferenza, risultando tra le più cliccate sulla piattaforma digitale e le maggiormente discusse all’interno dei panel di cittadini. Le posizioni più progressiste su questi temi sono state portate avanti dai giovani tra i 16 e i 25 anni, che, come stabilito dalle regole della Conferenza, dovevano corrispondere a un terzo di ciascun panel.

I lavori della Conferenza si sono svolti in un momento storico molto particolare, tra la pandemia di Covid-19, che ne ha ritardato il lancio, e lo scoppio del conflitto in Ucraina. Le discussioni su ambiente e cambiamenti climatici sono state fortemente influenzate dallo stravolgimento del sistema energetico europeo a seguito del conflitto. Nei dibattiti è stata infatti espressa forte preoccupazione riguardo la dipendenza dell’UE dai combustibili fossili e dai loro paesi esportatori, prima fra tutti la Russia.

Nel dibattito pubblico in materia di energia di molti paesi europei, già a partire da fine 2021 con l’aumento dei prezzi dell’energia e ancora di più dopo l’attacco di Putin all’Ucraina, le questioni di sostenibilità ambientale sono state messe in secondo piano, dopo esserne state protagoniste negli ultimi anni, per lasciare spazio a nuove preoccupazioni legate alla sicurezza degli approvvigionamenti e alla loro sostenibilità economica. Si è quindi temuto che la drammatica crisi energetica e geopolitica potesse allontanare i governi e la cittadinanza europea dagli obiettivi della transizione energetica.

Al contrario, quantomeno nel contesto della Conferenza, la risposta dei cittadini europei è stata molto chiara nell’identificare la transizione energetica come uno strumento chiave per affrontare l’attuale crisi. Infatti, tra le 49 proposte finali vi è quella di accelerare la transizione energetica al fine di rafforzare la sicurezza energetica dell’UE e ridurre la sua dipendenza dall’estero. Questo obiettivo, si legge nel rapporto finale della Conferenza, deve essere raggiunto attraverso l’aumento di investimenti nelle energie rinnovabili e in altre tecnologie verdi, il potenziamento di misure di efficienza energetica e di servizi come il trasporto pubblico a prezzi accessibili. Altre misure proposte riguardano il taglio dei sussidi ai combustibili fossili, l’adozione di tasse sul carbonio alle frontiere come strumento per finanziare innovazione e tecnologie verdi, mentre forte enfasi è stata posta sulla necessità di conseguire una transizione giusta che tuteli i lavoratori.

Le critiche e la fase di follow-up

Nonostante l’innegabile successo della Conferenza come primo esercizio di democrazia partecipativa di questa portata, sono state mosse diverse critiche sul suo funzionamento. Il metodo di selezione casuale dei cittadini è stato criticato in quanto non del tutto in grado di riflettere la composizione sociale dell’Ue (in particolare per livello di istruzione e rappresentatività delle minoranze). Inoltre, le discussioni dei panel riguardavano materie spesso molto tecniche – in particolare riguardo i temi energetici e ambientali – sulle quali i cittadini venivano informati con dei briefing da parte di esperti. Alcuni osservatori hanno sollevato dei dubbi riguardo la consapevolezza dei cittadini nel formulare proposte su materie così complesse sulle quali avevano informazioni limitate, e inoltre il criterio di scelta degli esperti avrebbe necessitato di maggiore trasparenza.

Con l’adozione delle 49 proposte finali e la chiusura dei lavori della Conferenza si è conclusa la prima fase di questo processo, che è tutt’altro che ultimato. Si è infatti ora aperta la fase di follow-up in cui le istituzioni europee dovranno decidere come dare seguito alle proposte emerse, una fase decisiva per non lasciare che il lavoro svolto resti lettera morta e che l’impegno di includere più direttamente i cittadini nella costruzione del futuro dell’Unione venga disatteso.

Il 17 giungo la Commissione ha pubblicato una valutazione dettagliata delle prossime tappe, comunicando che nuove proposte legislative verranno elaborate sulla base di quanto emerso dalla Conferenza e nuovi panel di cittadini verranno costituititi per discutere le future iniziative legislative più importanti. Le nuove proposte della Commissione e il nuovo ciclo di panel di cittadini verranno annunciati il prossimo 14 settembre dalla presidente Ursula von de Leyen in occasione del discorso sullo stato dell’Unione. In autunno inoltre si terrà un evento di feedback per fare il punto sui progressi fatti.

La leadership climatica dell’UE

Un’altra proposta chiave sul dossier clima emersa dai lavori della Conferenza è quella di mantenere e accrescere la leadership dell’UE sui cambiamenti climatici, mantenendo fede agli impegni presi nel contesto internazionale. Questo aspetto risulta particolarmente rilevante nel contesto attuale. Infatti, una delle sfide più complesse che gli Stati membri dell’Unione si trovano ad affrontare è quella di conciliare bisogni energetici di breve periodo – legati soprattutto a identificare fornitori di combustibili fossili alternativi alla Russia – con il mantenimento della rotta verso gli obiettivi di decarbonizzazione.

Firmare accordi con fornitori alternativi è essenziale in questa fase, tuttavia essi devono essere formulati in modo da non rallentare la transizione energetica dei paesi coinvolti, soprattutto se si tratta di economie in via di sviluppo, spesso particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici e con scarse risorse per contrastarli. Questo significa per esempio limitare le espansioni dei settori di gas e petrolio nei loro territori, investimenti che rischiano di legare il futuro di questi paesi ai combustibili fossili e di non essere ripagati, dato che la domanda europea è destinata a ridursi rapidamente come conseguenza delle politiche di decarbonizzazione.

Per mantenere un ruolo di leadership globale nella lotta ai cambiamenti climatici e non disattendere l’impegno di sostenere i paesi più vulnerabili, sarà quindi fondamentale che i bisogni energetici di breve periodo dell’Unione non ostacolino la transizione verde sia all’interno dei propri confini sia all’estero.

Le sfide per l’Italia

In Italia la strategia messa a punto dal governo Draghi per fronteggiare la crisi energetica si basa in buona parte sul rafforzamento del corridoio africano, con l’obiettivo di sostituire le forniture di gas russo con quelle provenienti da paesi del nord Africa e Africa subsahariana – regioni che non possono subire ulteriori ritardi nella lotta ai cambiamenti climatici, anche per prevenire un rischioso deterioramento della loro stabilità interna. L’attenta pianificazione di queste partnership energetiche sarà dunque fondamentale.

A due settimane dalle elezioni politiche, l’Italia si trova inoltre alle porte di una stagione invernale molto complessa, soprattutto per la gestione della crisi energetica e le sue conseguenze economiche. Il nuovo governo si troverà davanti sfide importanti, molte delle quali legate alle tematiche energetiche e ambientali, dove scelte non orientate a mantenere una rotta decisa verso la transizione energetica genererebbero gravi costi economici e sociali.

Consapevole di queste sfide, la comunità scientifica italiana si è mobilitata attraverso una lettera aperta indirizzata al mondo della politica, chiedendo di inserire la crisi climatica al vertice dell’agenda. Le istanze espresse nella lettera, firmata da più di 200 000 persone, fanno eco a quelle espresse dai cittadini europei nel contesto della Conferenza sul Futuro dell’Europa sui temi di ambiente e clima. Infatti, ricalcando le discussioni avvenute in sede europea, anche in Italia la società civile chiede alla politica di agire per limitare gli impatti dei cambiamenti climatici “sulla società, relativamente al suo benessere, alla sua sicurezza, alla sua salute e alle sue attività produttive”, in quanto questi “minano alla base tutto il nostro futuro”.

Foto di copertina EPA/LAURENT GILLIERON

Uno studio IAI di prossima pubblicazione approfondirà ulteriormente questi temi

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